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con la lampada di aladin sulla città
IN EVIDENZA. Domani conferenza stampa di presentazione del Laboratorio Politico “Cagliari Città Capitale”, con inizio alle 10.30 presso la sala Search del Comune di Cagliari (entrata largo Carlo Felice 2).
Le campagne elettorali hanno aspetti ambivalenti e contraddittori: da un lato sono occasioni di strumentalizzazioni di tutti i tipi, dall’altro costringono i cittadini e soprattutto le forze politiche a una disponibilità al dibattito. Tocca a noi, opinione pubblica, fornire un terreno di confronto che diminuisca i rischi del primo aspetto e consenta ai cittadini elettori di farsi un opinione di programmi e persone che li rappresentano, misurandone la credibilità. Altrimenti c’è la sfiducia e la conseguente diserzione delle urne, che, badate bene, fa premio a una classe politica il cui motto è diventato “meno siamo (gli elettori), meglio stiamo (gli eletti). Noi pratichiamo una linea virtuosa, quella della partecipazione popolare per la città di tutti. Ecco perchè pensando alle elezioni comunali di Cagliari del prossimo anno, prendendo atto che la campagna elettorale è ormai aperta, diamo spazio a un dibattito sulla città, senza limiti e pregiudizi o rispetto reverenziale per chicchessia.
Con queste motivazioni (e questa apertura che non prevede necessariamente adesione alle idee, tutte rispettabili, di quanti intervengono, purchè animatrici di senso critico) abbiamo pubblicato il 23 scorso un articolo di Paolo Fadda (ripreso da Sardinia Post del 20 giugno), intitolato: Cagliari e il mistero della borghesia scomparsa . Oggi pubblichiamo un articolo di Vito Biolchini, ripreso dal suo seguitissimo blog: Molentargius, rifiuti, Camera di Commercio, Tuvixeddu e Teatro Lirico: a Cagliari fare gli equilibristi non funziona più. Vito Biolchini su vitobiolchini.it. - segue -
Monumenti chiusi. Liberate la villa Pattarozzi!
Il declino di villa Pattarozzi. Ci vorrebbe un consistente restauro per riportarla agli antichi splendori e a un suo appropriato utilizzo, ma intanto liberatela da erbacce, zecche, ratti e altri ospiti indesiderati!
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Auspichiamo che quanto prima la villa possa essere restaurata e ricuperata alle sue funzioni (abitative o di rappresentanza). Ma, a quanto se ne sa – anche sulla base dell’articolo di Pietro Picciau su L’Unione Sarda, che abbiamo ripreso da ComuneCagliariNews.it – spetta ai proprietari privati intervenire. Intanto però è intollerabile lo stato di abbandono del giardino di pertinenza della villa, colonizzato da erbacce e, a quanto dicono gli abitanti delle case adiacenti, abitato da zecche, ratti e altri ospiti poco piacevoli. Sulla base della propria recente ordinanza il Sindaco deve intervenire per ingiungere ai proprietari di provvedere a che si facciano le pulizie del giardino, mettendolo in sicurezza rispetto ai pericoli di incendi. Nulla sappiamo delle condizioni della villa. A prescindere dai diritti di proprietà, la cittadinanza ha diritto di sapere e di verificare se la villa possa essere restituita al suo antico splendore, come sarebbe bene e giusto.
Fonte delle informazioni: L’Unione Sarda. Articolo ripreso da ComuneCagliariNews, 3 marzo 2014. LA CITTÀ DIMENTICATA. Erbacce e giardino in abbandono nella residenza (1897) del Corso. La progettò Dionigi Scano e vi soggiornò Tommaso Marinetti - segue -
karalisberlin VISIONI SARDE DA BERLINO. Sardegna – Berlino solo andata
Da oggi comincia una collaborazione con Aladinews il nostro amico Damiano, il quale pubblicherà riflessioni, interviste, immagini e così via sul suo blog “karalisberlin”, che saranno riprese in certa parte dal nostro sito. Buon lavoro a Damiano e pure a noi!
Da alcuni anni vivo con un piede su un’isola e un piede in una città. L’isola è la Sardegna, la città è Berlino.
In qualche modo la mia mente non riesce ancora a capire del tutto quando mi trovo in uno dei due posti. Sono diventato una fusione dei due mondi, un paesano con una certa apertura mentale, un Berliner con la mentalità provinciale.
