Monthly Archives: luglio 2012
Aladinpensiero news in ferie dal 27 luglio al 26 agosto 2012. Buone vacanze!
Tancas serradas a muru
Tancas serradas a muru
fattas a s’afferra afferra;
chi su chelu fid in terra
l’haiant serradu puru.
Il canto, contro la privatizzazione delle terre comuni in Sardegna a seguito dell’Editto delle chiudende, legge promulgata nel 1820 dal governo sabaudo, è attribuito al poeta cieco di Macomer Melchiorre Murenu
Buona Estate comunque!
Siamo certi che l’emanazione del decreto interministeriale è anche frutto della nostra battaglia e del ruolo avuto in essa dalla ns. news aladinpensiero. Abbiamo traguardato solo una tappa, importante. Ce ne sono altre. Intanto dobbiamo “presidiare” le fasi di applicazione del decreto, dai notai alle camere di commercio. E poi dobbiamo affrontare una questione grande come una casa: la questione del credito. Riprendiamo allora le forze per una battaglia che ci aspetta a partire da fine agosto in poi…
Meriggio d’Estate
di Umberto Saba
Silenzio! Hanno chiuso le verdi
persiane delle case.
Non vogliono essere invase.
Troppe le fiamme
della tua gloria,o sole!
Bisbigliano appena
gli uccelli,poi tacciono,vinti
dal sonno. Sembrano estinti
gli uomini,tanto è ora pace
e silenzio… Quand’ecco da tutti
gli alberi un suono s’accorda,
un sibilo lungo che assorda,
che solo è così:le cicale.
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Il valore della terra. Convegno a Cagliari il 24 luglio. Organizza Sardegnademocratica
Il valore della terra
Cagliari martedì 24 luglio 2012 ore 17,00 Hotel Regina Margherita
Sardegna Democratica organizza: Il valore della terra.
SSRL. Il governo Bradipo-Monti ha un piano, piano, piano, piano…
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848 800 110 – rispondiamo dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 15,30. il costo della telefonata è quello di una telefonata urbana.
La Cultura ci salverà. “Per affrontare la crisi l’Italia deve fare l’Italia”
Il mercato del latte ovino – Cronache dalla periferia dell’impero
di Vanni Tola *
Ciclicamente riparte in Sardegna la vertenza sul prezzo del latte facendo emergere particolarità e problemi gravi e, talvolta, perfino curiosi. Da sempre la formazione del prezzo del latte ovino è nelle mani di un “cartello” di industriali caseari locali. A nulla sono valsi i tentativi delle associazioni di categoria, del Movimento Pastori Sardi e della Regione Sardegna di rompere questa sorta di monopolio che impone un prezzo del latte che non copre neppure le spese di produzione. Accade il finimondo però quando un gruppo consistente di pastori, molto incoraggiati dalla Coldiretti, scopre e mette in pratica un’attività scontata ed ovvia. La possibilità di vendere il latte ovino nel libero mercato ottenendo una migliore remunerazione del prodotto. Nel caso specifico rivolgendosi ad un importante imprenditore laziale, Brunelli, da decenni leader nella produzione di formaggi ed in particolare del pecorino romano. Apriti cielo. Critiche da più parti con accuse di “tradimento” rivolte ai pastori che esportano il loro prodotto al di fuori dell’isola. Il concetto – che niente ha a che fare con le regole di mercato- recita che è inaudito far lavorare il latte sardo fuori dalla Sardegna. Perché? Altri invece se la prendono con l’acquirente, l’imprenditore laziale dipinto come “su mere chi benit dae su mare a balanzare con su triballu nostru”. Si agita la lobby regionale degli industriali dal formaggio, si muovono le pedine giuste per arginare l’operazione. Un politico regionale, con tempestività degna di migliore causa, propone alla regione di interrompere i sussidi a sostegno dei produttori di latte ovino, per quei pastori che vendono il loro prodotto fuori dall’isola. Perché? Perché il loro latte sarebbe poi utilizzato dall’acquirente per produrre ancora pecorino romano la cui produzione, invece, la regione Sardegna tenderebbe a ridimensionare. Come affermare che sia possibile praticare una sorta di vendita condizionata di un prodotto. Te lo vendo ma a patto che tu lo utilizzi per questa produzione e non per quest’altra. L’economia creativa di Tremonti, al confronto, appare una cosa seria. Non si comprende neppure perché questi stessi individui invece non abbiano niente da ridire, per esempio, sul fatto che la società 3A di Arborea (legittimamente) spedisca quotidianamente nel continente notevoli quantità di latte bovino certificato di alta qualità ad alcuni importanti produttori di latte e formaggio quali la Granarolo per produrre il latte “della Lola”. Uno strano “patriottismo economico” per settori merceologici distinti. Nel frattempo il Consorzio del Parmigiano Reggiano stipula un accordo commerciale con la McDonald per inserire in uno dei loro hamburger il parmigiano. Naturalmente nessuno in Emilia Romagna si sognerebbe mai di dire che non si deve vendere parmigiano alla Mac Donald perché è una società americana o perché gli hamburger fanno ingrassare e non rappresentano il massimo in termini di corretta alimentazione. In Sardegna invece un esponente politico regionale può proporre la riduzione di sovvenzioni pubbliche ai produttori di latte ovino per impedire o ostacolare la vendita del latte alla ditta Brunelli soltanto perché con quel latte l’industriale Brunelli produrrà del pecorino romano. Accade nella periferia dell’impero.
La questione della formazione del prezzo del latte è una questione delicata e complessa, la approfondiremo con interventi specifici. Si dovrà cominciare a parlarne prendendo atto che in Sardegna è ancora in vigore una procedura di formazione del prezzo del latte arcaica e complessa. Procedura che incide profondamente nell’attività della filiera latte-formaggio e, per conseguenza, sulle condizioni di vita dei pastori e sulle prospettive di sviluppo del comparto.
Occorrerà farlo partendo da alcune considerazioni di base che non possono essere certo ignorate. Il prezzo di un prodotto, nel nostro ordinamento economico, lo determina il mercato, l’incontro tra la domanda e l’offerta. Considerazione ovvia e scontata. Dalla quale ne consegue un’altra. E’ incontrovertibile, evidente e logico che i produttori di latte ovino cerchino nel mercato acquirenti che offrano una migliore remunerazione del loro prodotto. Le industrie casearie locali, anziché continuare a operare con logiche da capitalismo primitivo e con atteggiamenti da “padroni delle ferriere”, dovranno sforzarsi di diventare, a loro volta, operatori del mercato globale abbandonando logiche localistiche e, soprattutto, riconoscendo un giusto prezzo per il latte ovino. La stipulazione dei contratti tra pastori e casari locali avviene ancora adesso con trattative individuali del singolo produttore, che ha pochissimo potere contrattuale, o con la mediazione di associazioni di categoria che non hanno il potere contrattuale che sarebbe necessario per un confronto efficace con gli industriali. E il risultato è sotto gli occhi di tutti, il prezzo corrisposto per il latte quasi non copre i costi di produzione. Lo stesso Movimento Pastori Sardi, che pure ha maturato una forte capacità rivendicativa e ottenuto importanti conquiste nelle vertenze con la Regione e gli industriali del formaggio, non ha mai affrontato in modo deciso la questione della vendita del latte nel libero mercato. Non è mai diventata, oltre che movimento rivendicativo, un’associazione o un consorzio di produttori capaci di gestire sul mercato la produzione del latte ovino isolano con iniziative e strategie commerciali adeguate alle caratteristiche di un mercato sempre più aperto e globale. Si è stati capaci di bloccare le navi che importano agnelli da paesi terzi per rivenderli come agnelli sardi ma non si è ancora riusciti ad organizzare un forte potere contrattuale e una managerialità adeguati al mercato del latte ovino (partecipazione ad aste nazionali ed internazionali, esportazione di grandi quantità di latte e formaggio). Sarà questo uno dei temi centrali della nuova stagione di lotte che il Movimento Pastori Sardi ha avviato? C’è da augurarselo, anche se la questione del prezzo del latte rappresenta soltanto una delle grandi questioni che interessano il comparto pastorale.
(Vanni Tola)