Monthly Archives: marzo 2012
Dalla crisi anche qualcosa di buono: un po’ di creatività nell’accademia!
di Franco Meloni
Salutiamo con soddisfazione la proposta del rettore dell’università di Sassari Attilio Mastino (per brevità rimandiamo all’articolo apparso oggi su La Nuova Sardegna e ripreso nel blog di Aladinpensiero) dalla quale emerge la volontà dell’ateneo di mettersi in sintonia con le esigenze della società, nella ricerca di forme innovative di servizio. La proposta riguarda specificamente la formazione (quando si parla dell’università ci si preoccupa sempre di aggiungere l’aggettivo “alta”, ma sarebbe ora di finirla con queste inutili precisazioni da aristocrazia accademica) in favore delle donne, ma ovviamente le iniziative possono ampliarsi anche ad altre categorie, come peraltro emerge dal discorso dello stesso rettore. Della proposta di Mastino apprezziamo lo specifico contenuto, ma soprattutto quella che ci sembra la disponibilità all’ascolto delle esigenze della società, che si esprimono in forme e contenuti inediti. Su queste questioni ci sembra pertinente rispolverare una vecchia polemica sul “fenomeno dei fuori corso” delle università italiane, di cui il sottoscritto ha cercato di dare una diversa lettura rispetto a quella dominante nell’accademia. Un’ultima considerazione: va bene la volontà dell’università, che registriamo positivamente, ma alle parole devono seguire iniziative concrete, che per dispiegarsi in modo adeguato devono prevedere forme robuste di organizzazione. Di queste l’università è fortemente carente, soprattutto le università sarde. Infatti per organizzare adeguatamente gli auspicati interventi e, in generale, tutta la formazione permanente (o, come la chiama l’Unione Europea, la long life learning ) occorrono strumenti come le fondazioni universitarie o appositi consorzi partecipati da altri soggetti pubblici e privati. In questo caso non serve esercitarsi in fantasia: basta prendere esempio dalle migliori pratiche delle migliori università italiane e straniere. Signori rettori iniziate facendovi una bella navigazione in internet utilizzando google!
Articolo tratto dall’intervento di Franco Meloni al Convegno “Il riconoscimento dei valori del paesaggio come presupposto delle scelte del piano urbanistico”, 24 Aprile 2008 – Cagliari
In questo periodo in cui l’innovazione e la creatività hanno molta udienza si potrebbe dire che all’Università serve un po’ di pensiero laterale che ormai è sinonimo di pensiero creativo. A volte si tratta di leggere i fenomeni con prospettive diverse. Un teorico del pensiero creativo, il professor Edward De Bono, al riguardo ha lanciato una metodologia originale: la teoria dei sei cappelli di diverso colore. A seconda del colore del cappello che si indossa occorre orientare forzatamente il pensiero rispetto al significato attribuito al colore del cappello medesimo. Per farla breve, solo alcune esemplificazioni: indossando il cappello nero si orienterà il pensiero al pessimismo; indossando il cappello rosso si orienterà il pensiero in modo passionale; indossando il cappello verde si orienterà il pensiero alla prospettiva ottimistica, e così via. Per fare una rapida applicazione a una questione universitaria, pensiamo al fenomeno dei fuori corso che appare drammatico per l’Università italiana. Bene, in parte lo è, esattamente per la parte che rappresenta le difficoltà di percorso dei giovani studenti. Certo non lo è per quanto riguarda gli studenti maturi, quelli cioè che si iscrivono all’Università per fare carriera negli impieghi, per gli adulti che vogliono cambiare o riqualificare una professione, per quanti si iscrivono all’università solo nella ricerca di stimoli culturali e nuove conoscenze, e così via. E allora, indossando un cappello di colore diverso dal nero, non si potrebbe ammettere che in certa parte, non so quanta, ma certamente rilevante, i fuori corso sono una risorsa? Fenomeno quindi da trattare in modo differenziato, distinguendo i problemi degli studenti normali, che devono fare l’Università entro gli anni canonici, da quelli degli studenti maturi, i quali vanno tolti dalle statistiche della produttività degli atenei, anche per non influire sul determinazione dell’importo dei fondi statali del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) che lo Stato trasferisce annualmente agli stessi atenei. I lavoratori studenti vanno curati in modo diverso e particolare rispetto agli studenti normali. Sicuramente la questione è di competenza in prevalenza di altre istituzioni rispetto all’Università. Sono infatti lo Stato e le regioni che devono intervenire se vogliono che le università facciano la loro parte: si tratta in massima parte di persone che possono pagare tasse congrue, ma che hanno diverse esigenze per poter completare il ciclo di studi in tempi ragionevoli. Hanno bisogno di tutor, di aule aperte in orari serali e notturni, di modalità fad ed e-learning di erogazione della didattica… tutte cose che hanno costi che le università non possono affrontare con le sole tasse di iscrizione e che invece dovrebbe affrontare l’amministrazione pubblica, considerato che la questione rientra pienamente negli obiettivi dello Stato, delle Regione e, ovviamente, dell’Unione europea (obiettivi di Lisbona), e pertanto sono costi che possono essere in gran parte riconosciuti sui programmi europei Long life learning (fondi strutturali e programmi dedicati).