Ci sono alcune cose che ho notato, da quando sono diviso tra questi due mondi, così splendidi in modi così diversi. (…) Continuate a seguirci su “karalisberlin”
Gli OCCHIALI di PIERO – SCUOLA di STORIA e di EDUCAZIONE CIVICA
CITAZIONE DELLA SERA
Venne un Demone al mio dormire e disse:
Studia. Quello che sai non basta mai.
(Piero Marcialis, 1986).
GIOVANNI DEXART
Cagliari gli ha dedicato una strada. Chi era costui?
Sarebbe facile dire che a fermare 100mila cagliaritani nessuno saprebbe rispondere. E se chiedessimo solo ai consiglieri comunali?
Oppure solo a chi insegna storia nelle scuole di Cagliari?
Sarebbe divertente…
Lo dico solo per sottolineare che nelle scuole sarde ci hanno obbligato a studiare qualunque oscuro personaggio della storia italiana e ci hanno imposto invece un assoluto silenzio sui nomi di persone che vediamo scritti, sì,sulle targhe delle strade, ma di cui niente si deve sapere.
Personaggi anche più grandi di Dexart: Angioy, Sulis, Cadeddu…
Giovanni Dexart nacque a Cagliari (sicuramente fu battezzato) il 22 ottobre 1590.
Giurista, capo consigliere di Cagliari nel 1626, autore di “Capitula sive Acta Curiarum regni Sardiniae” pubblicato a Cagliari nel 1645, citato centinaia di volte nella “Storia di Sardegna” del barone Giuseppe Manno.
Morì a Catanzaro, ove era stato mandato in missione per risolvere una delicata questione giudiziaria, il 18 dicembre 1646.
PEPPINO MAROTTO (a gentile richiesta)
Nato a Orgosolo nel 1925 a Orgosolo è morto “mortu bocìu sabudu su 29 de su mes’e idas de su 2007″. Ucciso a tradimento con sei colpi di pistola in pieno giorno in una via centrale e non si può sapere il nome dell’assassino.
A vent’anni si era iscritto al Partito Comunista, presente in tutte le iniziative di lotta e di contestazione della politica dello Stato italiano.
A 29 fu chiuso in carcere per 8 anni con l’accusa di tentato omicidio della quale si è sempre dichiarato innocente. Era un poeta, un uomo mite, ma attivo nelle lotte popolari, cantore di quelle lotte, sindacalista della Cgil, in quella stessa Orgosolo che lo ha visto nascere e lo ha visto morire.
Ho avuto il piacere di conoscerlo, una sera a Oristano, presentavo un libro “Su Patriotu sardu a sos feudatarios”, poema di Francesco Ignazio Mannu, inno della rivoluzione sarda, edizioni Condaghes. Era venuto da Orgosolo, lui era uno di quelli che aveva cantato spesso “Procurade ‘e moderare”, restammo a parlare sul modo migliore di proporlo in lettura e in canto.
Chi lo ha ucciso, per dispetto o per vendetta, ha fatto un torto a tutti noi, prima di tutto ai sardi e alla gente onesta di Orgosolo.
La TAVOLOZZA di LICIA
Il tempo da compiere, in Sardegna
Torno indietro di una decina di giorni, cercando tematiche da proporre in editoriali, come scrivessi sulla prima pagina di un giornale quotidiano. Oggi è l’8 maggio, parlerei delle dighe da svuotare, se un terremoto fosse in vista. E titolerei: ‘sono pazzi questi italiani’. Solo ieri l’aereo ha scaricato un’altra carrettata di mafiosi per le carceri appena aperte. La settimana scorsa è stata riportata da qualcuno dei media l’intenzione di mandarci scorie nucleari insieme a qualche nuova centrale. Appunto perché siamo ambiente non sismico. Non pensano mai a noi, perciò fanno delle cappellate. Meglio: quando ci pensano, è solo per fare i cavoli loro, assegnandoci i loro rifiuti, materiali o umani non importa. Che ci arrivano da ogni dove: carceri, industrie, impiegati pubblici, assicurazioni, persino la Chiesa con qualche suo vescovo.
