Monthly Archives: maggio 2013
Il lavoro degno
Proprio alla vigilia del primo maggio. Del giorno della festa dei lavoratori! Una giornata che, del resto, ricorda tragedie. Ai lavoratori ed alle lavoratrici morti nei secoli se ne sono aggiunte altre centinaia, oltre 600, in Bangladesh. Non per un incidente, ma per una tragedia annunciata. Perché produrre camicette in Bangladesh, al prezzo di 1,5 centesimi l’una, per poter poi essere rivendute a qualche decina di euri ciascuna, suppone un rischio certo. Rimane solo da sapere dove accadrà e quanti operai, uomini, donne e bambini, moriranno la prossima volta. Purché si tratti morti plurime, perché quelle individuali, quelle che non assumono connotati di tragedia, non interessano ai media.
Alcuni marchi prestigiosi, ora, si dissociano. La Walt Disney ha già annunciato che lascerà il Bangladesh, altre la seguiranno. Eppure molte fabbriche son finite in quell’inferno solo perché in Cina i prezzi cominciavano a lievitare, e la legge dell’economia, quella che tanto veneriamo, è impietosa ed inflessibile.
Eppure è questa la concorrenza. E’ questo l’ordine internazionale invocato dai soloni dell’economia. Ma cosa crediamo che sia, il martellante invito ad una maggior flessibilità, alla riduzione del costo del lavoro, al superamento dei “lacci e lacciuoli” che continuamente viene proposto anche qui da noi? Ma in cosa consiste quella parola d’ordine della “competitività”, quella divinità pagana che viene riproposta in tutte le salse? A che prezzo dovremmo “competere” con le economie in grado di produrre beni a costi ridicoli? Vivere con 38 euri al mese (ma il salario minimo, in Bangladesh, è addirittura di 29 euri al mese) significa schiavitù, ha commentato proprio il primo maggio Papa Francesco. Con tutta l’ipocrisia di molte imprese di grido che affermano la propria responsabilità sociale, che sbandierano ai quattro venti pretese indagini preventive per assicurarsi del rispetto dei diritti dei lavoratori e delle loro condizioni di lavoro, che ostentano “codici di condotta” qualche volta improbabili. Ma che bisogno c’è di tante indagini per capire che a prezzi tanto bassi il rispetto delle condizioni di lavoro è semplicemente impossibile?
Ed infatti, neppure ci provano se è vero (fonte: Human Right watch) che nella capitale del Bangladesh il controllo di 100mila fabbriche è affidato a soli 18 ispettori ! Papa Francesco, nell’omelia del primo maggio, ha anche ricordato che dobbiamo seguire la strada che deve condurci al riconoscimento della dignità del lavoro.
Ma la dignità del lavoro non è la nostra personale convenienza, di noi che magari auspichiamo l’apertura ininterrotta dei luoghi di culto del consumo, le città mercato, anche in occasione delle festività più impossibili, senza pensare che ciò significa lavoro imposto ad altre persone proprio al prezzo di sottrazione di dignità. La dignità del lavoro è un bene collettivo che si conquista nel prendere coscienza che la dignità è di tutti o non è! Nel sottosviluppo, in quella condizione tragica che sembra tanto lontana da noi tutte le volte che siamo costretti a commentare tragedie di questo tipo, non si cade all’improvviso. Piuttosto si scivola, a poco a poco, senza neppure rendersene conto, tutte le volte che si scende a compromessi, credendo che un po’ di precariato, di flessibilità, poi magari una piccola riduzione di un salario già insufficiente, come consentito o auspicato in sede di contrattazione collettiva, o una riduzione dei propri diritti, una maggior facilità del licenziamento incolpevole…, possano davvero aiutarci ad uscire da questa crisi.
Il lavoro o è degno, o non è lavoro. Quell’altro, ha proprio ragione Papa Francesco, è schiavitù.
* Intervento pubblicato anche su “Il Portico”
Gianni Loy
La LAMPADA di ALADIN: Europa 2020
- Programmazione fondi europei 2014-2020. Il punto di vista del CREL: per non ripercorrere strade fallimentari
- Intanto il convegno sassarese di oggi su: La nuova PAC per la Sardegna. Correlazioni aladine.
Gli OCCHIALI di PIERO. Fiat e Personalità
FIAT VA IN AMERICA? Ieri Fabbrica Italiana Automobili Torino. Oggi Fabbrica Italo Americana Trasferita.
ELENA LEDDA
Nata a Selargius (Ca) il 17 maggio 1959, voce da soprano, come la sorella, pure brava, ha scelto il canto popolare sardo, affinandolo con originalità e personalità propria. Dal suo primo disco Is arrosas, ormai introvabile (io ce l’ho), col musicista Mauro Palmas, è impegnata, con lui e con altri, in un percorso di ricerca musicale che la vede impegnata sia sull’aspetto della tradizione sia su quello dell’innovazione. Un’attività in continuo progresso dal ’79 a oggi.
La LAMPADA di ALADIN: segnalazioni
– Alessandro Ligas, content manager del sito TTecnologico e collaboratore di Aladinews tra i vincitpri del concorso turboblogging – Federico Francioni su Fondazione Sardinia: sa die de sa Sardegna vent’anni dopo. -
Associazione Studenti di Agraria Uniss Convegno a Sassari su La nuova PAC per la Sardegna, L’evento sarà occasione di discussione e approfondimento sulla riforma della Politica Agricola Comune (PAC) per il settennale 2014-2020, una delle politiche comunitarie di maggiore importanza che impegna circa il 34% del bilancio dell’Unione Europea (UE) e sul nuovo piano di finanziamento dell’UE per l’Agricoltura. Correlazioni di aladinews
Gli OCCHIALI di PIERO su Mario Monicelli, Henry Fonda, Paolo Braccini
MARIO MONICELLI (16 maggio 1915 – 29 novembre 2010), il grande, da Guardie e Ladri a L’armata Brancaleone, da La grande guerra a I Soliti Ignoti, ci ha fatto ridere e pensare. Laureato in filosofia ma diceva: “non so nemmeno se è valida, ti presentavi in divisa da soldato e non occorreva altro”. Una moglie di 40 anni più giovane, si sposa a 59 anni e ha una figlia a 74 anni. Poi se ne va a vivere da solo, per non essere trattato da vecchio. Girava con Gassman per i ritrovi di Roma, davano un’occhiata e andavano via “son tutti vecchi là dentro”. A 95 anni si butta dal 5° piano dell’Ospedale San Giovanni e muore. A 91 anni aveva girato l’ultimo lungometraggio Le rose del deserto.
La LAMPADA di ALADIN: dibattito SARDEGNA EUROPA
Si parla troppo poco delle elezioni sarde del 2014 e addiritura per niente delle elezioni europee del maggio 2014. Invece dobbiamo discutere molto con riferimento ad entrambe le scadenze, intrecciando il dibattito rispetto alle loro specificità. La Sardegna ha grande interesse alla costruzione di un’Europa, che superi positivamente l’attuale concezione (e relative politiche restrittive) dell’europa dei mercati. Vogliamo costruire l’Europa dei popoli, che istituzionalmente si realizzi attraverso la Confederazione degli Stati Uniti d’Europa, nella quale si esprima anche la sovranità della Sardegna! Ecco due spunti di carattere generale per inserirci nel dibattito sulla scadenza elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo (ripresi dall’agenzia presseurop):
- Martin Schulz, l’altro tedesco
- Politicizzare la scadenza elettorale del parlamento europeo
Luigi Pintor: un intellettuale scomodo
Una giornata di dibattito, incontri, filmati, letture… organizzata da “il manifesto sardo” ricordando Luigi Pintor.
L’ultimo editoriale del 25 aprile 2003: La sinistra italiana che conosciamo è morta.
Gli OCCHIALI di PIERO
FAVOLA EQUITALIA
Il drago disumano diventerà più umano. Come mai? Ha visto una lettera in cui un uomo disperato minaccia di uccidersi. Caspita! ha esclamato con una delle sue teste, la capoccia più alta delle mille che ha, “qui bisogna fare qualcosa, bisogna stare vicino a questo poveretto”. E sì, perchè il capoccione non lo sapeva di quelli che si sono già uccisi, di quelli che hanno perso la casa, il cascinale e i dischi di Little Tony, non aveva notizia di quei suoi denti affilati che mordono la carne dei cittadini, deve essere perchè quelli non hanno prima scritto al giornale, o forse perchè lui era distratto a leggere di altre notiziole: la gravidanza serena di quella famosa attrice, il matrimonio dell’altra più formosa che è stato trasmesso in diretta. Via! siamo seri… Non credo a questa favola male inventata, all’improvvisa comparsa di un cuore nella macchina schiacciaumani. Il drago nelle fiabe credibili non diventa umano, è S. Giorgio che lo ammazza o Ercole che taglia tutte le sue teste e le brucia. Aspettiamo speranzosi.
UNA MODESTA PROPOSTA
Equitalia non si può riformare, non può migliorare. Si deve chiudere e basta.
Il tempo da compiere, in Sardegna
Torno indietro di una decina di giorni, cercando tematiche da proporre in editoriali, come scrivessi sulla prima pagina di un giornale quotidiano. Oggi è l’8 maggio, parlerei delle dighe da svuotare, se un terremoto fosse in vista. E titolerei: ‘sono pazzi questi italiani’. Solo ieri l’aereo ha scaricato un’altra carrettata di mafiosi per le carceri appena aperte. La settimana scorsa è stata riportata da qualcuno dei media l’intenzione di mandarci scorie nucleari insieme a qualche nuova centrale. Appunto perché siamo ambiente non sismico. Non pensano mai a noi, perciò fanno delle cappellate. Meglio: quando ci pensano, è solo per fare i cavoli loro, assegnandoci i loro rifiuti, materiali o umani non importa. Che ci arrivano da ogni dove: carceri, industrie, impiegati pubblici, assicurazioni, persino la Chiesa con qualche suo vescovo.
Ma ieri è stato seppellito Giulio Andreotti e i grandi giornali hanno raccontato la brillantezza e le tenebre del personaggio. Vivente e lunga metafora sulle luci e sulle oscurità del potere. Nessuno si è chiesto come potesse fare quotidianamente la comunione uno che progettava delitti, persino sanguinosi, da affidare o gestire con la mafia. Nel tanto dibattere di crisi della politica e dei compiti dei rappresentanti del popolo i commentatori insistono sul servizio alla comunità. Trascurano, però, o affettano pudore quando si tratti di entrare nel merito di uno dei connotati più specifici della politica, il potere, la faticosa e complessa battaglia per la sua conquista ed, una volta conquistato, la fatica per difenderlo e mantenerlo. E, quindi, il suo esercizio al fine, nel migliore dei casi, di fermare il malaffare attraverso le leggi e di offrire soluzioni ai problemi. Eleonora d’Arborea, nella Carta de Logu, 1392, lo diceva così: ”raffrenare e contenere la prepotenza degli uomini iniqui e malvagi acciocchè i buoni, i puri e coloro che non commettono il male possano vivere e stare sicuri tra gli iniqui …’ Eppure la conquista e il mantenimento del potere nelle pur sgangherate istituzioni sarde evidenza e spiega tante delle ‘cose impossibili’ che non si riesce a risolvere: la libertà dell’insieme della classe politica sarda, l’unità dei movimenti sardisti ed indipendentisti, la difesa del patrimonio da destinare alla sovranità alimentare e al benessere paesaggistico, la valorizzazione in proprio delle nostre risorse …. E via elencando.
Con i monumenti aperti, la domenica 12 maggio, si conclude un ciclo di feste iniziato il 25 aprile. Feste civili e religiose, sarde e italiane, stanziali o in processione, a carattere istituzionale o a protagonismo di massa. Un formidabile concentrato di messaggi, potenziali fonti di valori per i feriali tempi della quotidianità. La libertà conquistata con il sangue e la lotta (la liberazione italiana e sa die), il sacrificio fino al martirio nella difesa degli ideali collettivi e personali (la resistenza e S. Efisio), la conoscenza e la valorizzazione degli spazi vissuti da chi ci ha preceduto (monumenti aperti). Nessuna notizia o riflessione ex-post ci ha spiegato perché nessuno del governo regionale partecipasse al ricordo della liberazione, perché sa die sia ritornata patrimonio della sola militanza culturale, perché ci si preoccupi che sant’Efisio resti spettacolo per turisti invece che la celebrazione della speranza nella storia, anche di fronte e dopo una terribile peste.
Non si riflette. Il popolo sardo sembra allo sbando. Chi dirige e rappesenta le sue istituzione non sa, non vuole, non è interessato. Al continuo farsi della storia della Sardegna. Così come i principali media quando raccontano la quotidianità della nostra vicenda: cronaca di sfigati (incidenti stradali, sul lavoro, inquinamenti, intemperie naturali, siccità … malattie di uomini e animali, …) e/o di delinquenti (bombe contro gli amministratori, rapine in crescita, … pubblica corruzione … e via politicizzando). Non esiste un fine, un tracciato, un popolo in cammino verso un dove. Sfruttati e/o abbandonati nella storia di altri.
Eppure abbiamo una natura speciale, qui non si danno terremoti. Una sensibilità per la cosa pubblica ha anticipato con i dieci referendum del 2012 delle decisioni istituzionali ancora da venire per lo Stato italiano. La coscienza di una nostra servitù derivata da quella dei partiti e del ceto politico si diffonde anche nelle località più lontane. I sei mesi che ci attendono rivelano capacità festive evidentemente espressioni di vitalità e di prospettiva. Non pochi tra i sardi amano la propria terra e stimano i propri concittadini. Noi tra essi.
Tempus de bennere, in Sardigna.
di Salvatore Cubeddu, 8 de maju 2013
Torrande in segus de deghe dies cricaus temas chi azuent a pentzare, comente feus candu iscrideus in sas primas pazinas de unu zornale. Oe est s’8 de maju, deo ja a foeddare de su chi si cherent faghere, de imbodiare sas digas, po su perigulu de unu terremoto. Su titulu dhu tenzo prontu: “custos italanos sunt macos!”. De su restu est ariseo chi unu aeroplanu si c’adat iscarrigau unu carru de mafiosos po sas prisones chi ant apertu de nou. Chida passada eus ischipiu chi caluncunu tenet s’intenzione de ponnere in domo nostra s’aliga nucleare cun calincuna zentrale. Ischidende ca non c’at perigulu de terremoto. A nois non pentzant mai, po custu faghent fesserias, pentzant solu a issos, a sa cunbenientzia issoro, a nois lassana s’aliga, de sas cosas e de sos omines. Aliga chi arribada a nois dae totue: prisones, industrias, publicos impresos, assicuratziones, finzas sos piscamos de sa Cresia.
Ariseo c’ant interrau a G. Andreotti e totu sos medios ant contau lughes e buju de sas fainas de s’omini. Figura vivente e malaitta de su cumandu. Nemos s’est domandau coment mai unu chi fiat donnia die sa comunione andaiat a pentzare malafatìas, bogande fintzas sambene, cun sa mafia. In su mentres semus arresonande de sa politica in crisi, sighimus a narrer ca su politicu depet essere de azudu a sa zente. E non teneus s’animu de narrer s’atera cosa zusta, ca sa politica est fintzas s’arte de comandare e ca po arribare e mantennere su cumandu sa zente si gherrat e bochit, mancare penzet a su bonu faghere e a difendere su bonu. Eleonora de Arborea – in sa Carta de Logu – dhu nariat in custu modu: … “sa superbia de sos reos e malvados hominis si infrenet e constringat, ad ciò qui sos bonos e puros et innocentes possant viviri e instari inter issos reos ad seguridadi …, premessa, 1392).
In Sardigna, sa gherra po arribare a cumandare ponnet in craru su chi non arrennesseus a faghere: a chi ponnere in sos zassos de importu zente libera, a faghere una fortza paris cun sardistas e indipendentistas, a defendere sos terrinos nostros po dhos arare e paschere in s’interessu nostru, po ndhe godire sa zente nostra e fizos nostros, cun sas bellesas e cun sos dannos.
In Casteddu, su 12 de maju, ant apertos sos monumentos, sighinde unu tempus de festa comintzadu su 25 de arbile. Festas ziviles e religiosas, sardas e italianas, bivias in logu serradu o in inghiriu, cun autoridades o a fainas de populu. Tantas ideas po bivere mezus sos tempos assutos e triballosos: sa libertade conchistada cun su sambene in sa gherras (sa liberazione italiana e sa die), su sacrifiziu e su martiriu (sa ‘resistenza’ e sa vida de sant’Efis), s’istima po sa terra chi si poderat.
A pustis de totu custu bividi, nemos at ispiegau poita non dhia fuit s’autoridade candu s’arregodaidat sa liberazione italiana, poita fuaus pagos liberos a pentzare a sa die, poita sa festa de sant’Efis paret chi srebada solu po ispantare sos turistas e non po faghere torrare s’isperu in s’istoria, a pustis de sos mares chi destruit s’omini e sa soziedade.
Non dhia pentzaus. Su populu sardu est che arbeghes chene pastore. Chie depet, non cheret, non ischet o pentzat a ateru. Sa vida de sos sardos non l’interessat. Gosinchi sos sardos sunt, po sos medios chi nos sighint, zente malafortunada o de malufaghere. Andaus faca su nudda, non b’at caminu, non teneus logu, non connoscheus sa terra chi si poderada. Isfrutados e abandonados in s’istoria de atere.
Epuru sa terra nostra non est comente sas ateras, non si movet comente cussas chi donnia tantu tenent terrmotos. S’annu passau eus votau po cambiare sas istitutziones, comente ancora non ant fatu in s’Italia. Fintzas in sas biddas prus pitias comintzant a comprendede ca sa zerachia nostra est cussa chi benit dai chie nos cumandat inoghe, zente nostra. Sa festas chi torrant narant ca seus bios e podeus essere cuntentos de bivere e comandare in terra nostra. Sa terra chi nois istimamus, impare cun sos paesanos nostros. Parte de nois. Cun totus.
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* Il tempo da compiere, in Sardegna (Salvatore Cubeddu), Cagliari 8 maggio 2013.
Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnaei nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.
Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :
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Bonas noas: si avvia il “Laboratoriu Gaddhura”
Laboratoriu Gaddhura – Riunificare il Movimento Indipendentista Sardo
di Vanni Tola
Olbia – Interessante iniziativa di analisi e discussione politica intorno ai temi dell’indipendenza della Sardegna. Il nome del progetto è Laboratorio Gallura. Tra i promotori Lidia Fancello e Tino Careddu (PSd’Az.), Pino Giordo ( di Sardigna Libera), Nino Fancello ( dirigente di Sardigna Natzione), Gion Loi (Sardigna Natzione), Salvatore Crobe (IRS), Marco Oggianu e Giuseppe Maricosu (ProgRes), Eta Beta Fancello e Antonello Pulito, indipendentisti liberi. Il Laboratorio promuoverà, con una serie d’incontri, il dialogo intorno ad un’ipotesi di riunificazione o coalizione, dei partiti sardisti, indipendentisti e identitari, finalizzata alla presentazione di liste per le prossime elezioni regionali e allo sviluppo di azioni comuni nell’interesse del territorio. Ragionare quindi intorno al tema dell’indipendenza della Sardegna intesa come traguardo concreto e raggiungibile attraverso un percorso pacifico e democratico. La volontà di unità all’interno dell’area indipendentista non è una novità ma si è finora affrontata con una logica puramente elettoralistica. Una riunificazione intorno a un simbolo comune piuttosto che a progetti concreti. I risultati elettorali non sono stati soddisfacenti. La particolare situazione politico ed economica della nostra isola, induce oggi a considerare assolutamente indispensabile e non più rimandabile, creare convergenze per intraprendere un cammino unitario per la conquista del governo della Sardegna.
Gli OCCHIALI di PIERO
La LAMPADA di ALADIN
- PROGRAMMI&CANDIDATURE per le REGIONALI SARDE. Verso la candidatura di Renato Soru? Qualche informazione in più dal suo intervento a chiusura del convegno “La partecipazione ai tempi di internet” (Sedilo, sabato 12 maggio 2013).
- LA PARTECIPAZIONE AI TEMPI DI INTERNET Note introduttive al convegno di Sedilo a cura di Guido Melis
- LA NOTTE DEI MUSEI. Sabato 18 maggio alla Pinacoteca Nazionale a Cagliari.
Gli OCCHIALI di PIERO
STORIA SARDA, PIO IX, ROBERTO BELLARMINO, I BUOI SONO GIA’SCAPPATI…
Ricordando i martiri della congiura di Palabanda. Il 13 maggio 1813 a Cagliari vengono impiccati il conciatore Raimondo Sorgia e il sarto Giovanni Putzolu, due dei protagonisti della congiura di Palabanda contro il malgoverno dei Savoia nell’anno della fame 1812. Nello stesso mese verrà catturato Salvatore Cadeddu, avvocato e segretario dell’Università, capo della congiura.
Raimondo Sorgia e Salvatore Cadeddu erano già stati tra i capi della rivolta del 1794, che cacciò il vicerè, i funzionari responsabili del malgoverno, tutti i piemontesi, i nizzardi e i savoiardi che stavano in Sardegna.
Cadeddu sarà impiccato il 2 settembre 1813 a Is Istelladas, piazza dove oggi sorge il mercato di S.Benedetto. Tutti gli altri accusati della congiura furono condannati a pene che variavano dai 20 anni di carcere al carcere a vita.