Di quali strumenti deve disporre l’Università per rispondere a questa esigenza? Una risposta la sta già dando ad esempio la nostra università con il Centro d’ateneo per la formazione permanente Unica.for. Una risposta in termini di struttura dotata di maggiore autonomia può essere la costituzione di apposite fondazioni universitarie, strumenti operativi delle università pubbliche.
Dunque come continuare? Premesso che occorre affinare gli strumenti di ascolto delle esigenze delle persone e delle organizzazioni, dobbiamo avere la capacità di utilizzare in maggior misura le risorse pubbliche, soprattutto quelle messe a disposizione dall’Unione europea per il tramite delle regioni. Si tratta in prevalenza di risorse del Fondo sociale europeo, ma non solo. Eccovi un dato: la Sardegna nella programmazione 2007-2013 dispone per gli interventi del Fondo sociale europeo, cioè interventi per il capitale umano, di oltre 791 milioni di euro, messi a disposizione dall’Unione europea, dallo Stato e dalla Regione Sarda, alle quali si aggiungono altre opportunità, anche di diretta assegnazione comunitaria.
Niente cultura, niente sviluppo
Aladinpensiero aderisce al “Manifesto per la cultura – Niente cultura, niente sviluppo”, promosso dal Sole 24 Ore Domenica
Occorre una vera rivoluzione copernicana nel rapporto tra sviluppo e cultura. Da “giacimenti di un passato glorioso”, ora considerati ingombranti beni improduttivi da mantenere, i beni culturali e l’intera sfera della conoscenza devono tornare a essere determinanti per il consolidamento di una sfera pubblica democratica, per la crescita reale e per la rinascita dell’occupazione.
Aderisci al Manifesto per la cultura del Sole 24 Ore Domenica - Le firme di chi ha aderito
Il Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio per la Responsabilità Sociale d’Impresa – Venerdì 30 marzo Largo Carlo Felice 72
Nell’ambito del progetto “La diffusione della Responsabilità Sociale di Impresa. Una sperimentazione: turismo per tutti”, il Comitato per l’Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio di Cagliari promuove, per il giorno venerdì 30 Marzo 2012, nella sede camerale Largo Carlo Felice 72, una giornata di sensibilizzazione/formazione sulla responsabilità sociale d’impresa (RSI), rivolta alle imprese, ai consulenti delle associazioni di categoria e agli studenti universitari.
Ma l’Università di Cagliari è in Sardegna?
