Monthly Archives: aprile 2012

Per i 150 anni della Camera di Commercio

CCIAA Ca palazzo largo c felice

di Franco Meloni

La Camera di Commercio di Cagliari, unitamente a molte altre camere delle province italiane, celebra quest’anno il 150° anniversario della sua istituzione. La circostanza è utile per parlare della Camera e dei suo ruolo nell’economia della provincia (l’ambito della Camera di Cagliari è costituito oltre che dall’omonima provincia anche da quelle del Mediocampidano e di Carbonia-Iglesias) ma anche per rammentare che oggi più che mai sarebbe necessaria una forte coesione tra tutte le istituzioni che operano nel territorio per lo sviluppo dello stesso, al fine di migliorare le condizioni di benessere dei cittadini che lo abitano. Saranno diverse le occasioni per realizzare questi intendimenti e  le programmate iniziative della Camera di Cagliari per il centocinquantennio (a partire da quelle previste nei giorni 14 e 15 aprile) ce ne daranno occasione. Intanto vogliamo riproporre un contributo di Rita Longhitano, bibliotecaria della stessa Camera, che si sofferma sulle prime relazioni annuali degli amministratori camerali rivolte al governo nazionale. Emerge un rapporto diretto, espresso con un linguaggio chiaro e senza fronzoli. Si capiva cosa volessero questi imprenditori, impegnati in una funzione pubblica, dallo Stato. Sebbene le richieste non venissero quasi mai tenute dal governo nella giusta considerazione, si coglie la consapevolezza e l’impegno degli imprenditori cagliaritani di rivendicare interventi pubblici a 360 gradi, muovendosi con interpretazione sistemica della realtà. Come non sottolineare, per esempio, le richieste in materia di formazione tecnica e manageriale o, ancora, la necessità di aprirsi alle migliori esperienze internazionali ? (In una parte della relazione citata si richiede “l’invio di giovani della nostra Provincia agli esteri stabilimenti, specialmente all’Inghilterra, che è l’emporio delle industrie”). Al riguardo giova riportare alcuni altri brani della relazione laddove si sostiene che “finchè non avremo buoni lavoranti, buoni industriali nei quali si consoci la teoria con l’esercizio, nei quali la conoscenza dei processi dell’arte, e delle qualità fisiche e chimiche della materia prima che si vuole tramutare e modificare vada unita ad una massima perizia dell’economia industriale, della meccanica e del disegno grafico, se vedremo sorgere gli stabilimenti non li vedremo però prosperare, se pure come è pur successo non li vedremo sottostare ad enormi perdite ed al fallimento, e ciò tutto in vista dell’inesperienza e dell’ignoranza di chi ne deve dirigere l’andamento. Istruzione pratica e popolare fu la prima idea che fece circolare per la Provincia questa Camera fin dai primi giorni del suo impianto, ed istruzione pratica e popolare ripete oggi. Ecco la più opportuna dottrina per lo svolgimento del commercio, delle industrie e delle arti, qualunque altra inapplicabile al mondo reale conduce a spostare gl’individui senza far progredire le classi”. Ma sentite una sorta di appello finale, dal tono perentorio e anche spazientito, contenuto nella  ”Prima relazione sovra la statistica e l’andamento del commercio e delle industrie della provincia di Cagliari nel 1863, approvata dalla Camera il 2 agosto 1864, al signo Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio”

”L’agricoltura per fiorire in Sardegna ha bisogno di braccia? Ebbene si colonizzi. Ha bisogno di capitali? Si istituisca la Banca Agraria. Le industrie abbisognano d’incoraggiamenti, d’istruzione tecnica? Si aiutino con i mezzi necessari al loro sviluppo. Si estenda l’istruzione pratica, e col mandare allievi ad apprendere negli empori del commercio e delle industrie si provveda la Sardegna di esperti imprenditori, di buoni e istruiti operai. Finalmente il commercio ha bisogno di un porto più ampio per meglio e più facilmente eseguire i legni a vapore ed a vela le loro operazioni? Ebbene si slarghi il porto. Ha bisogno di mezzi di raddobbo? Si pensi a provvederli, ed infine è necessario l’abbattimento dei bastioni? Il Governo ne autorizzi la demolizione, e così mentre si cancellano le tristi memorie del passato, si renderà più piacevole l’aspetto della città, si soddisferanno urgenti bisogni, si faran paghi i voti del pubblico, ed al commercio s’infonderà più vigore aprendogli gli sbocchi necessari” .

Certo va notata la poca sensibilità degli imprenditori dell’epoca rispetto alle vestigia del passato (tristi memorie) per nulla apprezzabile, tanto meno con l’attenzione al riguardo richiesta e a volte solo auspicata nei tempi presenti; invece, in positivo, balza agli occhi la determinazione e la chiarezza con la quale gli stessi si rivolgevano ai loro principali interlocutori istituzionali (il governo in primis, ma anche il municipio) per richiedere una serie di interventi, precisamente investimenti di carattere pubblico, condizioni per garantire alla provincia di Cagliari uno sviluppo economico.

Dal passato vengono dunque lezioni e stili di comportamento pubblico dai quali trarre giovamento imitando e riproponendo quanto di meglio possiamo cogliervi.

I 150 anni della Camera di Commercio di Cagliari

CCIAA

In occasione della celebrazione dei 150 della Camera di Commercio di Cagliari (istituita – ai sensi della legge 6 luglio 1862, n, 680 – con decreto reale del 31 agosto e regolamento del 13 novembre 1862), Aladinpensiero pubblica un intervento di M. Rita Longhitano, bibliotecaria della stessa Camera, che da conto di come all’indomani dell’unità d’Italia andasse a regolarsi l’economia dei diversi territori, con l’intervento delle istituzioni e delle imprese. L’articolo qui riprodotto fu pubblicato  sul numero 3/2001 di “Sardegna Economica”, rivista della Camera di Commercio di Cagliari.

La storia in biblioteca. Una fotografia dell’economia locale nelle statistiche camerali dell’Ottocento Compilate per adempiere una specifica disposizione della legge del 1862, le relazioni statistiche furono lo strumento, utilizzato dalla Camera di commercio ed arti, per informare il Governo sullo situazione economica della provincia e promuovere gli interessi dell’industria e del commercio. Oggi sono un’eccellente fonte informativa a disposizione degli studiosi della storia economica locale.

Camera di Commercio aperta per i suoi 150 anni (14 e 15 aprile 2012)

Camera di commercio notturno

In occasione del 150° anniversario della sua istituzione, la camera di Commercio di Cagliari apre le porte della sua sede e presenta al pubblico, per la prima volta, il suo patrimonio artistico, bibliografico e documentale.

Buona Pasqua!

Buona Pasqua 2012

A Asibiri si parla dell’ultimo libro di Luciano Marrocu “Le rivoluzioni vanno sempre storte”

Aladinbozo libri

Martedì 17 aprile alle 19 nella sede di Asibiri, in via S. Saturnino 7 a Cagliari “Le rivoluzioni vanno sempre storte” - Sugaman il nuovo romanzo, solo in edizione digitale, di Luciano Marrocu. Con la presentazione e le letture di Paolo NoriFa gli onori di casa e introduce Giovanni Maria Bellu. Il romanzo sarà in vendita al prezzo di € 3,90 con la personalizzazione e con in omaggio il libro (di carta) che si intitola Questo non è un ebook. 5 + 1 lezioni semiserie sui libri digitali di Alessandro Bonino.

Buone festività pasquali

buona pasqua bomeluzo

Il metanodotto Galsi s’ha da fare… o no?

Galsi percorso

DIBATTITO PUBBLICO promosso da SEL
VENERDI’ 20 APRILE 2012 ORE 16,30
SALA CONVEGNI EXMA’
Via San Lucifero, 71
Cagliari

STREGHE, ESORCISTI E CERCATORI DI TESORI di Salvatore Loi

Aladinbozo libri
Salvatore Loi  STREGHE, ESORCISTI
E CERCATORI DI TESORI
Inquisizione spagnola ed episcopale
(Sardegna, secoli XVI-XVII)
Anno: 2008 Collana: Agorà [36]Formato: 15,5×21 cmISBN: 978-88-95462-10-3 

SOMMARIO

Long life learning / Apprendimento permanente nel disegno di legge governativo sulla riforma del mercato del lavoro

Aladinbozo istruzione e formazione

Nei prossimi giorni cercheremo di darne una prima valutazione (il testo completo).

di Aladin

Ci vuole “spirito di servizio” a partire da chi sta più in alto

di Franco Meloni

Dal Vangelo secondo Giovanni 13, 4-54 si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. 

La chiesa cattolica nella liturgia del giovedì santo, nella messa in coena Domini, rivive il gesto della lavanda dei piedi riportato nel testo dell’evangelista Giovanni. L’episodio è significativo di un atteggiamento di umiltà del Maestro nei confronti dei suoi discepoli e possiamo correttamente ricondurlo simbolicamente a un atteggiamento ”di servizio”, come si diceva un tempo. Ma il concetto è purtroppo in disuso, proprio nel momento in cui sarebbe salutare farvi ricorso. Riportando questo quadro nelle organizzazioni, il Maestro può correttamente simboleggiare il “superiore gerarchico” (il presidente, il direttore, il dirigente, etc), mentre i discepoli possono rappresentare i suoi collaboratori. Perchè ci piace fare questa trasposizione, evidentemente apprezzando il gesto della lavanda dei piedi e di tutto quanto può  rappresentare nel rapporto capo-collaboratori? Perchè crediamo che oggi vi sia necessità di recuperare un concetto fondamentale: chi per nomina, elezione o eredità si trovi ai vertici di un’organizzazione, sia essa un’impresa, una pubblica amministrazione, un’associazione, una famiglia o quant’altro, deve sentirsi e comportarsi non come un padrone al di sopra di tutto e di tutti, ma piuttosto come titolare di una funzione di servizio verso la stessa organizzazione e la società in generale. Al contrario, purtroppo, si verifica troppo spesso che chi si trova in posizioni di comando in un’organizzazione pensa di poterne disporre a suo piacimento, quasi come l’avesse ”vinta al lotto” e si comporta nei confronti dei collaboratori adottando lo schema padrone-servo.  E invece oggi più che mai abbiamo bisogno di “spirito di servizio”, che si traduce in disponibilità all’ascolto, rispetto e valorizzazione delle persone, coinvolgimento di tutti nel perseguimento delle missioni e degli obbiettivi delle organizzazioni. Nella scala delle responsabilità in tutte le organizzazioni più si è in alto nelle posizioni gerarchiche più si ha il dovere di farsi carico dei problemi o, com’è pertinente dire nella settimana di Passione, di portare la croce.

Convegno CNA. Giovani Imprenditori. Il coraggio dell’innovazione nella tradizione

