Monthly Archives: giugno 2013
Gli OCCHIALI di PIERO
A cosa sto pensando? Ad Annibal Caro, a Diego Velaquez, a Paolo Petruccioli.
ANNIBAL CARO
Nasce a Civitanova Marche il 6 giugno 1507.
Poeta, commediografo, traduttore, cortigiano, commendatore dell’Ordine di Malta, deve la sua fama alla bella traduzione dell’Eneide in endecasillabi sciolti.
La TAVOLOZZA di LICIA
I miei quadri preferiti: Marguerite Gérard (Grasse 1761-Parigi 1837)
“La Buona Notizia” – L’ artista rappresenta una scena di vita domestica, all’ arrivo di una buona notizia attesa : la giovane donna legge la lettera appena recapitata…E’ evidente la “lezione” fiamminga nella resa fedele dell’ ambiente, nello studio della luce, nella ricostruzione spaziale e prospettica e nella nella naturalezza degli atteggiamenti e dei gesti dei personaggi. Marguerite è una delle più grandi artiste in questo campo.
Licia Lisei …Insieme alla lettera c’è un dono, posato sul pavimento. Il suo ammiratore le ha mandatao della cacciagione…(Notare il suo cagnolino che le fa le feste…).
- Vedi anche AUTORITRATTO
- Videoapprofondimenti
Marguerite Gérard (Grasse, 1761 – París, 1837) fue una pintora francesa.
Hija del perfumero de Grasse Claude Gérard, fue cuñada de Jean Honoré Fragonard y alumna y colaboradora de este último.
DECIDERINFORMATI: l’Europa che vogliamo!
DECIDERINFORMATI sulla chimica verde
- Chimica verde: i contributi ad oggi su Aladinews
Come la pensa Legambiente sul progetto Matrìca e dintorni (da La Nuova Sardegna, ripreso da Aladinews blog)
Gli OCCHIALI di PIERO bis
… su Nuova Turchia, John Maynard Keynes, Federico Garcia Lorca, Pancho Villa, James Connolly, Zona franca, oggi giornata mondiale dell’ambiente, i caduti di Nassirya…
GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE Oggi 5 giugno è la giornata mondiale dell’ambiente, proclamata dalle Nazioni Unite nel 1972 e festeggiata fin dal 1973, nel mondo e anche in Italia.
Non si festeggia però a Taranto, Gela, Sarroch e Portotorres, nè dove il territorio è stato sacrificato alla speculazione o affidato all’indifferenza dei politici.
Gli OCCHIALI di PIERO
IMPEGNATI A PERDERE TEMPO
Tra un anno, forse meno, elezioni regionali ed elezioni europee.
Nessun candidato certo, nessuna coalizione decisa, nessun programma.
Per le europee, stamani ne parlavo con lo scrittore Gianni Mascia, siamo sempre in un collegio unico con la Sicilia, vuol dire che si eleggono solo siciliani. Abbiamo da un po’ un parlamentare europeo solo perchè si è dimesso il siciliano Crocetta, divenuto Presidente della Giunta siciliana, ed è subentrata la sarda Barracciu, prima dei non eletti con 116mila voti. Pensate che Malta, con 400mila abitanti, avrà 6 eurodeputati alle prossime elezioni, e capirete fino a che punto che i sardi non solo non contano niente, ma forse non hanno nemmeno voglia di contare. Certo, lo sappiamo, Malta è uno Stato, libero e indipendente, ma noi in che stato siamo? Che popolo siamo?
Un popolo fiero, orgoglioso e coraggioso, molto impegnato a perdere tempo.
E l’Europa dei cittadini? Un contributo di Paolo Fois su La Nuova Sardegna, ripreso da Aladinews
LA SEDIA DI VANNI
Chimica verde? Discutiamone con tutti i dati sul tavolo. E poi decidiamo (e questo è il punto!) innanzitutto nell’interesse di noi sardi e della Sardegna.