di Franco Meloni
Stamani ho letto nel sito dell’Università di Cagliari il testo della proposta di nuovo statuto. Non occupandomi di questioni di equilibri accademici, sono andato invece a verificare quanto e in quale misura lo statuto parli della Sardegna. Pochissime volte: la mia impressione è che la Regione sia considerata soprattutto un bancomat a cui attingere e non mi sembra emergere in modo particolarmente rilevante l’impegno della più importante agenzia di ricerca e formazione della Sardegna nei riguardi della regione (intesa come territorio e popolo) che la accoglie e molto generosamente la finanzia attraverso l’Istituzione. Qualcosa di meglio ha fatto l’Università di Sassari, ma ben lontani ambedue gli Atenei da quanto stabilito, tanto per fare un esempio, dalle Università di Barcellona (visto che la Catalogna costituisce un nostro riferimento). Sono andato a leggere lo statuto dell’Università di Barcellona (http://sid.usal.es/idocs/F3/LYN6363/3-6363.pdf) dove tra gli obbiettivi fondamentali dell’Ateneo è previsto “ el enriquecimiento del patrimonio intelectual, cultural y científico de Cataluña, su desarrollo económico y el bienestar social” e dove il catalano è la lingua ufficiale dell’Ateneo. Ora, saltando qualche passaggio, vorrei che si cogliesse il nesso tra l’auspicata costruzione di un progetto per la Sardegna e la credibilità dei suoi intellettuali di farsene portatori. Certo l’Università non esaurisce l’intellettualità sarda (per fortuna), ma in certa parte la rappresenta (molto meno di quanto dovrebbe e potrebbe fare). Senza intellettuali disposti a impegnarsi organicamente (dunque anche in forme istituzionali) per la Sardegna non si va da nessuna parte. Dall’Università di Cagliari vengono segnali francamente deprimenti, almeno così li colgo.
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Documentazione:
Un progetto per la Sardegna. Decisivo il ruolo degli intellettuali, ma serve una leadership credibile
di Aladin
Scrive Giulio Angioni su La Nuova Sardegna del 28 marzo, a chiusura di un bell’intervento dal titolo “Alla Sardegna manca un’idea del futuro ”: “La Sardegna oggi è più che mai nel mondo, nel bene e nel male. Del male dei tempi condivide in peggio l’incapacità di usare le risorse disponibili, a cominciare da quelle che diciamo umane, cioè le sole esistenti in quanto capacità degli uomini concreti di costruire forme di vita concrete. La forma di vita di oggi distrugge risorse ambientali e non utilizza gli uomini giovani più pronti all’azione sociale comune, al lavoro. Essere giovani oggi in Occidente significa non avere né presente né futuro. E non c’è né progetto né controprogetto politico chiaro, pubblico, condiviso. Manca l’idea di un buon futuro per la nostra terra, per la nostra comunità in quanto realtà costruita con un progetto in costruzione, sempre in rinascita. Da qui, l’immenso spreco di risorse umane, umane anche quando le diciamo naturali, territoriali”. E’ una riflessione che condividiamo in toto, ma, ci chiediamo se sia possibile invertire la tendenza: se esiste la possibilità di aggregare in Sardegna forze in grado di delineare un progetto, quel progetto evocato da Angioni, e che siano capaci di portarlo avanti con convinzione insieme a quanti ci stanno. Questo ruolo-guida sicuramente non può essere svolto, almeno in questa fase, dall’Istituzione regionale, in quanto priva di credibilità e di consenso popolare, anche considerato che gli sforzi per trovare un’unità sostanziale al suo interno sono risultati vani. Non a caso il dibattito tra le forze politiche all’indomani degli “Stati generali” ci consegna una classe politica divisa, litigiosa, segnata profondamente dalle scelte del passato e incapace di “posizionare” e di risolvere gli attuali (quanto antichi) problemi dei sardi. Che fare dunque? Possiamo contare su un possibile rinnovato impegno degli intellettuali, consapevoli della drammaticità della situazione e che vogliano sinceramente impegnarsi a porvi rimedio? E la prima cosa da fare? Forse è necessario creare una credibile alleanza intergenerazionale per la Sardegna, facendo leva sulle migliori persone, a partire da quelle impegnate nelle istituzioni che hanno anche riportato formidabili consensi elettorali, tuttora confermati se non cresciuti in termini di gradimento popolare. Ci riferiamo in modo particolare ai nuovi Sindaci, segnatamente a quelli delle due più importanti città sarde (Zedda a Cagliari e Ganau a Sassari). L’ipotesi è molto chiara, non so quanto sia percorribile: chiedere ai Sindaci di assumere la leadership della Sardegna, farsi carico delle problematiche dei sardi, rappresentandone gli interessi in dimensioni regionali, fornendo gli spazi (fisici e ideali) per aggregare quanti vorranno impegnarsi in questa prospettiva: creare un progetto, rappresentarlo anche nella contesa elettorale, concretizzarlo nella pratica. D’accordo ci sono molti aspetti da chiarire e approfondire, ma questa non è solo una provocazione: è una proposta da percorrere!