Ma ieri è stato seppellito Giulio Andreotti e i grandi giornali hanno raccontato la brillantezza e le tenebre del personaggio. Vivente e lunga metafora sulle luci e sulle oscurità del potere. Nessuno si è chiesto come potesse fare quotidianamente la comunione uno che progettava delitti, persino sanguinosi, da affidare o gestire con la mafia. Nel tanto dibattere di crisi della politica e dei compiti dei rappresentanti del popolo i commentatori insistono sul servizio alla comunità. Trascurano, però, o affettano pudore quando si tratti di entrare nel merito di uno dei connotati più specifici della politica, il potere, la faticosa e complessa battaglia per la sua conquista ed, una volta conquistato, la fatica per difenderlo e mantenerlo. E, quindi, il suo esercizio al fine, nel migliore dei casi, di fermare il malaffare attraverso le leggi e di offrire soluzioni ai problemi. Eleonora d’Arborea, nella Carta de Logu, 1392, lo diceva così: ”raffrenare e contenere la prepotenza degli uomini iniqui e malvagi acciocchè i buoni, i puri e coloro che non commettono il male possano vivere e stare sicuri tra gli iniqui …’ Eppure la conquista e il mantenimento del potere nelle pur sgangherate istituzioni sarde evidenza e spiega tante delle ‘cose impossibili’ che non si riesce a risolvere: la libertà dell’insieme della classe politica sarda, l’unità dei movimenti sardisti ed indipendentisti, la difesa del patrimonio da destinare alla sovranità alimentare e al benessere paesaggistico, la valorizzazione in proprio delle nostre risorse …. E via elencando.
Con i monumenti aperti, la domenica 12 maggio, si conclude un ciclo di feste iniziato il 25 aprile. Feste civili e religiose, sarde e italiane, stanziali o in processione, a carattere istituzionale o a protagonismo di massa. Un formidabile concentrato di messaggi, potenziali fonti di valori per i feriali tempi della quotidianità. La libertà conquistata con il sangue e la lotta (la liberazione italiana e sa die), il sacrificio fino al martirio nella difesa degli ideali collettivi e personali (la resistenza e S. Efisio), la conoscenza e la valorizzazione degli spazi vissuti da chi ci ha preceduto (monumenti aperti). Nessuna notizia o riflessione ex-post ci ha spiegato perché nessuno del governo regionale partecipasse al ricordo della liberazione, perché sa die sia ritornata patrimonio della sola militanza culturale, perché ci si preoccupi che sant’Efisio resti spettacolo per turisti invece che la celebrazione della speranza nella storia, anche di fronte e dopo una terribile peste.
Non si riflette. Il popolo sardo sembra allo sbando. Chi dirige e rappesenta le sue istituzione non sa, non vuole, non è interessato. Al continuo farsi della storia della Sardegna. Così come i principali media quando raccontano la quotidianità della nostra vicenda: cronaca di sfigati (incidenti stradali, sul lavoro, inquinamenti, intemperie naturali, siccità … malattie di uomini e animali, …) e/o di delinquenti (bombe contro gli amministratori, rapine in crescita, … pubblica corruzione … e via politicizzando). Non esiste un fine, un tracciato, un popolo in cammino verso un dove. Sfruttati e/o abbandonati nella storia di altri.
Eppure abbiamo una natura speciale, qui non si danno terremoti. Una sensibilità per la cosa pubblica ha anticipato con i dieci referendum del 2012 delle decisioni istituzionali ancora da venire per lo Stato italiano. La coscienza di una nostra servitù derivata da quella dei partiti e del ceto politico si diffonde anche nelle località più lontane. I sei mesi che ci attendono rivelano capacità festive evidentemente espressioni di vitalità e di prospettiva. Non pochi tra i sardi amano la propria terra e stimano i propri concittadini. Noi tra essi.
Tempus de bennere, in Sardigna.
di Salvatore Cubeddu, 8 de maju 2013
Torrande in segus de deghe dies cricaus temas chi azuent a pentzare, comente feus candu iscrideus in sas primas pazinas de unu zornale. Oe est s’8 de maju, deo ja a foeddare de su chi si cherent faghere, de imbodiare sas digas, po su perigulu de unu terremoto. Su titulu dhu tenzo prontu: “custos italanos sunt macos!”. De su restu est ariseo chi unu aeroplanu si c’adat iscarrigau unu carru de mafiosos po sas prisones chi ant apertu de nou. Chida passada eus ischipiu chi caluncunu tenet s’intenzione de ponnere in domo nostra s’aliga nucleare cun calincuna zentrale. Ischidende ca non c’at perigulu de terremoto. A nois non pentzant mai, po custu faghent fesserias, pentzant solu a issos, a sa cunbenientzia issoro, a nois lassana s’aliga, de sas cosas e de sos omines. Aliga chi arribada a nois dae totue: prisones, industrias, publicos impresos, assicuratziones, finzas sos piscamos de sa Cresia.
