Monthly Archives: luglio 2013
Gli OCCHIALI di PIERO
FRANZ KAFKA
“Ma saprà almeno di essere stato condannato?”. “Neppure questo” rispose l’ufficiale, sorridendo all’esploratore, quasi attendesse da lui qualche altra strana confidenza. “No!” disse l’eploratore, passandosi una mano sulla fronte “allora quest’uomo non sa, neppure ora, come è stata accolta la sua difesa?” “Non ha avuto modo di difendersi” disse l’ufficiale, guardando da una parte, quasi parlando fra sé, per non umiliare l’esploratore a raccontargli cose assolutamente ovvie. (Nella colonia penale, 1914).
Franz Kafka nasce il 3 luglio 1883, a Praga e muore, di tubercolosi, nel sanatorio di Kierling vicino a Vienna, il 3 giugno 1924. C’è nei suoi scritti qualcosa di profetico, come indovinasse prima degli eventi tutta la follia del secolo ventesimo (che non finisce ancora). Di famiglia ebrea, due sorelle moriranno nel 1942 nel campo di sterminio di Chelmno; la più piccola, Ottla la sua preferita, morirà ad Auschwitz nel 1943. Il suo nome è diventato un aggettivo per parlare di un mondo senza logica, asfissiato dalla burocrazia, dove uno può trovarsi condannato senza sapere di che cosa è accusato, dove un giovane può svegliarsi una mattina e accorgersi che è diventato un insetto, dove l’intellettuale non è diverso da una scimmia evoluta che parla all’Accademia. Ho avuto, e spero di avere ancora, il privilegio di recitare Relazione per una Accademia: è singolare come la pena per la scimmia derivi precisamente dal fatto che è diventata come un uomo.
SardiniaStartupMap, ricognizione degli operatori dell’innovazione in Sardegna
Al via #SardiniaStartupMap piattaforma che mappa gli operatori dell’innovazione in Sardegna. Lo scenario sardo è incredibilmente attivo, in continua evoluzione (Matteo Sulis)
Dal 1° Luglio 2013 SardiniaStartupMap è finalmente online all’indirizzo www.sardiniastartupmap.com. SardiniaStartupMap è la piattaforma che raccoglie su mappa gli operatori dell’innovazione in Sardegna. Il progetto nasce nell’ambito della tesi di laurea di Matteo Sulis studente di Economia Manageriale all’Università di Cagliari.
Abbiamo incontrato Matteo Sulis
Fueddhai e iscriri: corso di lingua sarda online
Gli OCCHIALI di PIERO. Antonio Labriola, Francesco Ciusa
La lingua come una risorsa naturale: chi la gestisce? Bolognesi e la battaglia per una Grafia Sarda Comuna
Ci sono tanti modi per raccontare la storia della Sardegna. Francesco Masala, ad esempio, legò le vicende dell’isola a quelle dell’acqua, e ne scaturì un racconto nuovo. Pensavamo di vivere in una terra arida, e invece in anni di siccità ci scoprimmo improvvisamente ricchi di questa risorsa. Il problema era, semmai, chi la gestiva. La realtà era dunque diversa da quella che ci avevano raccontato e da quella che noi stessi ci raccontavamo. Ma servivano occhi nuovi per guardarla e Masala ce li aveva (“Storia dell’acqua in Sardegna”, Alfa Editrice, 1991).
Allo stesso modo, sarebbe interessante raccontare la storia della Sardegna attraverso l’uso della sua lingua. Giuseppe Corongiu, nel recentissimo volume “Il sardo, una lingua normale” (edizioni Condaghes, 2013), fa il punto della situazione e ripercorre le vicende del movimento linguistico nel corso degli ultimi decenni, mettendo in evidenza il rapporto delle nostre classi dirigenti con questa risorsa (perché anche la lingua, come l’acqua, è una risorsa naturale: e anche in questo caso il problema è chi la gestisce). Rapporto controverso, fatto di élite all’avanguardia e di masse intellettuali refrattarie all’uso (e dunque alla tutela, perché la lingua più la si usa, più la si conserva) di questo bene comune, ma tuttavia capace di regalare novità e svolte inattese.
L’ultima, forse la più importante, è arrivata nel 2006 con la nascita della Limba Sarda Comuna, uno standard fissato dalla Regione per consentire l’uso scritto del sardo in contesti amministrativi.
Quando si parla di lingua sarda bisogna fare i conti con gli stereotipi e con le informazioni a metà, spesso diffuse ad arte per complicare ciò che invece complicato non è per niente. È dura convincere qualcuno che le varianti campidanese e logudorese in realtà non esistono e che sono una suddivisione ottocentesca largamente superata da tempo. È dura convincere qualcuno dell’unitarietà del sardo, come se la lingua sarda fosse tale solo se ogni paese, e financo ogni abitante dell’isola, avesse la sua. È dura spiegare che il sardo ha una grammatica e un lessico omogenei e che differenze sono soprattutto di natura fonetica.
Roberto Bolognesi è un linguista che ha favorito la nascita della LSC e oggi dalle pagine del suo blog ne propone una revisione, denunciando al contempo un sostanziale tradimento della delibera che istitutiva questo standard, in quanto , nato come modello che doveva essere sperimentale e che poteva essere modificato, ora invece sembra essersi cristallizzato proprio come quelle false credenze che voleva smantellare.
Il risultato è che il lessico utilizzato dalla LSC è costituito soprattutto (anche laddove ci sarebbero valide alternative) da parole maggiormente diffuse nel nord dell’isola. L’effetto è distorsivo, perché in questo modo ad essere sfavoriti sono gli abitanti dell’area maggiormente popolata della regione.
Che fare dunque? Al di la di un riequilibrio a favore di un lessico più “meridionale”, da tempo Bolognesipropone una soluzione che potrebbe risolvere alla radice l’annosa questione dello standard, necessario per consentire al sardo di poter essere utilizzato da tutti in tutti i contesti, indistintamente. Una soluzione semplice semplice: una Grafìa Sarda Comuna.
“Tutto quello che occorre, visto che la grammatica e il lessico della lingua sarda sono già sufficientemente omogenei, è un sistema ortografico standard che permetta diverse pronunce” afferma Bolognesi. “ll sardo come l’inglese, allora: un’ortografia e tante pronunce, mantenendo intatta la ricchezza di varianti”. Semplice da dire ma anche da fare, visto che lo stesso Bolognesi ha da tempo avanzato diverse proposte a riguardo.
La lingua sarda è dunque la metafora di ciò che siamo e che potremmo essere: tante singole individualità, dei clan o un popolo. Sta a noi scegliere, sta a noi decidere.
Vito Biolchini
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Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnate nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.
Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :
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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu
Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari
Il terzo intervento di Nicolò Migheli
Il quarto intervento di Vito Biolchini
Il quinto intervento di Franco Meloni
La LAMPADA di ALADIN. L’importanza di una burocrazia di qualità e le scelte alla rovescia della giunta Cappellacci
di Aladin
Una delle ragioni della scarsa qualità delle nostre organizzazioni pubbliche è l’inadeguatezza del personale preposto, con riferimento sia a quello politico, sia a quello riconducibile alla burocrazia. E proprio di quest’ultimo vogliamo parlare, riferendoci ai più alti gradi della scala gerarchica. Fatte le consuete e doverose eccezioni, i titolari di importantissime funzioni pubbliche che richiedono alti livelli di competenze tecniche, professionali e relazionali, non sono selezionati per tali qualità, quanto piuttosto per appartenenza e quindi per la garanzia di fedeltà che gli stessi possono assicurare al capo (o ai capi) che li scelgono. E’ pertinente, anche se riferita ad altri contesti, la celebre la battuta di Enzo Biagi sulle scelte dei dirigenti RAI: “Sono stati assunti un democristiano, un comunista, un socialista e uno bravo…”. Oggi, se possibile, la situazione è di gran lunga peggiore, nel senso che se il prescelto possiede le caratteristiche di appartenenza basta e avanza, non rilevando le altre e, purtroppo, difficilmente si riscontrano casuali coincidenze di contemporaneità dell’appartenenza rispetto alle altre doti. Tale situazione è riscontrabile in modo particolare proprio con riferimento agli alti incarichi dirigenziali, per i quali non sussiste obbligo di vaglio concorsuale, laddove l’intuitu personae rileva più dello stesso CV e dove pertanto si procede con assoluta discrezionalità. Un esempio di tutta evidenza lo troviamo nelle recenti (criticatissime) nomine da parte della giunta Cappellacci dei responsabili delle direzioni generali di alcuni Assessorati e di altre strutture di pari livello. Sono state scelte per tali importanti incarichi persone per le quali è risultata decisiva l’appartenenza politica e la fedeltà al capo e al partito piuttosto che la preparazione e la competenza. Certo, i requisiti “virtuosi” non sono facilmente riscontrabili e spesso gli stessi titoli formali, di cui si da atto nei provvedimenti di nomina sono “stati” per i quali non sussiste alcuna valutazione sull’esperienza effettuata. Può capitare quindi che un dirigente cacciato da un certo posto per gravi carenze professionali o comportamenti censurati, esibisca comunque la permanenza nel medesimo posto come “titolo di merito”. Che fare allora? Una proposta interessante potrebbe essere quella di prevedere obbligatoriamente (per legge o per regolamento) che ciascun candidato a posto di alta responsabilità venga preventivamente sentito e sottoposto a valutazione da parte di un’apposita commissione (consiliare, per esempio), la quale discuta con il medesimo candidato il suo CV e con lui intavoli un confronto teso all’accertarmento dell’adeguatezza delle sue qualità tecniche, professionali e relazionali rispetto all’incarico da ricoprire. Le sedute di tali audizioni dovrebbero essere pubbliche e riprese per intero dalle telecamere, per essere visibili dai cittadini attraverso la televisione pubblica e i siti internet istituzionali. Negli Stati Uniti tale procedura è prevista per gli alti incarichi conferiti dal Presidente, che diventano efficaci solo dopo il nulla osta dell’apposita commissione senatoriale. E’ un modello che ha funzionato e funziona. Il Presidente può proporre per alti incarichi pubblici anche suo fratello, ma lo deve prima sottoporre ad un severo vaglio pubblico, con le modalità accennate. Se la commissione non si convince della bontà della proposta, la stessa viene accantonata con la bocciatura del candidato. Una siffatta procedura applicata alla casistica italiana farebbe squagliare molti candidati nel giro di pochi minuti dall’esame a cui verrebbero sottoposti. Altri invece passerebbero a testa alta, con beneficio della res publica.
Gli OCCHIALI di PIERO
La LAMPADA di ALADIN
- La candidatura di Michela Murgia per ora preoccupa solo il centrosinistra (dal sito vitobiolchini)
- Il punto di vista di Massimo Dadea su SardiniaPost———
ALTRE DI NERA In GU il decreto-legge cd Fare (21/6/13) - il decreto legge contenente misure per il lavoro (28/6/13) ,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,, Luglio col bene che ti voglio...