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Connessioni con altri articoli: Editoriale Franco Meloni https://www.aladinpensiero.it/?p=634; Editoriale Marco Meloni https://www.aladinpensiero.it/?p=423
Intervento Susanna Camusso CGIL e Marco Meloni Unica 2.0
Precarietà: da dove viene e dove va di Stefano Boi
Intervento Susanna Camusso Segretaria Nazionale CGIL
Intervento Marco Meloni Coordinatore Unica 2.0 Presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università di Cagliari
Evento promosso da Centro Studi CGIL SARDA Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni Università di Cagliari. Guarda i video degli interventi
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Susanna Camusso: ricostruiamo la cultura del lavoro
di Susanna Camusso *
… Non so come finirà il dibattito in Parlamento [sulla riforma del lavoro], ma io penso che questa discussione un merito lo ha avuto: dopo tanti anni siamo tornati a parlare di lavoro e all’insegna del lavoro come la questione fondamentale intorno alla quale si organizza il tempo che verrà. Invertire la rotta vuol dire appunto rimettere al centro e parlare del lavoro. “Un’altra vita è possibile” vuol dire ricostruire la cultura per cui il lavoro è fatto da persone, che come tali vanno rispettate e che sono quelle persone che hanno costruito ricchezza, perchè quelli che hanno pensato che la ricchezza non veniva dal lavoro hanno costruito la nostra nuova povertà e le nostre nuove disuguaglianze, mentre il lavoro nella sua storia ha costruito uguaglianza e nuovi diritti.
* tratto dall’intervento al Dibattito su “Precarietà: da dove viene e dove va”, presentazione del libro di Stefano Boi, tenutosi oggi 27 marzo presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Ateneo di Cagliari
Intervento di Marco Meloni
Precaria non è solo la tipologia di contratto di quasi 7 milioni di lavoratori e lavoratrici italiani, precaria è la loro vita, i loro progetti, la loro realizzazione, precaria è la loro idea di famiglia che non fanno altro che rimandare, precaria è l’aspirazione ad andar via dalla stanza in affitto, magari con contratto in nero, o dalla casa dei genitori, precario è il diritto ad una piena cittadinanza di tanti più o meno giovani in questo paese.
Un futuro precario verrebbe da dire, in realtà non sarebbe corretto, alla negazione dei progetti di domani si accompagna l’instabilità ed il disagio dell’oggi.
La flessibilità non può essere una risposta, non se prendiamo atto che sia una strada fallimentare già percorsa, non se ci soffermiamo a guardare dove essa ci abbia portato.
Non sono quelle poche tutele di chi è nel mondo del lavoro a tempo indeterminato a frenare l’ingresso dei giovani, delle donne e di tutti i disoccupati nel mondo del lavoro né tanto meno ad impedire che essi stessi abbiano delle tutele.
E badate bene che UniCa 2.0 – UDU Cagliari non rappresenta chi è già “dall’altra parte della staccionata” chi ha qualcosa da difendere. Gli studenti che credono e si riconoscono nel nostro progetto di rappresentanza studentesca stanno investendo se stessi e le risorse delle loro famiglie nella loro istruzione, stanno formandosi per un lavoro che spesso non c’è oggi e probabilmente non ci sarà domani.
Quando lavorano lo fanno in genere costretti da un sistema di Diritto allo studio vergognoso, incapace di applicare l’articolo 34 della Costituzione italiana che garantisce il diritto dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi (in Sardegna abbiamo l’importo delle borse di studio più basso d’Italia, i criteri di accesso più limitanti e nonostante questo l’ERSU Cagliari riesce a coprire solo poco più della metà degli idonei a ricevere la borsa).
Spinti da questa chiara violazione di diritto gli studenti finiscono in balia del lavoro nero o dei contratti più scapestrati: collaborazione occasionale, co.co.pro, co.co.co, e tanti altri sino ad arrivare alle false Partite IVA.
Questo per dire che anche per chi nel mondo del lavoro non riesce ad entrarvi, anche per chi è marginalizzato e costretto alle forme più dequalificanti, anche per chi sa che gli aspetta un futuro precario come il loro presente, la posizione è chiara:
l’articolo 18 non può essere svuotato del suo significato il licenziamento facile non è una ricetta per la crescita del nostro paese è la pietra tombale di un diritto al lavoro già fortemente indebolito negli ultimi decenni.