Ariseo c’ant interrau a G. Andreotti e totu sos medios ant contau lughes e buju de sas fainas de s’omini. Figura vivente e malaitta de su cumandu. Nemos s’est domandau coment mai unu chi fiat donnia die sa comunione andaiat a pentzare malafatìas, bogande fintzas sambene, cun sa mafia. In su mentres semus arresonande de sa politica in crisi, sighimus a narrer ca su politicu depet essere de azudu a sa zente. E non teneus s’animu de narrer s’atera cosa zusta, ca sa politica est fintzas s’arte de comandare e ca po arribare e mantennere su cumandu sa zente si gherrat e bochit, mancare penzet a su bonu faghere e a difendere su bonu. Eleonora de Arborea – in sa Carta de Logu – dhu nariat in custu modu: … “sa superbia de sos reos e malvados hominis si infrenet e constringat, ad ciò qui sos bonos e puros et innocentes possant viviri e instari inter issos reos ad seguridadi …, premessa, 1392).
In Sardigna, sa gherra po arribare a cumandare ponnet in craru su chi non arrennesseus a faghere: a chi ponnere in sos zassos de importu zente libera, a faghere una fortza paris cun sardistas e indipendentistas, a defendere sos terrinos nostros po dhos arare e paschere in s’interessu nostru, po ndhe godire sa zente nostra e fizos nostros, cun sas bellesas e cun sos dannos.
In Casteddu, su 12 de maju, ant apertos sos monumentos, sighinde unu tempus de festa comintzadu su 25 de arbile. Festas ziviles e religiosas, sardas e italianas, bivias in logu serradu o in inghiriu, cun autoridades o a fainas de populu. Tantas ideas po bivere mezus sos tempos assutos e triballosos: sa libertade conchistada cun su sambene in sa gherras (sa liberazione italiana e sa die), su sacrifiziu e su martiriu (sa ‘resistenza’ e sa vida de sant’Efis), s’istima po sa terra chi si poderat.
A pustis de totu custu bividi, nemos at ispiegau poita non dhia fuit s’autoridade candu s’arregodaidat sa liberazione italiana, poita fuaus pagos liberos a pentzare a sa die, poita sa festa de sant’Efis paret chi srebada solu po ispantare sos turistas e non po faghere torrare s’isperu in s’istoria, a pustis de sos mares chi destruit s’omini e sa soziedade.
Non dhia pentzaus. Su populu sardu est che arbeghes chene pastore. Chie depet, non cheret, non ischet o pentzat a ateru. Sa vida de sos sardos non l’interessat. Gosinchi sos sardos sunt, po sos medios chi nos sighint, zente malafortunada o de malufaghere. Andaus faca su nudda, non b’at caminu, non teneus logu, non connoscheus sa terra chi si poderada. Isfrutados e abandonados in s’istoria de atere.
Epuru sa terra nostra non est comente sas ateras, non si movet comente cussas chi donnia tantu tenent terrmotos. S’annu passau eus votau po cambiare sas istitutziones, comente ancora non ant fatu in s’Italia. Fintzas in sas biddas prus pitias comintzant a comprendede ca sa zerachia nostra est cussa chi benit dai chie nos cumandat inoghe, zente nostra. Sa festas chi torrant narant ca seus bios e podeus essere cuntentos de bivere e comandare in terra nostra. Sa terra chi nois istimamus, impare cun sos paesanos nostros. Parte de nois. Cun totus.
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* Il tempo da compiere, in Sardegna (Salvatore Cubeddu), Cagliari 8 maggio 2013.
Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnaei nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.
Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :
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Gli OCCHIALI di PIERO
Olimpe de Gouges, Evita Peron, Cajkovskij, …
OLYMPE DE GOUGES
Nasce a Montauban il 7 maggio 1748. Si sposa nel ’65. Ha un figlio, Pierre, che diverrà generale della Repubblica. Presto vedova, si reca col figlio a Parigi. Qui si lega con un alto funzionario, ma rifiuta di sposarlo: “il matrimonio è la tomba dell’amore”, dice. Non esattamente una cortigiana, ha diversi amori che l’aiutano finanziariamente.