barbara arigolas e Cristian atzori

di Aladin

Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia”  Con questa frase di Enrico Berlinguer il presidente provinciale (Cagliari e Medio Campidano) della CNA (Confederazione Nazionale Artigianato) Cristian Atzori ha esordito presentando il convegno Giovani Imprenditori. Il coraggio dell’innovazione nella tradizione”  tenutosi questo pomeriggio nella sala polifunzionale della Provincia di Cagliari, nel cuore del parco di Monte Claro, volendo connettere sia l’innovazione con la tradizione (tema del convegno) sia il protagonismo giovanile e uno spostamento di potere in favore delle nuove generazioni, dai giovani giustamente pretesi, con la solidarietà e la giustizia sociale. Possiamo anche rilevare la pertinente  connessione di queste tematiche con quelle dell’anno europeo 2012 dedicato a “invecchiamento attivo e solidarietà tra le generazioni”.  Proprio il concetto di connessione è stato centrale nell’intervento di Andrea di Benedetto, presidente  nazionale della CNA giovani imprenditori: “la connessione libera energia; potremmo raddoppiare il PIL se riuscissimo a connetterci; meno gelosie e più scambi di competenze; le ridotte dimensioni delle nostre imprese sono di ostacolo allo sviluppo  e alla conquista di nuovi mercati; “picccolo” è brutto e si può superare solo facendo rete tra imprese, appunto facendo connessione”.
E ha aggiunto “Girando l’Italia per il mio incarico ma anche dopo aver sentito le vostre esperienze di giovani imprenditori sardi non mi capacito di come l’Italia sia ridotta oggi”. Secondo Andrea (e siamo pienamente d’accordo) appunto perchè siamo migliori di quanto sembriamo e perchè abbiamo tutte le potenzialità per uscire dall’attuale crisi, utilizzandola come opportunità,  dobbiamo avere coraggio, crederci, vincere le paure e agire di conseguenza. Dopo aver positivamente sottolineato il forte protagonismo femminile sia sul versante imprenditoriale sia su quello delle istituzioni (tra i quattro assessori presenti tre erano donne) di Benedetto ha concluso con una frase suggestiva tratta dalla prefazione dell’ultimo libro di Henry Chesbrough, uno dei guru dell’innovazione: “Il futuro non è più quello di una volta”. E’ d’obbligo dunque inventarne uno nuovo. Per dare una rapida panoramica del convegno: dopo Cristian Atzori che ha aperto e prima di Andrea di Benedetto, che ha chiuso, i lavori del convegno, coordinati dalla segretaria provinciale della CNA Maria Grazia Dessì, si sono svolti con un’inedita impostazione, che ha visto diversi confronti dialettici. (Segue dopo le interviste).

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Giovani imprenditori, il coraggio dell’innovazione nella tradizione 2 Aprile 2012 – Cagliari
Intervista a Barbara Argiolas Assessore al turismo e attività produttive del Comune di Cagliari

Intervista a Cristian Atzori Presidente della CNA di Cagliari e Medio Campidano – Presidente Centro Servizi CCIAA

Tra Barbara Argiolas, assessore al turismo e attività produttive del comune di Cagliari, e Lele Frongia, imprenditore della ristorazione; tra l’assessore alle attività produttive di Muravera Noemi Manca e i giovani imprenditori della società Sky Survey System; tra l’imprenditrice dei materiali lapidei Erika Pisu, portatrice di interessanti esperienze di internazionalizzazione e Piero Comandini, assessore provinciale alle attività produttive. Di questi interventi daremo conto in altre occasioni, non dimenticando infine di citare  quelli di Marta Ecca, assessore provinciale alle politiche giovanili, che ha riportato esperienze esemplari di innovazione nelle attività tradizionali e del responsabile di un’Agenzia Confidi che ha riferito sulla positiva esperienza di finanziamenti di micro credito alle imprese in applicazione di un apposito protocollo con la Provincia di Cagliari.
Per concludere: la drammaticità della crisi è sotto gli occhi di tutti, ma la coesione tra imprese e istituzioni può consentirne di uscirne, a patto che si dia fiducia e potere ai giovani. Il quadro che tutti accomuna deve essere una forte e solidale alleanza intergenerazionale. Su questo scenario la CNA è fortemente impegnata. Daremo conto in altri interventi del proseguo dei lavori del convegno con l’elezione del gruppo dirigente dei giovani imprenditori. Segnaliamo poi le interviste di Aladinpensiero a Barbara Argiolas e a Cristian Atzori, che proprio oggi è stato nominato dalla Giunta della Camera di Commercio di Cagliari presidente del Centro Servizi alle Imprese della Camera medesima.

Interviste a Barbara Argiolas e Cristian Atzori

barbara arigolas e Cristian atzori

Giovani imprenditori, il coraggio dell’innovazione nella tradizione

2 Aprile 2012 – Cagliari

interviste a

Barbara Argiolas Assessore al turismo e attività produttive del Comune di Cagliari

Cristian Atzori Presidente della CNA di Cagliari e Medio Campidano – Direttore Centro Servizi CCIAA di Cagliari

Situazione delle imprese: la Camera di Commercio mette a disposizione una miniera di dati aggiornati

Aladinbozo economia e lavoro

Per gli imprenditori, altri operatori economici, studiosi… La Camera di Commercio pubblica trimestralmente i dati delle imprese aggregati a livello nazionale, regionale e provinciale. I dati, esposti nel documento chiamato CRUSCOTTO, danno conto della situazione analizzata anche per settore economico, tipo di impresa e forma giuridica. Una vera miniera di dati, purtroppo sconosciuta ai più. Aladinpensiero vi invita a entrarci e a esaminarla, con calma, perchè c’è il rischio di perdersi tra i numeri. Entro il corrente mese di aprile sarà disponibile anche l’analisi congiunturale del primo trimestre 2012:  http://images.ca.camcom.gov.it/f/studiestatistica/cr/crusc4trim2011.pdf

La buona novella

la-buona novella

Con il patrocinio morale della Fondazione Fabrizio De Andrè Onlus, e in occasione della Settimana di Pasqua, sarà in scena in forma di oratorio “LA BUONA NOVELLA” di Fabrizio De André, un concept album tratto dalla lettura di alcuni Vangeli apocrifi (in particolare, dal “Protovangelo di Giacomo” e dal “Vangelo arabo dell’infanzia”), nel quale si sottolinea l’aspetto più umano e meno spirituale assunto da alcune tradizionali figure bibliche (ad esempio, Giuseppe) e si presta maggiore attenzione a figure minori della Bibbia, che qui invece diventano protagonisti (ad esempio, Tito e Dimaco, i ladroni crocefissi insieme a Gesù).

Contrordine, compagni

G Loy 2

di Gianni Loy

Neppure stavolta è passata. Si è trattato soltanto di qualche giorno di tregua, di borse calme, di spread in ribasso. Poi, d’improvviso, tutto è tornato come prima. I sacrifici già fatti, archiviati e dimenticati. Altri se ne profilano all’orizzonte. Altri sacrifici, altre tasse. Stavolta lo ricorda, con aria vagamente intimidatoria, un presidente del Consiglio parco di sorrisi: meglio altre tasse. O preferite finire come la Grecia? Perché come è finita la Grecia? L’impressione è che finora si sia scherzato. E poi c’era da mettere in conto il senso di liberazione per l’addio di Berlusconi. Poi l’idea della transitorietà. Insomma quell’idea della politica dei due tempi che ha sempre fregato i poveri ed i lavoratori, ma che continua a mantenere un alone di suggestione e finisce per persuadere anche chi non dovrebbe cascarci. La politica dei due tempi, ad aver buona memoria, l’ha inventata il serpente maligno. Quello che circuiva subdolamente Eva: in un primo tempo mangia la mela;  in un secondo tempo diventerai come Dio.

Quasi mezzo secolo fa, i metalmeccanici già l’avevano denunciata, questa storia del  “prima fate sacrifici che poi arriverà la crescita”.  In fondo, anche in occasione di questa cosidetta emergenza, di sacrifici ne sono stati fatti, e tanti. Ma invece della crescita arriva il Maramaldo di turno, ad uccidere un uomo (ed una donna), se non ancora morto, sicuramente già boccheggiante.

Ma non solo l’orizzonte è fosco. E’ che tutto accade nel solco di una divaricante diseguaglianza, in presenza di simboli del privilegio, che seppure non potrebbero cambiare le sorte dell’economia, tuttavia offendono.

Può darsi che non ci sia più speranza. Può darsi. Ma la speranza si perde soprattutto quando si pretende venir fuori da  questo guazzabuglio all’interno delle logiche che ci hanno imposto e che molti noi hanno accettato. Con quale coraggio si afferma che occorre dare risposte al mercato, che il mercato ci impone certe scelte, quando il mercato, questo mercato, è il maggiore e diretto responsabile di questa crisi. Crisi che in fondo, si badi bene, non è crisi del mercato ma è crisi dei poveri cristi. Perché il mercato continua a funzionare perfettamente, o meglio con la stessa imperfezione di sempre, visto che l’unico elemento che veramente gli difetta è proprio la libera concorrenza. Chi è, quindi, questo cosiddetto mercato? Quali sono le sue sembianze? Gli speculatori che continuano ad arricchirsi, o i piccoli investitori che tentano disperatamente, come in un tavolo di poker, di rifarsi delle perdite?

E chi è questa Europa, l’altra divinità pagana invocata tutte le volte che occorre dare un altro giro di vite alla pressa che ci  comprime? Chi è questa Europa che, secondo il presidente del Consiglio, ci chiede lo scalpo dello Statuto dei lavoratori, che vorrebbe capitozzare proprio l’art. 18. Che non è un simbolo, o non solo, ma piuttosto la linea Marginot delle tutele faticosamente conquistate con secoli di lotte.  Perché l’art. 18, evidentemente, non evita, non può evitare l’estromissione dal posto di lavoro, ma sicuramente fa si che l’ambiente di lavoro, laddove esso opera, conservi ancora dignitose tutele. La prova la si ha, empiricamente e drammaticamente,  laddove l’art. 18 non opera, al vedere l’impressionante tasso di violazione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

La verità, insomma, è che dentro questo schema non c’è via d’uscita, se non un progressivo impoverimento dei lavoratori, una riduzione delle tutele, per gettarli nella mischia della competizione globale in condizioni tali da poter fronteggiare nuove economie che, in termini di diritti, parlano un’altra lingua.

Quando è nata l’Europa, in molti avevano, avevamo, l’idea di una omogeneizzazione dei diritti nella crescita. Immaginavamo cioè, che le conquiste dei paesi più avanzati si sarebbero potute estendere ai paesi più “arretrati”. Ed invece la normativa si è omogeneizzata, è vero, ma al ribasso.   Se otto ore vi sembran poche. Abbiamo conquistato la giornata lavorativa di otto ore. Solo che, grazie all’Europa, ora, anche in Italia, la giornata lavorativa può arrivare sino a 12 ore!

Ora più che mai, insomma, è il modello che non va. E’ da ripensare l’Europa, è da ripensare questa globalizzazione selvaggia. Soprattutto è da spostare il baricentro della politica e della cultura dall’economia ai bisogni della persona. Ridefinire la relazione tra egoismi e solidarietà. Anche fuori dagli schemi tradizionali. Può darsi che il binomio padroni-operai non funzioni più, ma quello ricchi-poveri funziona sempre. Quello tra chi si guadagna la propria sopravvivenza con il lavoro e chi, invece, con la finanza o con la speculazione,  funziona  ancora.

Per questo, ho provato a rifletterci, qualche volta si soccombe anche fisicamente, ci si lascia trascinare dalla corrente,  ma non solo i cassintegrati, o i disoccupati, anche artigiani, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori si lasciano andare, anche fisicamente, ogni giorno.  Avrei dovuto ricordarlo prima. Perché il lavoro, per chi ne fa mezzo di sussistenza e di elevazione, può assumere diverse forme, ma possiede una sola natura. Una natura divina?

Avremmo anche perso di vista schemi e categorie del passato, altre saranno pure diventate improponibili, ma questa verità rimane un punto cardinale.

E tuttavia non ho ancora ben chiaro, al di la della certezza di alcune analisi, del dovere di opporci, cosa dovremmo fare, cosa potremmo fare.

(pubblicato anche su il manifesto sardo)

Gianni Loy