Non siamo d’accordo nel merito sulla proposta del Governo ma soprattutto non siamo d’accordo che questo sia posto come priorità nell’agenda del nostro paese.
Con una crisi imperversante, con l’impoverimento diffuso, con una disoccupazione giovanile ai massimi storici, in Sardegna soprattutto, con vertenze alle quali non si da la benché minima risposta, con l’Università e la scuola pubblica allo sfascio, private di risorse e aggiogate alle logiche aziendalistiche, non può essere la riduzione dei diritti dei lavoratori la priorità del nostro paese.
- Occorre piuttosto investire, e occorre farlo subito, sullo sviluppo, a questo paese serve creare lavoro e che esso torni ad essere la chiave di una crescita sostenibile, sia in termini sociali che ambientali. La flessibilità che ammiriamo in altri paesi sarà frutto di una sana e nutrita offerta di lavoro all’interno della quale sarà il lavoratore a scegliere.
- Occorre detassare il lavoro, ridurre il cuneo fiscale (nessuno ne parla più), al fine di tornare a vedere il lavoro ed i lavoratori come una risorsa e non solo come un costo. Le tasse sono linfa vitale per lo Stato sociale ma non è possibile che ricada tutto su chi lavora e produce e quasi nulla su chi guadagna con le speculazioni e con le rendite finanziarie.
Vergognoso è sentire che aumentando la tassazione dei capitali scudati, attualmente ad un misero 5%, si tradirebbe un patto sottoscritto dallo stato e vedere al contempo che non si ha però alcuna remora a tradire il patto sociale con i lavoratori del nostro paese.
- Prioritaria è la riduzione delle forme contrattuali, una giungla che inganna i lavoratori, soprattutto i più giovani e che consente la privazione di qualsiasi tutela.
Bisogna creare un sistema più chiaro che garantisca un contratto stabile a chi fa un lavoro stabile e un contratto subordinato a chi fa un lavoro subordinato; un sistema che, abrogate le forme di lavoro più precarizzanti, renda, per il datore di lavoro, il lavoro autonomo più costoso del lavoro subordinato e che imponga al lavoro discontinuo una maggiore retribuzione e insieme ad essa la previsione di tutte le tutele sociali in materia di malattia, maternità, previdenza e disoccupazione.
In questo capitolo non può essere inoltre da me trascurata la piaga degli stage utilizzati come lavoro gratuito al posto del lavoro contrattualizzato, essi insieme al praticantato dovrebbero essere strumenti di formazione e contatto con il mondo del lavoro, ma per evitare abusi servono regole e sanzioni per chi non le rispetta: gli stage devono essere rivolti a chi è inserito in percorsi di studio o li ha appena completati e devono prevedere un rimborso spese adeguato.
- Altrettanto necessario è operare subito sul sistema contributivo e pensionistico, perché i giovani precari di oggi non siano i vecchi poveri di domani. Serve un aumento delle retribuzioni che attualmente sfiorano o neanche raggiungono livelli di sussistenza, e al contempo occorre prevedere contestualmente da un lato una riduzione delle tasse sul lavoro e dall’altro un aumento dei contributi versati ai fini pensionistici. Ad ogni modo lo stato deve assicurare a tutti coloro che hanno lavorato una pensione che permetta una vita dignitosa.
Parentesi: Il sistema pensionistico può essere preso ad esempio per chiarire come la precarietà oltre a danneggiare i lavoratori che la subiscono danneggi il sistema paese: il calo della natalità e il ribaltamento della piramide demografica, frutto di un’assenza del concetto di futuro tra i nostri giovani, indispensabile per mettere al mondo dei figli, rischiano di compromettere la tenuta dell’INPS, il patto intergenerazionale, senza un’inversione di rotta, è destinato al collasso.
- Occorre infine battersi ed impegnarsi per porre fine alla ricattabilità costante nel posto di lavoro per i precari e perché i precari in prima persona possano avere voce in capitolo sulle condizioni di lavoro e sui contratti.