Spesso il desiderio di dimostrare un concetto viene concretizzato adattando informazioni e dati, che dovrebbero essere quanto più obiettivi, al proprio obiettivo. Il risultato, in termini di corretta comunicazione, diventa, in questi casi, controproducente e non favorisce di certo il miglioramento delle conoscenze di chi legge e l’arricchimento del dibattito. Affermare che il progetto Chimica Verde rappresenti una follia, che si tratti di un progetto rischioso e sorpassato che guarda al passato e rischia di pregiudicare lo sviluppo futuro della Sardegna, è un’opinione legittima e naturalmente rispettabile. Ma non si può descrivere un progetto complesso e articolato come quello di Matrìca in modo semplicistico e superficiale. Dall’articolo di V. Biolchini, pubblicato sul nostro notiziario, sembra di capire che l’obiettivo fondamentale del progetto Matrìca sia quello di “ creare una centrale elettrica a biomasse alimentata da due caldaie. La prima per la produzione di vapore, alimentata, come combustibile, da un residuo industriale speciale del cracking dell’etilene, denominato FOK (alla faccia dell’ecologia!). La seconda caldaia per la produzione di bioplastiche (e qui viene il bello) dovrebbe invece bruciare la bellezza di 500-600 mila tonnellate di cardi all’anno!”.
Procediamo con ordine. Il progetto Matrìca in realtà consiste, fondamentalmente, nel trasformare il vecchio impianto dell’Eni di Portotorres in una bioraffineria di terza generazione, una delle più importanti d’Europa, per produrre il bio-butadiene, un monomero impiegato nell’industria della gomma utilizzando, come materia prima biomasse. In pratica nel trasformare un cimitero industriale in una fabbrica di elementi base per la produzione di polimeri biodegradabili da prodotti vegetali che costituiranno la materia prima per la produzione di bioplastiche. La centrale elettrica alimentata da biomasse (cioè dal residuo del cardo dopo che sono stati estratti gli olii per la produzione dei polimeri) serve esclusivamente per produrre l’energia elettrica necessaria per il funzionamento della bioraffineria evitando di utilizzare combustibili fossili. La centrale elettrica ausiliaria, che originariamente doveva essere alimentata con il Fok, sostanza pericolosissima e cancerogena, sarà in realtà alimentata con altro combustibile. Questa è una notizia ufficiale emersa nell’incontro pubblico tra Eni e Comune di Portotorres di qualche mese fa. E’ priva di fondamento la notizia dei centomila ettari di suolo agricolo da destinare alla coltura del cardo. Al momento neppure l’Università di Agraria azzarda previsioni sulla superficie necessaria per la produzione del cardo che alimenterà la bioraffineria. Il responsabile agricoltura dell’Enimont, intervistato a margine della citata riunione di Portotorres, ha dichiarato che, sulla base delle loro sperimentazioni e nella migliore delle ipotesi, la superficie agricola interessata alla coltivazione del cardo non supererà i 25.000 Ha. Superficie notevole che, tuttavia, corrisponde si e no a circa la metà delle superfici agricole abbandonate in provincia negli ultimi cinque anni (dati Istat).
Chiarito ciò, è evidente che nessuno è disposto a mettere la mano sul fuoco sulla “bontà” del progetto Matrìca. I danni prodotti dall’Eni in Sardegna sono sotto gli occhi di tutti. I problemi da approfondire sono tanti, in primo luogo quello delle bonifiche ambientali del vecchio sito petrolchimico, la verifica del reale impatto ambientale della nuova bioraffineria. Il problema vero però, a mio avviso è un altro. La Sardegna può disinteressarsi di un grande progetto di riconversione della chimica di base. Può chiamarsi fuori dal mercato delle bioplastiche che presenta interessanti potenzialità economiche nel mondo e stravolge il vecchio modo di fare chimica da fossile o deve rincorrere, favorire e assecondare tali processi come una delle possibili scelte di sviluppo?
(Vanni Tola)
Le tre follie: Chimica verde, Carbosulcis, Progetto Eleonora. Il ruolo nefasto dei sindacati in Sardegna
Tre follie, una più grande dell’altra. Mettetele voi in ordine di assurdità, il mio intanto è questo: progetto Matrica sulla cosiddetta “chimica verde”, Carbosulcis, Progetto Eleonora. Tre progetti industriali uno più improponibile dell’altro. Perché rischiosi, sorpassati, falsi e bugiardi. Tre progetti che guardano al passato e che rischiano di pregiudicare lo sviluppo futuro della Sardegna.
Chimica verde, riassunto delle puntate precedenti. L’Eni smantella il suo polo industriale nel nord Sardegna e propone, per compensare l’emorragia dei posti di lavoro, la realizzazione di un impianto da un miliardo di euro (secondo loro) in grado di creare (secondo loro) settecento posti di lavoro. Ma cos’è poi in concreto questa cosiddetta chimica verde?
Di fatto, Eni Power e Versalis vogliono creare una centrale elettrica a biomasse alimentata da due caldaie. La prima per la produzione di vapore, alimentata, come combustibile, da un residuo industriale speciale del cracking dell’etilene, denominato FOK (alla faccia dell’ecologia!). La seconda caldaia per la produzione di bioplastiche (e qui viene il bello) dovrebbe invece bruciare la bellezza di 500-600 mila tonnellate di cardi all’anno! Cardi che noi sardi dovremmo produrre, destinando a questa speciale coltivazione qualcosa come centomila ettari del nostro territorio! Mezza Sardegna coltivata a cardo, destinato poi ad essere bruciato: questa è la famosa chimica verde di cui sentite parlare nei telegiornali. Se non è follia questa, ditemi voi come la dobbiamo definire. Come ha raccontato La Nuova Sardegna, il progetto è stato presentato alla commissione del Consiglio regionale. Tutto bene fino a quando non è intervenuto un rappresentante dell’Università di Sassari che ha detto chiaro e tondo due cose: la prima “che il cardo non è la migliore materia prima per estrarre dai suoi semi l’olio naturale alla base della produzione di bio-plastiche” (incredibile!); la seconda che “la coltivazione intensiva del cardo (la centrale a biomasse ha bisogno di grandi quantità) potrebbe avere contraccolpi sulle coltivazioni tradizionali”. Appunto: l’agricoltura sarda stravolta. Una follia.
Carbosulcis: c’è qualcosa che ancora non sapete? La miniera è della Regione e il carbone che si estrae è di pessima qualità: non lo vuole manco l’Enel che lo compra perché obbligata dalla politica e poi lo lascia lì nei piazzali. Per cercare di dare un futuro ai quasi 400 lavoratori della miniera tempo fa qualcuno si è inventato un progetto fantascientifico che prevede l’estrazione del carbone, la sua gassificazione e lo stoccaggio delle scorie nelle gallerie. Il progetto è stato già bocciato tre volte dalla Commissione europea (che dovrebbe finanziarlo), perché evidentemente impraticabile: la produzione a Nuraxi Figus dovrebbe salire vertiginosamente e a Bruxelles vogliono garanzie che l’impianto non sia costruito solo per giustificare l’esistenza in vita della miniera ma perché realmente competitivo. Eja.
Qualche mese fa la Carbosulcis sembrava avere i giorni contati, poi in piena campagna elettorale il deputato del Pdl Mauro Pili si è barricato nelle gallerie, è successo un gran casino e i lavoratori hanno avuto l’ennesima rassicurazione che il progetto sarebbe stato ritenuto prioritario dal Governo nei suoi rapporti con l’Unione Europea. Da allora cos’è successo? Che l’ennesimo ultimatum posto dall’Europa sta scadendo, il progetto richiesto da Bruxelles non si vede e che dunque la chiusura della miniera si avvicina. Nel frattempo però la Regione, nell’ultima finanziaria, ha buttato nei pozzi di Nuraxi Figus altri venti milioni di euro (no comment) mentre i politici del centrodestra (ultima in ordine di apparizione, la Polverini) hanno ripreso il loro pellegrinaggio alla Carbosulcis, perché questa bufala del nuovo progetto sarà in realtà uno dei cavalli di battaglia di Ugo Cappellacci o Claudia Lombardo (chissà chi la spunterà) nella campagna elettorale per le prossime regionali. Cavallo di battaglia solo del centrodestra? Siamo sicuri? Ma andiamo avanti.
Progetto Eleonora. La Saras vuole estrarre ad Arborea un miliardo di metri cubi di metano, mettendo a rischio l’esistenza del polo zootecnico più importante dell’isola. Perché, a parte chi si ritroverà i pozzi di estrazione sotto casa (e a poche centinaia di metri da un’area naturale protetta), ad essere contraria è soprattutto la 3A che teme per le falde acquifere ma soprattutto per l’immagine di un territorio che dovrebbe evocare una situazione ben diversa. Peraltro la 3A non ha nulla contro il metano (infatti vorrebbe realizzare un deposito al porto di Oristano dove stoccarlo, una volta acquistato sul mercato) ma teme i contraccolpi di questa iniziativa. Iniziativa che peraltro riguarderà prestissimo altre zone dell’isola, soprattutto Serramanna, Uta e Assemini, dove la Saras (ma anche altre società) hanno già richiesto l’autorizzazione alle trivellazioni. Perché non mi convince il Progetto Eleonora? L’ho capito parlando ieri con il mio amico Gigi, che mi ha detto: “Il nuovo modello di sviluppo che tutti auspicano si deve basare su un nuovo modello di energia e questo dell’estrazione del metano non lo è. La Sardegna produce già molta energia ma non ne risparmia abbastanza e non punta abbastanza sulle rinnovabili”.
Su questi tre progetti (Matrica, Carbosulcis, Eleonora) la politica sarda è profondamente spaccata. Non nel senso che centrodestra e centrosinistra la pensano diversamente, no: nel senso che sia nel centrodestra che nel centrosinistra ci sono posizioni opposte. Ad esempio, i giovani del Pdl sono contro il Progetto Eleonora, i consiglieri regionali invece a favore. E così anche per gli altri due progetti, sia nel Pd che nel Pdl.
E ora preparatevi perché quello che avete letto finora è solo l’antipasto. Vi faccio una domandina semplice semplice: qual è il soggetto che in Sardegna è a favore, senza spaccature, di tutti i tre i progetti sopra indicati? Rispondete voi? Lo faccio io? Lo faccio io: i sindacati.
Cgil, Cisl e Uil sostengono in misura diversa (ma sostengono) sia la chimica verde, sia il rilancio della Carbosulcis, sia il progetto Eleonora. Laddove gli schieramenti politici hanno dubbi, spaccature e ripensamenti significativi, i sindacati no, sono sempre molto compatti al loro interno. È questa la loro forza vera: sono uniti ad ogni livello.
I sindacati si lamentano (e giustamente) con la politica regionale per la sua inconsistenza. Ma in che misura le tre sigle confederali possono essere considerate responsabili della crisi di senso che attraversa l’isola? Sono credibili queste organizzazioni che sostengono senza batter ciglio ogni iniziativa industriale, anche quella più inverosimile? Perché parlano di “nuovo modello di sviluppo” se poi sono le prime a sostenere con forza quello vecchio?
Ma il punto non è neanche solo questo, il punto è (scusate se ho la fissa) culturale. Nel momento in cui sempre di più ci si rende conto che la Sardegna ha bisogno di un progetto di autogoverno, che nulla o poco di buono potrà arrivare dall’Italia ormai incasinata di suo e non certo attenta alle esigenze del due per cento della sua popolazione, nel momento in cui sarebbe invece opportuno realizzare uno “strappo” dalle grandi organizzazioni nazionali per rimettere al centro realmente le necessità dei sardi, i sindacati confederali (quanto se non più dei grandi partiti italiani) restano fedeli ad una logica nazionale e subordinano tutto ad essa.
Al pari dei partiti, la crisi di senso che la Sardegna sta attraversando è provocata anche dai sindacati che, per miopia o convenienza, continuano a riprodurre dinamiche ormai fallimentari. Ecco perché i loro quadri appoggiano Matrica, Carbosulcis ed Eleonora: perché stanno in Sardegna ma sono stati formati a Roma e a Milano, questo è il guaio.
Lungi da me ovviamente sminuire il ruolo del sindacato per il suo impegno a difesa dei diritti dei lavoratori, ci mancherebbe pure, il primo che mi fa dire cose che non penso neanche lontanamente lo attacco al muro. Ma anch’io, come ha scritto bene e con coraggio l’esponente della Federazione delle Sinistre, Enrico Lobina nel suo post “Rivoluzioniamo la Cgil”, penso che
“la Cgil rivoluziona se stessa o declina (…) Bisogna porsi pochi obiettivi, ma chiari. Unificare il lavoro, rivoluzionare l’organizzazione e la trasparenza totale sono i nostri obiettivi. Unificare il lavoro significa parlare a tutti coloro che hanno meno di 40 anni, non hanno sindacato e non lo possono avere. È la parte più sfruttata del mondo del lavoro, e non lo rappresentiamo. (…) Non si può rispondere alla fine di un modello di sviluppo con la difesa di quello stesso modello. Su questo aspetto siamo al capolinea”.
I sindacati che difendono la Carbosulcis, ad esempio, si allontanano drammaticamente dalla nuova classe egemone di lavoratori di oggi, concretamente rappresentata da quelle migliaia di giovani che non sono riusciti ad accedere agli stage da 500 euro al mese, e anzi sostanzialmente li condannano alla loro condizione di lavoratori senza rappresentanza e senza consapevolezza. Quelli per la Carbosulcis, con tutto il rispetto che va dato ai lavoratori della miniera, sono ormai soldi buttati e tolti ai giovani senza lavoro, quello vero però, non quello assistito. Con le loro posizioni inverosimili, i sindacati sardi sono oggi un elemento di conservazione del sistema, non di innovazione. Sono un tappo al nuovo sviluppo dell’isola.
E se ci aggiungiamo che i sindacati, questi sindacati, con i loro apparati simbolici e concreti, sono l’unica vera organizzazione rimasta a sinistra, ci rendiamo anche conto dei motivi della crisi di senso e di consenso che conoscono i partiti della sinistra storica e lo stesso Pd (che a Roma oggi ha come segretario l’ex segretario nazionale della Cgil, per dire).
Conclusione: se non cambiano i sindacati sardi, non cambia la politica sarda, e dunque l’isola resta quella che è. Forse qualcuno passerà dal sindacato al consiglio regionale o al parlamento e siamo contenti per lui, ma per la Sardegna non mi sembra una grande cosa avere l’immobilismo come prospettiva. Se non cambiano i sindacati sardi (e dunque la politica, perché i partiti non hanno oggi la forza di contrapporsi alle organizzazioni sindacali e ne sono invece succubi), bisognerà inventarsi in fretta qualcosa di nuovo perché qui la barca sta affondando e la gente, come si è visto bene ad Arborea, ha voglia di partecipare e non si beve più come se niente fosse ogni cosa che arriva dai partiti, dalla Saras e dall’Eni. E da Cgil, Cisl e Uil.
Fine del ragionamento.
Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnaei nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.
Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :
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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu
Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari
Il terzo intervento di Nicolò Migheli
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Il dipinto di anonimo pittore, datato XVII sec., situato nello studio del rettore dell’Università di Cagliari, spesso viene considerato come l’immagine di Eleonora d’Arborea. In realtà è più accreditata la tesi che rappresenti l’immagine di Giovanna la pazza.
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Sull’argomento “chimica verde e dintorni” le posizioni di Aladinews sono espresse da Vanni Tola, negli interventi quì segnalati
LA SEDIA DI VANNI
Chimica verde? Discutiamone con tutti i dati sul tavolo. E poi decidiamo (e questo è il punto!) innanzitutto nell’interesse di noi sardi e della Sardegna.
Spesso il desiderio di dimostrare un concetto viene concretizzato adattando informazioni e dati, che dovrebbero essere quanto più obiettivi, al proprio obiettivo. Il risultato, in termini di corretta comunicazione, diventa, in questi casi, controproducente e non favorisce di certo il miglioramento delle conoscenze di chi legge e l’arricchimento del dibattito. Affermare che il progetto Chimica Verde rappresenti una follia, che si tratti di un progetto rischioso e sorpassato che guarda al passato e rischia di pregiudicare lo sviluppo futuro della Sardegna, è un’opinione legittima e naturalmente rispettabile. Ma non si può descrivere un progetto complesso e articolato come quello di Matrìca in modo semplicistico e superficiale. Dall’articolo di V. Biolchini, pubblicato sul nostro notiziario, sembra di capire che l’obiettivo fondamentale del progetto Matrìca sia quello di “ creare una centrale elettrica a biomasse alimentata da due caldaie. La prima per la produzione di vapore, alimentata, come combustibile, da un residuo industriale speciale del cracking dell’etilene, denominato FOK (alla faccia dell’ecologia!). La seconda caldaia per la produzione di bioplastiche (e qui viene il bello) dovrebbe invece bruciare la bellezza di 500-600 mila tonnellate di cardi all’anno!”.
Procediamo con ordine. Il progetto Matrìca in realtà consiste, fondamentalmente, nel trasformare il vecchio impianto dell’Eni di Portotorres in una bioraffineria di terza generazione, una delle più importanti d’Europa, per produrre il bio-butadiene, un monomero impiegato nell’industria della gomma utilizzando, come materia prima biomasse. In pratica nel trasformare un cimitero industriale in una fabbrica di elementi base per la produzione di polimeri biodegradabili da prodotti vegetali che costituiranno la materia prima per la produzione di bioplastiche. La centrale elettrica alimentata da biomasse (cioè dal residuo del cardo dopo che sono stati estratti gli olii per la produzione dei polimeri) serve esclusivamente per produrre l’energia elettrica necessaria per il funzionamento della bioraffineria evitando di utilizzare combustibili fossili. La centrale elettrica ausiliaria, che originariamente doveva essere alimentata con il Fok, sostanza pericolosissima e cancerogena, sarà in realtà alimentata con altro combustibile. Questa è una notizia ufficiale emersa nell’incontro pubblico tra Eni e Comune di Portotorres di qualche mese fa. E’ priva di fondamento la notizia dei centomila ettari di suolo agricolo da destinare alla coltura del cardo. Al momento neppure l’Università di Agraria azzarda previsioni sulla superficie necessaria per la produzione del cardo che alimenterà la bioraffineria. Il responsabile agricoltura dell’Enimont, intervistato a margine della citata riunione di Portotorres, ha dichiarato che, sulla base delle loro sperimentazioni e nella migliore delle ipotesi, la superficie agricola interessata alla coltivazione del cardo non supererà i 25.000 Ha. Superficie notevole che, tuttavia, corrisponde si e no a circa la metà delle superfici agricole abbandonate in provincia negli ultimi cinque anni (dati Istat).
Chiarito ciò, è evidente che nessuno è disposto a mettere la mano sul fuoco sulla “bontà” del progetto Matrìca. I danni prodotti dall’Eni in Sardegna sono sotto gli occhi di tutti. I problemi da approfondire sono tanti, in primo luogo quello delle bonifiche ambientali del vecchio sito petrolchimico, la verifica del reale impatto ambientale della nuova bioraffineria. Il problema vero però, a mio avviso è un altro. La Sardegna può disinteressarsi di un grande progetto di riconversione della chimica di base. Può chiamarsi fuori dal mercato delle bioplastiche che presenta interessanti potenzialità economiche nel mondo e stravolge il vecchio modo di fare chimica da fossile o deve rincorrere, favorire e assecondare tali processi come una delle possibili scelte di sviluppo?
(Vanni Tola)
La LAMPADA di ALADIN
- Il prossimo 10 giugno dalle 12:00 alle 13,30 si svolgerà un webinar (seminario on line) organizzato nell’ambito della II^ fase del Progetto ‘MiglioraPA. La Customer Satisfaction per la Qualità dei Servizi Pubblici’ – Approfondimenti sul sito ForumPa ripresi da Aladinews-Valorest
- Giovedì 13 giugno a Cagliari la Banca d’Italia presenta il rapporto sull’economia della Sardegna. Informazioni sull’evento
- Giovedì 6 giugno sala consiglio comunale di Cagliari si parla di Marina come esempio di quartiere integrato. Riconoscimento a don Mario Cugusi, per oltre 30 anni parroco di Sant’Eulalia
Gli OCCHIALI di PIERO: Emily Davison, Partito d’Azione…
EMILY DAVISON
Il 4 giugno 1913 al Derby di Epsom una donna fu travolta dal cavallo di re Giorgio V, montato dal fantino Herbert Jones. La donna morirà 4 giorni dopo. Il fantino ne uscì con un lieve trauma cranico, ma psicologicamente scosso: per tutta la vita rivedrà il viso della donna e morirà suicida col gas nel 1951.
La TAVOLOZZA di LICIA
La LAMPADA di ALADIN. Prevenzione, prevenzione!
Gli OCCHIALI di PIERO: Wanda Osiris, Allen Ginsberg, Ned Kelly…
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Oggi è il compleanno della scrittrice sarda Michela Murgia. Auguri.
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WANDA OSIRIS
La prima “Diva” italiana della rivista, antenata delle Pamele Prati e Valerie Marini di oggi, magari con più finezza e mostrando meno, nacque a Roma il 3 giugno 1905. Debuttò a 18 anni e fu sulle scene per quarant’anni. Il regime fascista, preoccupato di cose importanti come questa, le italianizzò il nome d’arte che si era scelto in Vanda Osiri.