Per questo deve essere garantito il diritto di voto alle elezioni per le rappresentanze dei lavoratori nei luoghi di lavoro anche ai precari sia come elettorato passivo che attivo, per poter eleggere ed essere eletti. E insieme ad esso garantire i diritti sindacali, quali il diritto di sciopero, i permessi per le assemblee e tutti gli altri previsti nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
A questo però ritengo opportuno, proprio per rimarcare una visione generale e non settoriale, fare anche un passaggio che rimarchi l’importanza del sostegno alle giovani imprese: visti i tristi dati della disoccupazione, in Sardegna più che altrove, in particolare il nostro primato per la disoccupazione giovanile che si attesta al 40%, non è possibile immaginare che il lavoro del presente e del domani possa passare unicamente dalle aziende esistenti, purtroppo spesso in crisi. Serve quindi scommettere su nuovi progetti imprenditoriali e nuovi imprenditori, certamente non un salto nel buio, dietro il finanziamento e il supporto devono esserci idee concrete, studiate e percorribili. Ma altrettanto certamente occorre ripensare l’accesso al credito, non si può continuare a finanziare unicamente chi già possiede tanto e può offrire le garanzie necessarie che oggi le banche pretendono, dobbiamo premiare le buone idee, qualunque siano le condizioni economico-sociali di chi le propone. Indispensabile inoltre che il supporto finanziario non sia l’unico sostegno, parimenti importante è, infatti, l’accompagnamento della nuova impresa, dalla sua ideazione, alla sua realizzazione, al suo sviluppo e perché no alla sua maturazione anche sul campo dei diritti.
Ciò che ho provato ad accennare qui non è un progetto utopistico di paese, né tanto meno la richiesta che lo stato si accolli il nostro impegno o le nostre responsabilità.
Non ci vedrete mai chiedere un reddito per il solo fatto di esistere.
Noi chiediamo gli strumenti per prendere sulle spalle la nostra vita ed il nostro paese, noi chiediamo di rispettare il diritto allo studio quando studiamo, e di rispettare il diritto al lavoro quando siamo in età lavorativa e abbiamo concluso il nostro percorso di formazione.
Ci battiamo e ci batteremo per questo.
Marco Meloni, Coordinatore di UniCa 2.0
Intervento Susanna Camusso CGIL e Marco Meloni UNICA 2.0
Precarietà: da dove viene e dove va di Stefano Boi
Intervento Susanna Camusso Segretaria Nazionale CGIL
Intervento Marco Meloni Coordinatore Unica 2.0 Presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università di Cagliari
Evento promosso da Centro Studi CGIL SARDA
Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni Università di Cagliari
“Bisogna provare a fare imprese… non può che essere una buona palestra indipendentemente dal fatto che si abbia successo o meno…”
Intervista a Mario Mariani, The Net Value
di Alessandro Ligas
The Net Value è un Venture Incubator, una struttura che supporta le start-up del settore ICT & New Media nel loro difficile processo di crescita e contemporaneamente svolge attività di consulenza strategica per le imprese tradizionali che vogliono affrontare progetti digitali complessi.A Cagliari negli ultimi 15 anni sono nati importanti progetti di risalto nazionale ed internazionale legati al mondo ICT e New Media. Dal primo quotidiano online in Europa (l’Unione Sarda), al primo ISP su base nazionale (Video On Line), per finire con Tiscali. Possiamo dire che la zona Cagliari è “terreno fertile” per la nascita di imprese legate al mondo ICT e New Media. The Net Value si inserisce in questo contesto ed ha l’ambizione di giocare un ruolo di primo piano nel supporto allo sviluppo di queste Start Up digitali. All’interno di The Net Value, aldilà dell’attività tipica di consulenza direzionale, sono ospitate due tipologie di startup: la prima è quella di aziende che hanno un’aspettativa di crescita lineare ossia aziende che forniscono servizi all’interno ed all’esterno dell’ecosistema dell’incubatore e la seconda è relativa a quelle aziende che hanno un’aspettativa di crescita esponenziale. The Net Value ospita le prime ma investe nel capitale di rischio solo delle seconde. L’obiettivo di The Net Value è quello di rivendere le quote di partecipazione alla fine del percorso di crescita.
Un popolo di poeti – Parola e canto nella poesia italiana. Giovedì 29 a Manamanà
Nuova impresa: le istituzioni si coordino per fornire un servizio efficiente ed efficace per i giovani
di Aladin
Con legge 24 marzo 2012, n. 27, entrata in vigore il 25 marzo, è stato convertito il decreto-legge 1/2012, che, tra l’altro, contiene la norma per la costituzione delle “società a responsabilità limitata semplificata” (art. 3) pensata per favorire l’accesso alla nuova impresa dei giovani. Secondo detta legge entro il 25 maggio i ministeri competenti per materia (giustizia, economia, sviluppo economico) dovranno produrre uno “statuto standard della società” nonchè individuare “i criteri di accertamento delle qualità soggettive dei soci” delle medesime società.
La Cagliari che vogliamo. Interviste a Massimo Zedda e a Marco Meloni
In occasione dell’iniziativa di confronto con il Sindaco di Cagliari Massimo Zedda, organizzata da Unica 2.0, Aladin ha intervistato lo stesso Sindaco e Marco Meloni, coordinatore Unica 2.0 e Presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Cagliari.
Clicca qui per visionare i video delle interviste
I protocolli d’intesa? Un po’ di serietà, signori!
di Franco Meloni
Il mio amico Gianni Loy si arrabbia molto quando al ristorante chiede una gazzosa (o gassosa, ma a noi piace più gazzosa) e si sente rispondere dal cameriere “Va bene uguale una sprite?”. Gianni, giustamente, sostiene che la gazzosa è un’altra cosa: è vero ora, ma non come quanto “ai nostri tempi”. Ai nostri tempi la gazzosa aveva un qualcosa di speciale. Rappresentava certo l’effimero, il bel vedere delle bollicine, l’ingrediente giusto per addolcire le asperità della birra, ma soprattutto del vino spunto, vino sardo genuino ma spunto. Ai nostri tempi circolava una battuta surreale: “Ma che cos’è l’eternità davanti a una gazzosa Puddu!”. Puddu era allora una azienda locale che produceva e imbottigliava bevande, tra cui la famosa gazzosa, tanto mitica da farle scalare le vette del sublime. Insieme al benessere, effimero quanto si vuole, ma ricercato, anche perchè a buon prezzo, nel linguaggio dei cagliaritani la gazzosa oltre alla bevanda ha sempre rappresentato il concetto di superfluo anche se non d’inutile quando la parola si trasferisce in altri campi. Ne ricordo uno in particolare: quello dell’argomentare, dove “fare gazzosa” è quando si allunga il discorso con frasi e parole del tutto superflue rispetto alla comprensione dell’essenza del concetto che si rappresenta. Così, restando sul tema, il rettore Pasquale Mistretta amava definire “gazzosa” i protocolli d’intesa tra le organizzazioni, Università in primis, laddove due o più parti si impegnano solennemente a collaborare, s’impegnano ad impegnarsi insomma. In tali circostanze diceva il Rettore: abbiamo firmato un protocollo-gazzosa. Ma, si badi bene, questo non era e non è affatto una critica di inutilità e tantomeno di disprezzo di dette pratiche. La sentenza dell’utilità rimane infatti sospesa; il protocollo-gazzosa può in seguito anche dare buoni risultati, nella misura in cui alla gazzosa seguano fatti concreti auspicati o addiritura precisamente indicati nei documenti protocollari. In verità in diversi contesti di mia conoscenza quasi mai ai vari documenti, protocolli d’intesa, accordi quadro, etc, tra organizzazioni seguono fatti concreti. Troppo spesso l’unico fatto concreto è proprio il documento di accordo, magari siglato in pompa magna con dispendio di pubblicità mediatica. Domanda: “Finora cosa avete fatto?”; risposta: “Abbiamo siglato un protocollo d’intesa”. “E poi?”. “Boh! Si vedrà…”.
Per concludere, per ora, diciamo a quanti firmano protocolli d’intesa o documenti similari: un po’ più di serietà, signori!
COMITATO 16 NOVEMBRE ONLUS
COMUNICATO STAMPA
Aprile di lotta per i disabili gravi e gravissimi: malati di patologie neuromuscolari e simili, in particolare di Sclerosi Laterale Amiotrofica, sempre in prima fila per battaglie sulla dignità. Ancora non è stato distribuito un euro dei 100 milioni per la SLA che imperversa lo sciacallaggio i fondi. Il Ministro deve spiegarci una serie di cose: