Editoriali
PACE. TACCIANO LE ARMI NEGOZIATO SUBITO!
Aderiamo, diffondiamo, ci impegniamo!
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TACCIANO LE ARMI NEGOZIATO SUBITO!
Verso una conferenza internazionale di pace
23 luglio giornata nazionale di mobilitazione per la Pace in tutte le città italiane
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L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa ed ha già fatto decine di migliaia di vittime e si avvia a diventare un conflitto di lunga durata con drammatiche conseguenze per la vita e il futuro delle popolazioni ucraine, ma anche per l’accesso al cibo e all’energia di centinaia di milioni di persone, per il clima del pianeta, per l’economia europea e globale.
Siamo e saremo sempre dalla parte della popolazione civile, delle vittime della guerra in Ucraina e dei pacifisti russi che si battono per porre fine all’aggressione militare.
Questa guerra va fermata subito e va cercata una soluzione negoziale, ma non si vedono sinora iniziative politiche né da parte degli Stati, né da parte delle istituzioni internazionali e multilaterali che dimostrino la volontà di cercare una soluzione politica alla crisi.
Occorre invece che il nostro paese, l’Europa, le Nazioni Unite operino attivamente per favorire il negoziato e avviino un percorso per una conferenza internazionale di pace che, basandosi sul concetto di sicurezza condivisa, metta al sicuro la pace anche per il futuro.
Bisogna fermare l’escalation militare. Le armi non portano la pace, ma solo nuove sofferenze per la popolazione. Non c’è nessuna guerra da vincere: noi invece vogliamo vincere la pace, facendo tacere le armi e portando al tavolo del negoziato i rappresentanti del governo ucraino, di quello russo, delle istituzioni internazionali.
La popolazione italiana, nonostante sia sottoposta a una massiccia propaganda, continua ad essere contraria al coinvolgimento italiano nella guerra e a chiedere che si facciano passi concreti da parte del nostro governo e dell’Unione Europea perché sia ripresa con urgenza la strada dei negoziati.
Questo sentimento maggioritario nel paese è offuscato dai media mainstream ed è non rappresentato nel Parlamento. Occorre dargli voce perché possa aiutare il Governo a cambiare politica ed imboccare una strada diversa da quella attuale.
Per questo – a 150 giorni dall’inizio della guerra – promuoviamo per il 23 luglio una giornata nazionale di mobilitazione per la pace con iniziative in tutto il paese per ribadire: TACCIANO LE ARMI, NEGOZIATO SUBITO!
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Per adesioni: segreteria@retepacedisarmo.org
Per comunicare le iniziative: https://sbilanciamoci.info/europe-for-peace/
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PRIME ADESIONI: l’elenco delle prime adesioni: https://sbilanciamoci.info/tacciano-le-armi-negoziato-subito/
Per adesioni: segreteria@retepacedisarmo.org
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Iniziative in Sardegna
Prepariamo la pace: giornata di mobilitazione nazionale il 23 luglio
13.07.22 – Redazione Pressenza Italia
Come Coordinamento provinciale di Cagliari PREPARIAMO LA PACE aderiamo all’ appello del cartello Europe for Peace e della Rete Pace e Disarmo che chiedono congiuntamente che l’Italia si impegni per un immediato cessate il fuoco nella guerra in Ucraina e affinché vengano avviati negoziati verso una conferenza internazionale di pace e dichiarano il 23 luglio giornata nazionale di mobilitazione per la pace in tutte le città italiane.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa: ha già prodotto decine di migliaia di vittime, minacciando ulteriori drammatiche conseguenze per la vita e il futuro delle popolazioni civili coinvolte, ma anche per l’accesso al cibo e all’energia di centinaia di milioni di persone, per il clima del pianeta, per l’economia europea e globale.
Noi siamo dalla parte delle vittime della guerra in Ucraina e dei pacifisti russi che si battono per porre fine al conflitto militare. Siamo contro l’invio di armi, perché allontanano la pace, aumentando il numero delle vittime.
Non c ‘è nessuna guerra da vincere: noi invece vogliamo vincere la pace, facendo tacere le armi e portando al tavolo del negoziato i rappresentanti del governo ucraino, di quello russo, delle istituzioni internazionali.
La popolazione italiana, nonostante sia sottoposta a una massiccia propaganda da parte della stragrande maggioranza dei media, continua ad essere contraria alla guerra e favorevole al negoziato. A questo la società civile sarda aggiunge la propria indisponibilità ad offrire ampi pezzi del proprio territorio alla preparazione bellica e chiede la sospensione delle esercitazioni e la dismissione dei poligoni militari presenti in Sardegna e la cessazione della produzione di ordigni nella fabbrica RWM di Domusnovas-Iglesias.
Per questo, a oltre 150 giorni dall’inizio della guerra, promuoviamo per il 23 luglio una giornata di mobilitazione a Cagliari in Piazza Garibaldi dalle ore 19,00, in concomitanza con le altre piazze a livello nazionale.
TACCIANO LE ARMI, NEGOZIATO SUBITO!
Al Coordinamento aderiscono:
Comitato sardo No armi-Trattativa subito, Assotziu Consumadoris Sardigna, Confederazione Sindacale Sarda, Cunfederazione Liberos Massaios e Pastores Sardos, Ufficio Studi G. M. Angioy, CASCOM Impresas de Sardigna, ANPI Provincia di Cagliari, Unione Sindacale di Base, Cagliari Social Forum, Cobas Scuola Cagliari, Società della Cura, Movimento Decrescita Felice, ASCE, La Collina, Ambulantando, Movimento Nonviolento Sardegna, Chiesa Ortodossa Italiana, Tavola Sarda della Pace, Amici Pax Christi, ACLI, Comitato Riconversione RWM, Sarditinera Onlus, Comunità i Pani delle Rose, Assemblea Permanente Villacidro, Potere al Popolo, Assemblea per la Democrazia Energetica in Sardegna – ADES, Legambiente Sardegna, Il Manifesto Sardo, ARCI, Associazione Culturale Antonio Gramsci Cagliari, “Biblioteca L’albero del Riccio” Cagliari, Sinistra Autonomia Federalismo, Associazione Italia Cuba Circolo Jose Marti Sinnai, Sardegna Palestina, Comitato Spontaneo di Autodifesa “Sa Defenza”, Democraziaoggi, Aladinpensiero
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Newsletter n.269 del 13 luglio 2022
COL VANGELO, LA POLITICA, IL DIRITTO
Cari amici,
di fronte all’inaudito dolore di un affrontamento in Europa che avevamo scongiurato, di un ritorno alla guerra che avevamo ripudiato, di una alleanza militare nata come “difensiva e geograficamente limitata” che ora dichiara guerra al mondo; di fronte a un ripristino della cortina di ferro che era stata rimossa, di fronte a una cacciata tra i paria della Terra di una civiltà russa che avevamo amato e al preannuncio di uno scontro finale con la Cina incurante di una possibile fine della storia, dobbiamo più che mai abbracciarci al Vangelo che proclama e rende possibile l’amore dei Nemici, e fa dello straniero il nostro prossimo; dobbiamo realizzare la profezia dello scioglimento delle alleanze armate di parte e della loro conversione in una nuova alleanza umana universale di pace, dobbiamo innalzare la politica come strumento non violento, alternativo alla guerra, (e non certo “fondamento” del politico) messo nelle mani dell’uomo per governare la Terra e garantire beni e diritti ai popoli.
Dopo il vertice della NATO a Madrid, tappa ulteriore della insensata corsa verso il nulla, mentre il telescopio spaziale quasi ci mostra il creato al suo sorgere miliardi di anni fa ad opera dell’Amore e della Sapienza divina, vogliamo annotare due cose.
La prima riguarda la Cina, nelle meravigliose parole con cui è stata evocata da papa Giovanni XXIII nella cerimonia dell’invio dei ceri il 2 febbraio 1963: “I grandi popoli dell’Asia Centrale e dell’Estremo Oriente, le cui luci di civiltà conservano indubbie tracce della primitiva divina rivelazione, saranno chiamati un giorno dalla Provvidenza — Noi lo avvertiamo come voce arcana dello spirito — a lasciarsi penetrare dalla luce del Vangelo, che fiammeggiò dai lidi di Galilea, aprendo il libro della nuova storia non di un popolo, o di un gruppo di nazioni, ma di tutto il mondo”.
La seconda riguarda la irrinunciabile opzione della politica per la liberazione dell’uomo, quale è stata espressa da Claudio Napoleoni, che ricordiamo in questi giorni nel 34° anniversario della sua morte (31 luglio 1988). Per lui la politica non aveva nulla a che fare con le competizioni di potere, ma era intesa in modo alto, come sforzo di interpretazione della realtà nella sua interezza e come realizzazione di un obiettivo generale, comprensivo, avente a che fare con la condizione e il destino dell’uomo sulla terra. Nel 1986, in un convegno a Cortona sul tema dell’uscita dal sistema di dominio e di guerra, a Giulio Girardi che gli domandava dove si collocava quando parlava del riscatto dei Paesi del Terzo Mondo, egli rispondeva che il luogo da cui tentava di parlare non era il luogo accademico che gli derivava dalla sua professione, e nemmeno il luogo geopolitico del privilegio, ma era il luogo della politica qui in Occidente, sapendo che se non si vince il dominio, l’alienazione, la guerra che sono annidati al centro del sistema, la liberazione dei popoli (tutti) è destinata a fallire. E aggiungeva: “Io non avrei mai in vita mia affrontato una questione teoretica se non fossi stato spinto a farlo da un interesse politico. Io ho cominciato a ragionare, e ho affrontato le questioni teoretiche solo perché mi consentivano di capire meglio la politica, e posso dire che questa forza che ha avuto la politica come luogo in cui stare e da cui parlare, è naturalmente derivata dal fatto che essa era concepita come lo strumento di una liberazione”.
Che cosa deriva per un soggetto come “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” da queste due cose? La prima è che dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per impedire la guerra con la Cina. La seconda è che dobbiamo produrre e determinare una politica capace di rovesciare il corso degli eventi. A tal fine dovremmo operare sull’unico soggetto “sovrano” che è alla portata della nostra azione, che è il nostro Paese, l’Italia. Si potrebbe con un’iniziativa popolare forzarlo con vincolo costituzionale a operare perché il ripudio della guerra in tutte le sue forme, comprese le sanzioni e ogni altra modalità di genocidio, sia fatto proprio da tutti gli Stati della Terra a cominciare dalla definitiva abolizione e interdizione delle armi nucleari e delle altre armi di distruzione di massa. Il nostro Paese dovrebbe riproporre altresì il sistema di sicurezza collettivo previsto dalla Carta dell’ONU con il conseguente superamento delle alleanze militari di parte, propugnare una riduzione graduale e concordata delle spese militari nonché della fabbricazione e del commercio di tutti gli armamenti. L’Italia dovrebbe considerare sua patria la Terra, suo sacro dovere difenderla, suo compito arginare un uso delle risorse lesivo dell’ambiente naturale, suo obiettivo ripristinare l’equilibrio ecologico e salvaguardare le specie viventi. Questa spinta politica si potrebbe esercitare tramutandosi in dovere costituzionale, mediante la promozione dal basso di uno o più emendamenti aggiuntivi, simili a quelli aggiunti alla Costituzione americana, alla XVIII disposizione transitoria e finale della Costituzione repubblicana, che resterebbe pertanto immutata nella sua lodata bellezza.
Tutto ciò si potrebbe discutere in una nuova assemblea di Chiesa di tutti Chiesa dei poveri, in unione fraterna con altri soggetti a ciò disponibili.
Nel sito pubblichiamo un articolo di Stephen Bryen sul fabbisogno di armi per tutte le guerre che si vogliono fare e un articolo di Domenico Gallo sullo snaturamento della NATO che ha adottato a Madrid un nuovo “concetto strategico” aggressivo.
Con i più cordiali saluti
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
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UCRAINA: I CORPI CIVILI DI PACE ACCANTO ALLA RESISTENZA
12 Luglio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem
Un’intervista di Andrea Tornielli a Lucio Caracciolo per l’Osservatore Romano: “Lavorare subito per un cessate il fuoco tra Russia e Ucraina”. Marco Bentivogli, “I corpi civili di pace accanto alla resistenza” (Domani). Daniele Raineri, “Al fronte in Ucraina poveri e giovanissimi. Così Putin recluta i suoi ‘volontari’” (Repubblica). Micol Flammini, “La guerra lunghissima”, colloquio con il leader ceceno in esilio Akhmed Zakayev (Foglio). Ezio Mauro, “Le due guerre di Putin” (Repubblica). Agostino Giovagnoli, “Il realismo della pace” (Avvenire). Angelo Panebianco, “La Russia e le nostre élite” (Corriere della sera). Uski Audino, “Berlino alla canna del gas” (La Stampa). Tonia Mastrobuoni, “Stop del gas russo. L’Europa prepara i razionamenti” (Repubblica). Claudio Tito, “Ue, l’urgenza di decidere sul gas” (Repubblica). INOLTRE: Maurizio Vaudagna, “La nuova guerra civile americana” (rivista il mulino).
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Estate 2022
TACCIANO LE ARMI NEGOZIATO SUBITO!
Aderiamo, diffondiamo, ci impegnamo!
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TACCIANO LE ARMI NEGOZIATO SUBITO!
Verso una conferenza internazionale di pace
23 luglio giornata nazionale di mobilitazione per la Pace in tutte le città italiane
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L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa ed ha già fatto decine di migliaia di vittime e si avvia a diventare un conflitto di lunga durata con drammatiche conseguenze per la vita e il futuro delle popolazioni ucraine, ma anche per l’accesso al cibo e all’energia di centinaia di milioni di persone, per il clima del pianeta, per l’economia europea e globale.
Siamo e saremo sempre dalla parte della popolazione civile, delle vittime della guerra in Ucraina e dei pacifisti russi che si battono per porre fine all’aggressione militare.
Questa guerra va fermata subito e va cercata una soluzione negoziale, ma non si vedono sinora iniziative politiche né da parte degli Stati, né da parte delle istituzioni internazionali e multilaterali che dimostrino la volontà di cercare una soluzione politica alla crisi.
Occorre invece che il nostro paese, l’Europa, le Nazioni Unite operino attivamente per favorire il negoziato e avviino un percorso per una conferenza internazionale di pace che, basandosi sul concetto di sicurezza condivisa, metta al sicuro la pace anche per il futuro.
Bisogna fermare l’escalation militare. Le armi non portano la pace, ma solo nuove sofferenze per la popolazione. Non c’è nessuna guerra da vincere: noi invece vogliamo vincere la pace, facendo tacere le armi e portando al tavolo del negoziato i rappresentanti del governo ucraino, di quello russo, delle istituzioni internazionali.
La popolazione italiana, nonostante sia sottoposta a una massiccia propaganda, continua ad essere contraria al coinvolgimento italiano nella guerra e a chiedere che si facciano passi concreti da parte del nostro governo e dell’Unione Europea perché sia ripresa con urgenza la strada dei negoziati.
Questo sentimento maggioritario nel paese è offuscato dai media mainstream ed è non rappresentato nel Parlamento. Occorre dargli voce perché possa aiutare il Governo a cambiare politica ed imboccare una strada diversa da quella attuale.
Per questo – a 150 giorni dall’inizio della guerra – promuoviamo per il 23 luglio una giornata nazionale di mobilitazione per la pace con iniziative in tutto il paese per ribadire: TACCIANO LE ARMI, NEGOZIATO SUBITO!
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Per adesioni: segreteria@retepacedisarmo.org
Per comunicare le iniziative: https://sbilanciamoci.info/europe-for-peace/
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PRIME ADESIONI (aggiornamento al 5 luglio)
Rete Italiana Pace e Disarmo
Accademia apuana della pace – ACLI – AGESCI – ALTROMERCATO – Ambasciata democrazia locale – ANSPS – AOI – Associazione di cooperazione e di solidarietà internazionale – Archivio Disarmo – ARCI – ARCI Bassa Val di Cecina – ARCI Servizio Civile aps – ARCS – Associazione Papa Giovanni XXIII – Associazione per la pace – AssopacePalestina – AUSER – Beati i costruttori di Pace – Casa per la pace di Modena – CDMPI – Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale – Centro Studi Difesa Civile – Centro Studi Sereno Regis – CGIL – CGIL Padova – CGIL Verona – CIPAX – CNCA – Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della FCEI – Conferenza degli Istituti Missionari in Italia – Coordinamento Comasco per la Pace – Coordinamento pace in comune Milano – Emmaus Italia – FIOM-Cgil – FOCSIV – Fondazione Angelo Frammartino – Fondazione Finanza Etica – Forum Trentino per la Pace e i diritti umani – Gruppo Abele – IPRI – rete CCP IPSIA – Lega per i diritti dei popoli – Legambiente – Libera – Link – coordinamento universitario – Link2007 cooperazione in rete – Lunaria – Movimento europeo – Movimento Internazionale della Riconciliazione – Movimento Nonviolento – Nexus Emilia Romagna – Noi Siamo Chiesa – Opal Brescia – Pax Christi Italia – Percorsi di pace – Rete degli studenti medi – Rete della conoscenza – Tavola sarda della pace – U.S. Acli – UDS – UDU – Un ponte per… – Ventiquattro marzo, Aladinpensiero, il manifesto sardo, Democraziaoggi, Comitato sardo No armi-Trattativa subito, Campagna Sbilanciamoci!, ActionAid, ADI–Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani, Altreconomia, Altromercato, Antigone, ARCI, ARCI Servizio Civile, Associazione Obiettori Nonviolenti, Associazione per la Pace, Beati i Costruttori di Pace, CESC Project, CIPSI–Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale, Cittadinanzattiva, CNCA–Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’Acqua, Comunità di Capodarco, Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia, Crocevia, Donne in Nero, Emergency, Emmaus Italia, Equo Garantito, Fairwatch, Federazione degli Studenti, Federazione Italiana dei CEMEA, FISH–Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, Fondazione Finanza Etica, Gli Asini, ICS–Consorzio Italiano di Solidarietà, Legambiente, LINK Coordinamento Universitario, LILA–Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids, Lunaria, Mani Tese, Medicina Democratica, Movimento Consumatori, Nigrizia, Oltre la Crescita, Pax Christi, Reorient Onlus, Rete Universitaria Nazionale, Rete degli Studenti Medi, Rete della Conoscenza, Terres des Hommes, UISP–Unione Italiana Sport per Tutti, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari, Un ponte per…, WWF Italia, #StopTheWarNow
Comunità Papa Giovanni XXIII, Pro Civitate Christiana, FOCSVI, AOI Cooperazione e solidarietà internazionale, Rete Italiana Pace e Disarmo, Libera contro le Mafie, ARCI, ARCS, ARCI Solidarietà, Insieme verso Nuovi Orizzonti, Forum Terzo Settore, Paxchristi Italia, Beati i costruttori di pace, ACMOS, Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, Un ponte per, Fair Watch, COSPE, Gruppo Abele, Terre des Hommes, Mediterranea, CEFA, AVIS, CGIL Nazionale, Fondazione RUT, G.A.V.C.I., CELIM, Per un nuovo welfare, RESQ – People saving people, Come Pensiamo – Etnografia e Formazione, Portico della Pace, M.I.R. Movimento Internazionale della Riconciliazione, 6000 Sardine, Movimento Nonviolento, Movimento dei Focolari – Italia, Nove Onlus, Centro Studi Sereno Regis, Emmaus Villafranca, CulturAmbiente, Agronomi Forestali Senza Frontiere, Serviens in spe, Associazione Iqbal Masih OdV, CEDEUAM – Università del Salento, Centro Pace, Ecologia, Diritti Umani – Rovereto, Extinction Rebellion, Albero di Cirene OdV, FMSI, Gioventù Federalista Europea, Casa dei Diritti sociali – Valle dell’Aniene, Associazione sulle Orme OdV, ECPAT Italia, Legambiente Airone APS, CIPAX, Associazione il Manifesto in rete, Hiroshima Mon Amour, IED, PACHAMAMA, Associazione Onlus Lumbe Lumbe, Comunità dell’Arca, CESC Project, Fondazione Arché, Cooperazione Internazionale Sud Sud (CISS), Comitato Riconversione Rwm, Italia che Cambia, IRIAD, Medicus Mundi Italia, New Humanity, Rete Welcoming Asti, APRED, Istituzione Teresiana Italia, Sale della Terra, Piccoli Comuni del Welcome, Fondazione Capodanno in Paradiso, Una Proposta Diversa, Manifattura Saltinbanco, Associazione Mare Aperto, Movimento di Volontariato Italiano, Slaves No More, ProgettoMondo, Raccontincontri, Radio Popolare, La Coperta di Yusuf – Ponente Ligure, Social Street fornaci, Terzo Millennio, Laici Missionari Comboniani, ASC Aps, Associazione Sentieri di Pace, Libera Voce, Vite in Transito – Associazione multiculturale Onlus, AFL, Comunità Cristiane di Base Italiane, Consiglio Nazionale dei Giovani, Mondo di Comunità e Famiglia, Vittoria, Associazione Giovanni Paolo II, Cooperativa sociale Terra dei Miti, Il Sogno Cooperativa Sociale, AMMP – Associazione Maria Madre della Provvidenza, Agency for Peacebuilding, Socie e Soci di Bancaetica Verona, MOCI, CSVnet, La Voce, Consorzio ONG Piemontesi, NOVA OdV, CNESC, UILDM, International Action, Giuristi Democratici, World Union of Catholic Women’s Organization (WUCWO), ADL Zavidovici, Altreconomia, Parco di Monte Menola Pontecorvo, Federazione Nazionale Pro Natura, I Ricostruttori nella Preghiera, UISP APS, Lucy Associazione, Marche Solidali, Rivolti ai Balcani, WWF Sicilia Centrale, Forum Antirazzista Palermo, Associazione Forneletti, Volontari nel Mondo RTM, Namasté, Amici dei Popoli, Gruppo Trans, AEres Venezia per l’altraeconomia, Popoli Insieme, CONSCOM, Fondazione Amore Libertà, Solidarietà Alpina, Nigrizia, Circolo Laudato Sì – Milazzo, Matumaini Speranza Onlus Associazione di Solidarietà, ForumSaD, AGESCI Zona Valdarno – Toscana, UniTwin – Cattedra UNESCO “Diritti Umani, Democrazia e Pace” – Università degli Studi di Padova, Sapori Reclusi, Centro di Ateneo per i diritti umani Antonio Papisca, Circolo Laudato Sì – Pontedera – Valdera, Solidarietà Vigolana, IR, Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, Mani Tese – Vico Equense, Il Colibrì Monselice, Associazione di ricerca e sostegno alla società civile afgana, Tavolo della Pace – Carugate, CISV, Luce e Vita, Fondazione Romano Cagnoni, OK! Mugello, Il Tulipano Bianco, Forgat Odv, Pace Disarmo Coordinamento Provinciale di Belluno, AES-CCC Organismo di Cooperazione Internazionale, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Mondo di Comunità e Famiglia, Fair, Gruppo Solidarietà, 99 percento, NEXUS Emilia Romagna, Semi di Pace, Parallelo Associazione Culturale, Fondazione Ebbene, Mondo Roverso, To the border, MOCI Cosenza, Tavola della Pace e della Cooperazione, Fondazione Punto Missione ONLUS, Comune Info, MAG, Marco Mascagna, Benvenuti in Italia, Ukrainian Education Platform, Leadership and Ministry, Caritas-Lviv UGCC
ANPI
Associazione Salviamo la Costituzione Casa Internazionale delle Donne Centro per la Riforma dello Stato Cospe
Fondazione Lelio e Lisli Basso
Movimento dei Focolari Italiani Associazione Paese Reale Baobab Experience
UP – Su la testa
Portico della Pace di Bologna
Oltre il Pregiudizio per i Diritti Umani aps Campagna Oltre il Pregiudizio Liberacittadinanza
La Casa dei Diritti Sociali della Valle dell’Aniene Arci Servizio Civile Pisa Aps
ASC Pontedera
Arci Servizio Civile Toscana APS
WILPF Italia
Anpi Vittorio Veneto
Circolo Culturale ARCI Rossi da Brodo APS Comitato ‘Fermiamo la guerra’
MAG4 Piemonte s.c.
La Rete Antirazzista di Firenze
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DIBATTITI: CATTOLICI E POLITICA / LEGGE ELETTORALE / CITTADINANZA
10 Luglio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
La redazione di Settimana news riprende l’articolo di Marco Damilano e apre un nuovo dibattito: “I cattolici e la politica”. Giuseppe De Rita, “L’eredità di noi ottantenni? La fede nella nostra società” (Corriere della sera). Maurizio Ferraris, “L’umanità delle macchine” (La Stampa). GOVERNO/PARTITI: No comment su Barbara Spinelli: “Conte e il partito unico” (Il Fatto). Monica Guerzoni, “Conte: il tema è ‘quando’ uscire, non restiamo a farci schiaffeggiare” (Corriere della sera). Marcello Sorgi, “Un anno di fallimenti per i partiti” (La Stampa). Giorgio Pogliotti, “Salario minimo, CIG, tagli al cuneo. Draghi riparte dalla politica dei redditi” (Sole 24 ore). Lucia Annunziata, “Landini: il premier ci asciolti o in autunno l’Italia esploderà” (La Stampa). LEGGE ELETTORALE: Alessandro Di Matteo, “Riapre il cantiere della legge elettorale. Ma l’ipotesi fa arrabbiare i 5 Stelle” (La Stampa). Roberto Gressi, “Le mosse e i calcoli incrociati sulla legge proporzionale” (Corriere della sera). Roberto D’Alimonte, “Riforma elettorale, il nodo delle soglie” (Sole 24 ore). Sonia Ricci, “Il Pd usa la legge elettorale per smarcarsi da Conte” (Domani). Salvatore Vassallo, “I dem, i 5 stelle e il proporzionale con il premio di maggioranza” (intervista a Il Dubbio). Alessandra Ghisleri, “Se si votasse ora vincerebbe il centrodestra” (La Stampa). CITTADINANZA: Giorgia Serughetti, “La cittadinanza non è un privilegio legato alla nascita ma un diritto” (Domani). IMMIGRAZIONE: Flavia Amabile, “Migranti. Lampedusa, l’hot spot della vergogna” (La Stampa). Roberto Volpi, “I flussi intelligenti” (La Lettura). Andrea Riccardi, “Ci svegliamo solo con gli sbarchi d’estate. Ora la sfida è regolarizzare gli invisibili” (intervista a La Stampa). Francesca Paci, “Migranti, siamo davvero al limite?” (La Stampa). Maurizio Ambrosini, “Tutto il deludente pragmatismo dell’abbraccio Draghi-Erdogan” (Avvenire). Gianfranco Schiavone, “L’Europa fortezza feroce. Lungo i suoi confini muri, morti e violenza” (Il Riformista).
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ISTAT. RAPPORTO 2022 SUI DISAGI DEL PAESE
10 Luglio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem
Un estratto, in dieci pagine, della sintesi del Rapporto Istat 2022. Il Rapporto in pillole. A questo link del sito Istat si possono vedere grafici e l’intero Rapporto. Alcuni commenti: Chiara Saraceno, “L’Italia povera dell’Istat e la sfiducia dei cittadini” (La Stampa). Francesco Manacorda, “Lavoro e inflazione. Spinta per l’equità” (Repubblica). Maria Cecilia Guerra, “Il Paese che ipoteca il futuro dei giovani” (La Stampa). Carlo Trigilia, “La povertà si combatte cambiando il welfare” (Domani). Alessandro Rosina, “Lavoro ai giovani del Sud o tra due anni Italia finita” (intervista al Mattino). Mauro Magatti, “I giovani lontani dal lavoro, brutto segnale per il futuro. Il paese rischia il default” (intervista al Mattino). Francesco Seghezzi, “I problemi del mercato del lavoro vanno oltre il reddito di cittadinanza” (Domani). Lina Palmerini, “Tanti candidati a rappresentare i numeri Istat del disagio” (Sole 24 ore). E’ il caso di provare a consolarci con Roberto Napoletano, “L’autostima che manca al Paese” (Il Quotidiano del Sud).
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Estate 2022: siamo in pausa, ma aperti e attivi per le urgenze!
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Che succede? Estate
——Anche se non si vede siamo in ferie estive!—-
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I NOVE PUNTI DEL DISAGIO GRILLINO. COSTITUZIONE TRADITA?
9 Luglio 2022 su C3dem
Stefano Folli, “Verso l’autunno degli scontenti” (Repubblica). Giuseppe Conte, “La comunità 5 Stelle è già fuori. Da Draghi risposte entro luglio” (intervista a Il Fatto). Tommaso Ciriaco, “Via a settembre, l’idea dell’avvocato” (Repubblica). Lisa Di Giuseppe, “Il M5S vota la fiducia sul decreto Aiuti. La crisi si sposta al Senato” (Domani). Gad Lerner, “Conte-Draghi, i guai veri sono povertà e riarmo” (Il Fatto). Emanuele Buzzi, “’Non siamo pagliacci’. L’aut aut dell’ex premier” (Corriere della sera). Simone Canettieri, “Conte nella pressa tra grillini scatenati, Mattarella e gli americani” (Foglio). Lina Palmerini, “L’esile filo di Conte nella partita con Draghi e Letta” (Sole 24 ore). Marcello Sorgi, “Conte-Draghi, incontro inutile. L’implosione 5stelle più vicina” (La Stampa). “I 9 punti del ‘profondo disagio’ grillino” (Avvenire). Su Domani due diverse interpretazioni dei “9 punti” di Conte: Salvatore Vassallo, “Il programma elettorale del capo partito Conte” (Domani) e Piero Ignazi, “La svolta laburista dei Cinque stelle può aiutare il Pd” (Domani). Renato Brunetta, “Il campo largo? Quello di Draghi” (Foglio). PROPORZIONALE: Cirino Pomicino e replica di Claudio Cerasa, “Una nuova legge elettorale? Il problema ora è tutto nel Pd” (Foglio). Giovanna Casadio, “Legge elettorale, una bozza c’è. Pd e Lega aprono ilo cantiere per il proporzionale ‘corretto’” (Repubblica). COSTITUZIONE: Michele Ainis, “Carta violata” (The Post Internatiional). Anna Ditta, “I 15 principi traditi della Costituzione” (TPI). Lorenza Carlassari, “Principi calpestati, è colpa della politica” (intervista a TPI). Stefano Ceccanti intervistato da Luca Telese, “Abbiamo tradito la Costituzione? Sì o no?” (TPI). IMMIGRAZIONE: Andrea Riccardi, “Ci svegliamo solo con gli sbarchi d’estate. Ora la sfida è regolarizzare gli invisibili” (intervista a La Stampa). Francesca Paci, “Migranti, siamo davvero al limite?” (La Stampa). Maurizio Ambrosini, “Tutto il deludente pragmatismo dell’abbraccio Draghi-Erdogan” (Avvenire). Gianfranco Schiavone, “L’Europa fortezza feroce. Lungo i suoi confini muri, morti e violenza” (Il Riformista). Anna Granata, “La trappola della somiglianza frena la riforma della cittadinanza” (Domani).
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ESPERIMENTI DI PACE DELLA SOCIETA’ CIVILE. LA FARFALLA NORVEGESE
8 Luglio 2022 su C3dem
Emanuele Giordana, con onestà, fotografa i diversi volti del pacifismo italiano: “La guerra e l’impervia strada della pace” (Manifesto). Matteo Marcelli racconta l’iniziativa di pace dal basso condotta da associazioni italiane ed europee in sostegno a Kiev: “La società civile in campo” (Avvenire). UCRAINA/RUSSIA: Marta Serafini, “Putin: ‘Non abbiamo ancora iniziato’” (Corriere della sera). Marta Ottaviani, “Individuati i centri dei bambini deportati” (Avvenire). Federico Bosco, “I tempi di Putin” (Foglio). Mara Morini, “Le sanzioni e la crisi non bastano per scatenare la rivoluzione russa” (Domani). Fulvio Scaglione, “Kirill e la guerra parallela” (Avvenire). Don Stefano Caprio (docente di Storia e cultura russa): “La ‘symphonia’ bizantina di Putin e Kirill per dare un’intonazione apocalittica e metafisica alla guerra” (Scenari/Domani). Ernesto Galli Della Loggia, “La storia riscritta da Putin con disprezzo della verità” (Corriere della sera). Gael Giraudo, gesuita ed economista francese, intervistato da Andrea Tornielli: “Negoziato o sarà distruzione totale” (vatican news). Lo svedese Pierre Schori, “L’adesione alla Nato vergognosa e antidemocratica” (Manifesto). Raniero La Valle, “La Terza Alleanza” (chiesa dei poveri). Etienne Balibar, Silvia Federici, Michael Lovy, “Il nuovo disordine mondiale discusso da tre marxisti” (Manifesto). Gustavo Zagrebelsky intervistato da Silvia Truzzi, “I signori della guerra giocano con le vite altrui” (Il Fatto). Matteo Matzuzzi, “L’Osservatore Romano diventa un blog: libere opinioni sulla guerra” (Foglio). EUROPA: Marco Bresolin, “Gas e nucleare tra gli investimenti verdi. L’Ue: pronti per lo stop totale di Mosca” (La Stampa). Davide Tabarelli, “La farfalla norvegese” (La Stampa). MONDO: lo storico William Dalrymple, intervistato da Enrico Franceschini: “Perché il futuro è dell’India” (Repubblica). Paul Krugman, “Verso l’apocalisse ambientale” (La Stampa).
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Appuntamenti
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Anche se non si vede siamo in clima di pausa estiva!
Che succede?
SE DRAGHI DIVENTA UN BERSAGLIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE
6 Luglio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem
Riccardo Luna, “La giustizia climatica” (Repubblica). Luca Mercalli, “Crisi climatica epocale, ma evitiamo derive ideologiche” (intervista a Il Dubbio). Mattia Feltri, “Danimarca show” (La Stampa). ITALIA/PARTITI-GOVERNO: Marcello Sorgi, “La campagna elettorale e la paralisi del Parlamento” (La Stampa). Lina Palmerini, “Se Draghi entra tra i bersagli della campagna elettorale” (Sole 24 ore). Gianfranco Pasquino, “I partiti che vogliono la crisi hanno fatto i conti?” (Domani). Sebastiano Messina, “Senza Draghi i partiti ballano” (Repubblica). Ferdinando Adornato, “Grande centro, tutti ne parlano, ma non c’è nessun progetto politico” (Messaggero). Giuliano Santoro, “Nuove energie rossoverdi nel campo largo” (Manifesto). Gabriele Segre, “La politica deve offrire nuovi spazi per partecipare” (Domani). ITALIA/TURCHIA: Tonia Mastrobuoni, “La svolta Draghi-Erdogan ridisegna il Mediterraneo. ‘Sui migranti Italia al limite’” (Repubblica). Stefano Pontecorvo (già ambasciatore in Afghanistan), “Turchia, l’alleato necessario” (Repubblica). Francesca De Benedetti, “Draghi e Erdogan fanno gli alleati sulla Libia e sull’ingresso in Europa” (Domani). Ecco, poi, come la vede Marco Travaglio: “Erdodrag” (Il Fatto). UCRAINA: Federico Fubini, “Quando negoziare la tregua? I messaggi di Kissinger a Kiev” (Corriere della sera). Matteo Pugliese, “Davvero l’Ucraina sta perdendo la guerra?” (Domani). Giulio Meotti, “Sull’Ucraina Broder rompe col suo giornale” (Foglio). STATI UNITI: David Frum, “Siamo un paese diviso ma non senza speranza. La minaccia esistenziale all’America è Trump” (intervista al Corriere della sera). INOLTRE: Dominique Meda, “La riconversione guidata dal basso. Un manifesto” (Il Fatto).
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Precedente editoriale: https://www.aladinpensiero.it/?p=135044
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Newsletter n.268 del 6 luglio 2022
LA TERZA ALLEANZA
Cari Amici,
il 29 giugno scorso nel vertice di Madrid la NATO ha prenotato la III guerra mondiale, con l’idea che possa essere non nucleare, ripristinando la Russia come Nemico e per la prima volta assumendo la Cina come il Nemico potenziale di oggi e il Nemico finale di domani. Si spezza pertanto l’unità del mondo, acquisita a fine secolo dal capitalismo ed esaltata nella globalizzazione, e si riproduce la cortina di ferro che la rivista “Limes” definisce oggi come “cortina d’acciaio”. Da questa parte di essa accorrono anche Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, presenti al vertice su invito. Si includono nell’Alleanza Svezia e Finlandia con l’assenso della Turchia di Erdogan pagato con la vendita dei Curdi, e si conferma l’uso dell’Ucraina come vittima, approfittando dell’offerta fattane da Zelensky per innescare il conflitto ieri e prolungarne poi il sacrificio per tutto il corso della crisi fino ad ora.
La guerra, cominciata con l’aggressione russa e personalizzata per il volgo come l’aggressione di Putin, si ritorce dunque contro di lui: come ha detto Biden, egli “puntava al modello Finlandia per l’Europa e invece ottiene il modello Nato”. Tanto meno essa potrà servirgli per l’annessione dell’Europa all’Impero di Pietro il Grande, che perseguiva come nuovo Zar, secondo le intenzioni attribuitegli dalla stampa occidentale,
Quanto all’esercizio vero e proprio della guerra esso viene assicurato dalla NATO con le armi largamente fornite all’Ucraina (che ne denuncia il fabbisogno di 5 miliardi di dollari al mese) per sostituire e integrare quelle ex sovietiche con le armi “atlantiche”, e viene predisposto con lo schieramento annunciato da Stoltenberg di 300.000 uomini (come si diceva una volta quando non si teneva conto delle donne) lungo la frontiera europea della Russia.
Come già era accaduto nel 1998 quando aveva intrapreso in proprio la guerra contro la Jugoslavia la NATO si attribuisce pertanto quello “ius ad bellum” che era stato finora prerogativa ed espressione degli Stati sovrani. Essa si presenta perciò come un soggetto a se stante, come un nuovo Leviatano nel concerto delle Nazioni, più che come una alleanza tra Stati stipulata dai governi e ratificata, quando si dà democrazia. dai rispettivi Parlamenti.
Si tratta dunque di una Terza alleanza. La Prima Alleanza fu quella scaturita dal Patto Atlantico del 4 agosto 1949 per gestire la guerra fredda. Nel novembre 1991 dopo la guerra del Golfo essa, nonostante lo scioglimento del Patto di Varsavia e il raggiungimento del suo scopo sociale, fu confermata dal vertice di Roma, che tuttavia ribadì la sua natura difensiva e la sua area di competenza geograficamente limitata: perfino con enfasi i documenti di Roma affermavano che “nessuna delle sue armi sarà mai usata se non per autodifesa, né essa si considera avversario di alcuno”.
Tuttavia ciò viene meno quando, nell’aprile 1999 nel pieno della guerra jugoslava il vertice di Washington dà alla luce una seconda Alleanza, che introduce un nuovo “concetto strategico” e abbandona il vecchio limite di competenza territoriale per abbracciare tutta “l’area euro-atlantica” compresa la Russia e l’Ucraina, venendo a coincidere così di fatto con l’emisfero Nord del mondo. Al compito di preservare l’equilibrio in Europa, si sostituisce quello della “risposta alle crisi” e di “gestione delle crisi”, anche sul piano militare. La riserva della natura esclusivamente difensiva dell’impiego della forza armata, stabilita dall’ONU e ribadita dalla risoluzione del ‘91 viene lasciata cadere, e vengono contemplate espressamente operazioni fuori area non coperte dagli art. 5 e 6 del Trattato istitutivo. La questione non è più la difesa dell’Europa ma è il mondo, è il governo del mondo.
La ragione è che il mondo è diventato troppo pericoloso, e ciò viene ben presto dimostrato l’11 settembre 2001 con l’attacco alle Torri gemelle. Un anno dopo, nel settembre 2002, gli Stati Uniti rendono nota la nuova “Strategia della sicurezza nazionale” che viene fatta consistere in un dominio esteso a tutta la Terra; nessuna Potenza (nemmeno l’Europa) dovrà mai eguagliare la forza militare degli Stati Uniti, la prevenzione non basta più, “la miglior difesa è l’attacco” prima ancora che la minaccia si riveli. . Questa dottrina viene estesa alla NATO; del resto quando Putin e Clinton avevano nel 2000 a Mosca discusso un eventuale ingresso della Russia postsovietica nella NATO, la delegazione americana presente ai colloqui si era opposta perché un’alleanza (come uno Stato) non può sussistere senza nemici. Anzi il nemico, inteso hegelianamente come l’estraneo, lo straniero, è secondo la dottrina schmittiana corrente in Occidente, il criterio stesso del politico.
Il nuovo “concetto strategico” adottato a Madrid segna ora l’avvento della Terza Alleanza.
Quale risposta può essere data all’altezza di questa sfida? Essa non può essere né quella di un’alleanza contro l’altra (i Paesi del BRICS, Brasile, Russia, Cina, Sudafrica, contro quelli della NATO) né di un’uscita unilaterale dall’Alleanza, che sarebbe catastrofica e inefficace. In un’assemblea popolare che, per una fortuita coincidenza, si è tenuta a Messina il giorno successivo al vertice di Madrid, si è condivisa una proposta che avevamo formulato anche noi, quella di una risposta propriamente politica. Occorre che almeno uno Stato sovrano si faccia promotore di una visione del mondo diversa, di una politica internazionale inclusiva, di una casa comune abitata non da nemici ma da una stessa umanità. Questo Paese sovrano può essere l’Italia, per la sua stessa vocazione costituzionale; la proposta perciò è di promuovere una legge costituzionale di iniziativa popolare per aggiungere alla Costituzione una norma transitoria e finale per la quale l’Italia operi perché il ripudio della guerra in tutte le sue forme, comprese le sanzioni e le altre modalità di genocidio, sia fatto proprio da tutti gli Stati, siano ridotte consensualmente le armi e le spese militari, siano sciolte le alleanze di parte, sia salvaguardata la Terra e si persegua il fine di una Costituzione mondiale che garantisca giusti ordinamenti e il godimento universale dei diritti e dei beni fondamentali per tutti, nessuno escluso. Alle alleanze di guerra imposte dai poteri, può far seguito una Nuova Alleanza voluta dai popoli.
Con i più cordiali saluti,
Che succede? Verso la giornata di mobilitazione per la Pace di sabato 23 luglio 2022
FAR FINIRE LA GUERRA. VALORIZZARE L’IMMIGRAZIONE
5 Luglio 2022 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Mauro Magatti, “Dove porta il non-dialogo” (Avvenire). Lucio Caracciolo, “La grande chimera di una pace giusta” (La Stampa). Bernard Guetta, “Una speranza per Kiev” (Repubblica). Maurizio Ferrera, “L’identità (più forte) della Ue. L’errore di Putin” (Corriere della sera). Gian Guido Vecchi, “Il papa vuole andare a Kiev (e prima a Mosca)” (Corriere della sera). Una nuova (singolare) riflessione di Domenico Quirico, “L’Occidente ha creato Putin e ora vorrebbe cancellarlo” (La Stampa). IMMIGRAZIONE/ CITTADINANZA: Caterina Bonvicini, “Il ragazzo in fuga dal Togo e quella bimba in balia del mare” (La Stampa). Massimo Livi-Bacci, “Sull’immigrazione sinistra timorosa. Per l’Italia è questione di sopravvivenza” (intervista a Il Riformista). Giampiero Leo, “L’integrazione degli immigrati sarà la missione delle diverse fedi” (intervista a La Stampa). Pier Ferdinando Casini, “Vedo una regressione. La cittadinanza amplia gli spazi della legalità” (intervista al Corriere). Giovanni Moro, “Paradossi di cittadinanza” (Repubblica). PUNTI DI PROGRAMMA: Andrea Moriroli, “Un sostegno strutturale a chi combatte la povertà educativa” (Domani). Giuseppe Pisauro, “I progetti di autonomia differenziata fanno crescere le diseguaglianze” (Domani). Ermete Realacci, “Rinnovabili, digitali, circolari: le uniche vie della competitività” (intervista a Buone Notizie del Corriere). IDEE: Maurizio Ferrera, “C’è bisogno di Weber per salvare l’Occidente” (La Lettura). Stefano Bonaga, “Ma l’esercizio della delega non taglia fuori i cittadini” (Espresso). Giovanni Cominelli; “Il blocco storico conservatore e la ‘Mèlenchonisation des esprits’” (libertàeguale).
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Lanciata una mobilitazione nazionale diffusa per sabato 23 luglio 2022.
Continua l’impegno delle organizzazioni della società civile italiana per chiedere il cessate il fuoco e l’inizio di un percorso di pacificazione in Ucraina. Dopo le manifestazioni, le carovane di pace, le iniziative di solidarietà e gli appelli alla politica delle ultime settimane viene ora promossa una nuova mobilitazione, diffusa su tutto il territorio nazionale, per il prossimo sabato 23 luglio.
L’invito ad organizzare iniziative di varia natura è esteso a tutte le associazioni, sindacati, gruppi che già sono attivi da mesi, per far convergere gli sforzi in una giornata nazionale che possa rilanciare una forte di richiesta di cessate il fuoco affinché si giunga ad una conferenza internazionale di Pace.
L’appello è promosso da Europe for Peace l’iniziativa congiunta avviata già dallo scorso marzo con le mobilitazioni contro l’aggressione russa in Ucraina e che raccoglie l’adesione di un ampio arco di reti, campagne, associazioni, sindacati. Dunque è questa coalizione a lanciare l’iniziativa del 23 luglio con numerose prime adesioni già ricevute (vedi allegato) a partire dalla Rete Italiana Pace e Disarmo, dalla Campagne Sbilanciamoci! e della coalizione “Stop the War Now”.
Nel testo diffuso oggi si legge come “l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa ed ha già fatto decine di migliaia di vittime e si avvia a diventare un conflitto di lunga durata” portando conseguenze nefaste “anche per l’accesso al cibo e all’energia di centinaia di milioni di persone, per il clima del pianeta, per l’economia europea e globale”. Ribadendo la vicinanza alle popolazioni colpite dalla guerra si ricorda poi come occorra cercare “una soluzione negoziale, ma non si vedono sinora iniziative politiche né da parte degli Stati, né da parte delle istituzioni internazionali e multilaterali” sottolineando come invece sia necessario “che il nostro paese, l’Europa, le Nazioni Unite operino attivamente per favorire il negoziato e avviino un percorso per una conferenza internazionale di pace che, basandosi sul concetto di sicurezza condivisa, metta al sicuro la pace anche per il futuro”.
Il documento ripropone poi il punto fondamentale ribadito dal movimento pacifista italiano fin dall’inizio del conflitto: “Le armi non portano la pace, ma solo nuove sofferenze per la popolazione. Non c’è nessuna guerra da vincere: noi invece vogliamo vincere la pace” e per tale motivo viene proposta (a 150 giorni dall’inizio della guerra) la giornata nazionale di mobilitazione per la pace del 23 luglio con iniziative in tutta Italia, con uno slogan chiaro: “TACCIANO LE ARMI, NEGOZIATO SUBITO!”
Le iniziative che verranno definite e programmate nei prossimo saranno comunicate e rilanciate da tutte le organizzazioni promotrici di questo appello.
Segue il testo dell’Appello con le prime adesioni (aggiornate al 5 luglio 2022)
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TACCIANO LE ARMI NEGOZIATO SUBITO!
Verso una conferenza internazionale di pace
23 luglio giornata nazionale di mobilitazione per la Pace in tutte le città italiane
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa ed ha già fatto decine di migliaia di vittime e si avvia a diventare un conflitto di lunga durata con drammatiche conseguenze per la vita e il futuro delle popolazioni ucraine, ma anche per l’accesso al cibo e all’energia di centinaia di milioni di persone, per il clima del pianeta, per l’economia europea e globale.
Siamo e saremo sempre dalla parte della popolazione civile, delle vittime della guerra in Ucraina e dei pacifisti russi che si battono per porre fine all’aggressione militare.
Questa guerra va fermata subito e va cercata una soluzione negoziale, ma non si vedono sinora iniziative politiche né da parte degli Stati, né da parte delle istituzioni internazionali e multilaterali che dimostrino la volontà di cercare una soluzione politica alla crisi.
Occorre invece che il nostro paese, l’Europa, le Nazioni Unite operino attivamente per favorire il negoziato e avviino un percorso per una conferenza internazionale di pace che, basandosi sul concetto di sicurezza condivisa, metta al sicuro la pace anche per il futuro.
Bisogna fermare l’escalation militare. Le armi non portano la pace, ma solo nuove sofferenze per la popolazione. Non c’è nessuna guerra da vincere: noi invece vogliamo vincere la pace, facendo tacere le armi e portando al tavolo del negoziato i rappresentanti del governo ucraino, di quello russo, delle istituzioni internazionali.
La popolazione italiana, nonostante sia sottoposta a una massiccia propaganda, continua ad essere contraria al coinvolgimento italiano nella guerra e a chiedere che si facciano passi concreti da parte del nostro governo e dell’Unione Europea perché sia ripresa con urgenza la strada dei negoziati.
Questo sentimento maggioritario nel paese è offuscato dai media mainstream ed è non rappresentato nel Parlamento. Occorre dargli voce perché possa aiutare il Governo a cambiare politica ed imboccare una strada diversa da quella attuale.
Per questo – a 150 giorni dall’inizio della guerra – promuoviamo per il 23 luglio una giornata nazionale di mobilitazione per la pace con iniziative in tutto il paese per ribadire: TACCIANO LE ARMI, NEGOZIATO SUBITO!
Per adesioni: segreteria@retepacedisarmo.org
Per comunicare le iniziative: https://sbilanciamoci.info/europe-for-peace/
PRIME ADESIONI (aggiornamento al 5 luglio 2022)
Rete Italiana Pace e Disarmo
Accademia apuana della pace – ACLI – AGESCI – ALTROMERCATO – Ambasciata democrazia locale – ANSPS – AOI – Associazione di cooperazione e di solidarietà internazionale – Archivio Disarmo – ARCI – ARCI Bassa Val di Cecina – ARCI Servizio Civile aps – ARCS – Associazione Papa Giovanni XXIII – Associazione per la pace – AssopacePalestina – AUSER – Beati i costruttori di Pace – Casa per la pace di Modena – CDMPI – Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale – Centro Studi Difesa Civile – Centro Studi Sereno Regis – CGIL – CGIL Padova – CGIL Verona – CIPAX – CNCA – Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della FCEI – Conferenza degli Istituti Missionari in Italia – Coordinamento Comasco per la Pace – Coordinamento pace in comune Milano – Emmaus Italia – FIOM-Cgil – FOCSIV – Fondazione Angelo Frammartino – Fondazione Finanza Etica – Forum Trentino per la Pace e i diritti umani – Gruppo Abele – IPRI – rete CCP IPSIA – Lega per i diritti dei popoli – Legambiente – Libera – Link – coordinamento universitario – Link2007 cooperazione in rete – Lunaria – Movimento europeo – Movimento Internazionale della Riconciliazione – Movimento Nonviolento – Nexus Emilia Romagna – Noi Siamo Chiesa – Opal Brescia – Pax Christi Italia – Percorsi di pace – Rete degli studenti medi – Rete della conoscenza – Tavola sarda della pace – U.S. Acli – UDS – UDU – Un ponte per… – Ventiquattro marzo – Campagna Sbilanciamoci! – ActionAid, ADI–Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani, Altreconomia, Altromercato, Antigone, ARCI, ARCI Servizio Civile, Associazione Obiettori Nonviolenti, Associazione per la Pace, Beati i Costruttori di Pace, CESC Project, CIPSI–Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale, Cittadinanzattiva, CNCA–Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’Acqua, Comunità di Capodarco, Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia, Crocevia, Donne in Nero, Emergency, Emmaus Italia, Equo Garantito, Fairwatch, Federazione degli Studenti, Federazione Italiana dei CEMEA, FISH–Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, Fondazione Finanza Etica, Gli Asini, ICS–Consorzio Italiano di Solidarietà, Legambiente, LINK Coordinamento Universitario, LILA–Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids, Lunaria, Mani Tese, Medicina Democratica, Movimento Consumatori, Nigrizia, Oltre la Crescita, Pax Christi, Reorient Onlus, Rete Universitaria Nazionale, Rete degli Studenti Medi, Rete della Conoscenza, Terres des Hommes, UISP–Unione Italiana Sport per Tutti, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari, Un ponte per…, WWF Italia
#StopTheWarNow
Comunità Papa Giovanni XXIII, Pro Civitate Christiana, FOCSVI, AOI Cooperazione e solidarietà internazionale, Rete Italiana Pace e Disarmo, Libera contro le Mafie, ARCI, ARCS, ARCI Solidarietà, Insieme verso Nuovi Orizzonti, Forum Terzo Settore, Paxchristi Italia, Beati i costruttori di pace, ACMOS, Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, Un ponte per, Fair Watch, COSPE, Gruppo Abele, Terre des Hommes, Mediterranea, CEFA, AVIS, CGIL Nazionale, Fondazione RUT, G.A.V.C.I., CELIM, Per un nuovo welfare, RESQ – People saving people, Come Pensiamo – Etnografia e Formazione, Portico della Pace, M.I.R. Movimento Internazionale della Riconciliazione, 6000 Sardine, Movimento Nonviolento, Movimento dei Focolari – Italia, Nove Onlus, Centro Studi Sereno Regis, Emmaus Villafranca, CulturAmbiente, Agronomi Forestali Senza Frontiere, Serviens in spe, Associazione Iqbal Masih OdV, CEDEUAM – Università del Salento, Centro Pace, Ecologia, Diritti Umani – Rovereto, Extinction Rebellion, Albero di Cirene OdV, FMSI, Gioventù Federalista Europea, Casa dei Diritti sociali – Valle dell’Aniene, Associazione sulle Orme OdV, ECPAT Italia, Legambiente Airone APS, CIPAX, Associazione il Manifesto in rete, Hiroshima Mon Amour, IED, PACHAMAMA, Associazione Onlus Lumbe Lumbe, Comunità dell’Arca, CESC Project, Fondazione Arché, Cooperazione Internazionale Sud Sud (CISS), Comitato Riconversione Rwm, Italia che Cambia, IRIAD, Medicus Mundi Italia, New Humanity, Rete Welcoming Asti, APRED, Istituzione Teresiana Italia, Sale della Terra, Piccoli Comuni del Welcome, Fondazione Capodanno in Paradiso, Una Proposta Diversa, Manifattura Saltinbanco, Associazione Mare Aperto, Movimento di Volontariato Italiano, Slaves No More, ProgettoMondo, Raccontincontri, Radio Popolare, La Coperta di Yusuf – Ponente Ligure, Social Street fornaci, Terzo Millennio, Laici Missionari Comboniani, ASC Aps, Associazione Sentieri di Pace, Libera Voce, Vite in Transito – Associazione multiculturale Onlus, AFL, Comunità Cristiane di Base Italiane, Consiglio Nazionale dei Giovani, Mondo di Comunità e Famiglia, Vittoria, Associazione Giovanni Paolo II, Cooperativa sociale Terra dei Miti, Il Sogno Cooperativa Sociale, AMMP – Associazione Maria Madre della Provvidenza, Agency for Peacebuilding, Socie e Soci di Bancaetica Verona, MOCI, CSVnet, La Voce, Consorzio ONG Piemontesi, NOVA OdV, CNESC, UILDM, International Action, Giuristi Democratici, World Union of Catholic Women’s Organization (WUCWO), ADL Zavidovici, Altreconomia, Parco di Monte Menola Pontecorvo, Federazione Nazionale Pro Natura, I Ricostruttori nella Preghiera, UISP APS, Lucy Associazione, Marche Solidali, Rivolti ai Balcani, WWF Sicilia Centrale, Forum Antirazzista Palermo, Associazione Forneletti, Volontari nel Mondo RTM, Namasté, Amici dei Popoli, Gruppo Trans, AEres Venezia per l’altraeconomia, Popoli Insieme, CONSCOM, Fondazione Amore Libertà, Solidarietà Alpina, Nigrizia, Circolo Laudato Sì – Milazzo, Matumaini Speranza Onlus Associazione di Solidarietà, ForumSaD, AGESCI Zona Valdarno – Toscana, UniTwin – Cattedra UNESCO “Diritti Umani, Democrazia e Pace” – Università degli Studi di Padova, Sapori Reclusi, Centro di Ateneo per i diritti umani Antonio Papisca, Circolo Laudato Sì – Pontedera – Valdera, Solidarietà Vigolana, IR, Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, Mani Tese – Vico Equense, Il Colibrì Monselice, Associazione di ricerca e sostegno alla società civile afgana, Tavolo della Pace – Carugate, CISV, Luce e Vita, Fondazione Romano Cagnoni, OK! Mugello, Il Tulipano Bianco, Forgat Odv, Pace Disarmo Coordinamento Provinciale di Belluno, AES-CCC Organismo di Cooperazione Internazionale, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Mondo di Comunità e Famiglia, Fair, Gruppo Solidarietà, 99 percento, NEXUS Emilia Romagna, Semi di Pace, Parallelo Associazione Culturale, Fondazione Ebbene, Mondo Roverso, To the border, MOCI Cosenza, Tavola della Pace e della Cooperazione, Fondazione Punto Missione ONLUS, Comune Info, MAG, Marco Mascagna, Benvenuti in Italia, Ukrainian Education Platform, Leadership and Ministry, Caritas-Lviv UGCC
ANPI
Associazione Salviamo la Costituzione Casa Internazionale delle Donne Centro per la Riforma dello Stato Cospe
Fondazione Lelio e Lisli Basso
Movimento dei Focolari Italiani Associazione Paese Reale Baobab Experience
UP – Su la testa
Portico della Pace di Bologna
Oltre il Pregiudizio per i Diritti Umani aps Campagna Oltre il Pregiudizio Liberacittadinanza
La Casa dei Diritti Sociali della Valle dell’Aniene Arci Servizio Civile Pisa Aps
ASC Pontedera
Arci Servizio Civile Toscana APS
WILPF Italia
Anpi Vittorio Veneto
Circolo Culturale ARCI Rossi da Brodo APS Comitato ‘Fermiamo la guerra’
MAG4 Piemonte s.c.
La Rete Antirazzista di Firenze
Aladinpensiero
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Che succede?
INIZIATIVA DI PACE DAL BASSO. SPIEGARE BERGOGLIO E LA GUERRA. LA NUOVA NATO
2 Luglio 2022 su C3dem.
Una interessante iniziativa per tessere la pace dal basso: Marco Bentivogli e Angelo Moretti, “Ucraina, per costruire la pace” (Repubblica).
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Il gesuita p. Antonio Spadaro spiega la posizione di Bergoglio sulla guerra in Ucraina: “
Guerra e pace. Il dovere di capire”
(La Stampa), ma sbaglia sul numero delle nazioni del mondo (qui). Il politologo bulgaro Ivan Krastev: “L’opinione pubblica è sempre più divisa tra la pace e la guerra” (Scenari/Domani). NATO: Nathalie Tocci, “Perché ci serve il gendarme Usa” (La Stampa). Marta Dassù, “La nuova Nato” (La Stampa). Adriana Cerretelli, “Dai tre vertici Occidente più unito e allargato” (Sole 24 ore). Federico Rampini, “Dal Baltico al Pacifico, così si delinea la cortina di ferro Occidente-Oriente” (Corriere). Paolo Favilli, “Mondo esplosivo, senza cautele e sonnambuli lucidamente folli” (Manifesto). Giuseppe Sarcina, “Biden a Putin: ‘Non vincerai mai’. L’ira di Mosca” (Corriere). Marco Bresolin, “Lo show di Erdogan” (La Stampa). Piero Ignazi, “L’indulgenza verso Erdogan rivela l’ipocrisia dell’Occidente” (Domani). Alberto Negri, “A Erdogan il via libera al massacro dei curdi” (Manifesto). USA/RUSSIA: Raffaella Chiodo Karpinskij, “In Russia oltre la propaganda una frattura fra le generazioni” (Avvenire). Fabrizio Tonello, “Donald Trump, una risata lo seppellirà” (Manifesto). IDEE: Carlo Galli, “L’arma della democrazia” (Repubblica). Luca Diotallevi “Le cause della crisi delle società aperte” (Messaggero). Raffaele Marchetti, “Il cosmopolitismo sviluppa tolleranza, indipendenza e rispetto delle tradizioni” (Sole 24 ore).
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DRAGHI ULTRAPOLITICO. I DIRITTI DI CITTADINANZA
1 Luglio 2022 su C3dem.
Matteo Prodi, “Chiesa e politica. Non solo parole per il Meridione” (Mattino). CITTADINANZA: Stefano Allievi, “I diritti dei ragazzi nati qui. Questioni di valori e interessi” (Corriere del Veneto). Mattia Feltri, “Non son degni di te” (la Stampa). Veronica Atitsogbe, “Da Verona una lezione di diritti per l’Italia” (The Post International). Nicola Pedrazzi (in polemica con il sindaco di Bologna), “Italiani, si fa per dire” (Foglio). SCUOLA E DISEGUAGLIANZE: Chiara Saraceno, “Se il Ministero tradisce la scuola dei più fragili” (La Stampa). Cinzia Arena, “Povertà educativa. Arrivano i fondi, manca la strategia” (Avvenire). PARTITI E GOVERNO: Angelo Panebianco, “I due nodi dei partiti più forti” (Corriere della sera). Tommaso Ciriaco, “La doppia morsa su Conte tra premier e Quirinale per fermare il salto nel vuoto” (Repubblica). Marcello Sorgi, “Rottura evitata per merito del Quirinale” (La Stampa). Emanuele Buzzi, “Le 72 ore di Grillo a Roma” (Corriere della sera). Antonio Polito, “Le peggiori abitudini della politica” (corriere). Claudio Cerasa, “Nasce un Draghi ultrapolitico” (Foglio). Daniele Giacalone, “Draghi partito” (La Ragione). Tito Boeri, “Tra superbonus e Pnrr, dare una sterzata non sarà facile” (Foglio). Romano Prodi, “Il Pd può vincere le elezioni, ma ascolti i problemi della gente” (intervista a La Stampa). WELFARE: Linda Laura Sabbadini, “Boom di centenari, welfare da rifare” (La Stampa). Cristiano Gori, “Anziani non autosufficienti, in arrivo scelte decisive” (lavoce.info). Sergio Pasquinelli, “Anziani, 10 punti per la riforma” (welforum).
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Fine guerra: mai!
di Domenico Gallo*
Se volessimo realizzare una scheda sulle conclusioni del G7 di Elmau, dovremmo intitolarla: fine guerra mai. Tuttavia, osserva Henri Kissinger “non si può semplicemente continuare a combattere senza un obiettivo».
Nelle schede che il DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) compila per ogni detenuto è obbligatoriamente indicata la data in cui deve cessare la carcerazione. Se il detenuto è stato condannato all’ergastolo sulla scheda è indicato: fine pena mai.
Se volessimo realizzare una scheda sulle conclusioni del G7 di Elmau, dovremmo intitolarla: fine guerra mai. Del resto questa è l’unica interpretazione possibile del documento G7 Statement on Support for Ukraine. In questo documento, infatti, non è indicata nessuna prospettiva che possa portare alla cessazione delle ostilità. Al contrario si promettono aiuti, armi e rifornimenti per tutto il tempo che sarà necessario (cioè a tempo indeterminato), perché spetta all’Ucraina di decidere un futuro accordo di pace “libera da ogni pressione o influenza esterna”. Quindi se il Governo ucraino non vuole trattare, se prima non avrà ribaltato sul campo l’offensiva militare russa, la guerra può continuare all’infinito perché i paesi del G7 continueranno a fornire all’infinito all’Ucraina i mezzi per continuare a combattere. Peccato che questi grandi amici dell’Ucraina si dimostrino così indifferenti ai costi umani che paga il popolo ucraino per il prosieguo della guerra, per il fiume di sangue (da 200 a 1000 morti) e lacrime per ogni giorno di guerra in più.
In definitiva le campane di Elmau suonano a morto e ci annunciano che la guerra durerà a lungo, mesi o forse anni, come ci ha già avvistato Stoltenberg e noi saremo sempre più coinvolti.
Le conclusioni del G7 sono state ribadite e rilanciate nel summit della NATO che si è aperto a Madrid il 29 giugno. Un vertice “storico” come qualificato da un Segretario generale che assomiglia sempre di più al dottor Stranamore del film di Kubrick. Per Stoltenberg/Stranamore: “il vertice di Madrid sarà trasformativo per la Nato perché verranno prese decisioni importanti, incluso il nuovo Strategic Concept per nuova realtà della sicurezza verso il 2030, che descriverà la Russia come la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza dell’alleanza atlantica e citerà la Cina per la prima volta come una delle sfide future della Nato” Sarà un vertice storico anche perchè la Nato approverà il più importante rafforzamento delle proprie capacità dalla fine della Guerra Fredda portando le sue forze di reazione rapida schierate in Europa da 40.000 ad oltre 300 mila unità e darà via libera all’ingresso di Svezia e Finlandia.
E’ ormai del tutto evidente che i paesi del G7 e tutti i membri della NATO continueranno a sostenere, senza esitazione alcuna l’Ucraina e ad alimentare la guerra fin quando il suo governo lo richiederà. Tuttavia, proprio quando è alto il fragore delle armi, occorre pensare come uscire dalla miserabile condizione di guerra, come costruire la pace, su quali basi, con quali prospettive. Dal vertice del G7 emerge in modo palese l’ottusa incapacità di guardare al futuro, di concepire un dopoguerra che non sia una semplice tregua d’armi in vista di un regolamento di conti definitivo (che – ci permettiamo di obiettare – porrebbe fine alla civiltà sulla Terra), oppure in vista della prosecuzione della guerra con altri mezzi.
E’ significativo che su questo terreno sia stato lanciato un grido d’allarme da chi è stato uno dei massimi interpreti della guerra fredda e delle sue asprezze. In un’intervista al Corriere della Sera del 28 giugno Henry Kissinger ci avverte che bisogna guardare a come porre fine al conflitto: «Stiamo arrivando a un momento – afferma – in cui bisogna affrontare la questione della fine della guerra in termini di obiettivi politici altrettanto che militari: non si può semplicemente continuare a combattere senza un obiettivo». Sarebbe curioso sapere qual è l’obiettivo che hanno in testa i grandi della terra intruppati al seguito di Biden e Johnson. Per Kissinger l’unico obiettivo realistico che può garantire la pace è di reintegrare la Russia nell’Europa, non certo spingerla ad est nelle braccia della Cina. Perché questo è il punto centrale del suo ragionamento: va sconfitta l’invasione dell’Ucraina, «non la Russia come Stato e come entità storica». E dunque, quando le armi alla fine taceranno, «la questione del rapporto fra Russia ed Europa andrà presa molto seriamente». Il presupposto, sottolinea Kissinger, è che la Russia è stata parte della storia europea per cinquecento anni, è stata coinvolta in tutte le grandi crisi e «in alcuni dei grandi trionfi della storia europea»: e pertanto «dovrebbe essere la missione della diplomazia occidentale e di quella russa di tornare al corso storico per cui la Russia è parte del sistema europeo. La Russia deve svolgere un ruolo importante».
Dal summit della NATO, invece, sembra emergere l’obiettivo di proseguire la guerra ad oltranza, anche dopo la fine della guerra in Ucraina, assegnando per sempre alla Russia il ruolo del nemico.
C’è da stare poco tranquilli se il nostro destino dovesse restare nelle mani di Stoltenberg/Stranamore.
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«Sarò Papa finché Dio vorrà»
Francesco a colloquio con l’agenzia di stampa argentina Télam: va rivisto il concetto di «guerra giusta». L’Onu è impotente Le frasi sull’Ucraina e Putin? «Sono state estrapolate». Le riforme del pontificato? «Non mie ma stabilite prima del Conclave»
Papa Francesco ha concesso un’ampia intervista all’agenzia di stampa nazionale argentina Télam. Avvenire pubblica alcuni stralci del dialogo con la presidente dell’organo d’informazione.
https://avvenire-ita.newsmemory.com/?publink=09653efae_1348542
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————Precedente editoriale———-
C3dem: Parliamo di Chiesa e di Cattolici e Politica.
https://www.aladinpensiero.it/?p=134843
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Il “campo largo” che a Parma ha vinto con chi lasciò il M5S sei anni fa
1 Luglio 2022
di Sandro Campanini su C3dem.
A Parma, per la vittoria del centrosinistra, è stato fondamentale il comune orizzonte di valori tra il Pd e Effetto Parma, la lista di Pizzarotti (ex 5stelle) che aveva governato negli ultimi cinque anni, e il fatto che le differenze che pure c’erano state, in particolare, tra Effetto Parma, al governo della città, e Pd, all’opposizione, siano diventate terreno di autentico confronto ed elemento di arricchimento e di innovazione nel programma, che è stato così frutto di una vera condivisione
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C3dem: parliamo di Chiesa e di Cattolici in Politica.
CATTOLICESIMO IN DIASPORA. LA CRISI DI BOSE. ZUPPI E IL SUD. CASTITA’ COME ARTE
28 Giugno 2022 su C3dem
Danièle Hervieu-Léger, “Il cattolicesimo di domani sarà diasporico o non sarà” (Le Monde). Sabino Chialà, “La crisi di Bose. ‘Ritorniamo alle Scritture’” (intervista a La Lettura). Gianfranco Brunelli, “Il papa e la Cei” (Il Regno n. 12). Matteo Zuppi, “La Chiesa del Sud dica basta all’assistenzialismo” (intervista al Mattino). Antonio Mattone, “La linea del cardinal Zuppi che riporta il Sud al centro” (Mattino). Filippo Di Giacomo, “Francesco dopo Francesco” (Venerdì). Riccardo Cristiano, “La coscienza critica dell’Occidente” (Settimana news). Marco Marzano, “La visione del Vaticano è distante dalle coppie reali” (Domani). Basilio Petrà, “Itinerari catecumenali e castità” (Settimana news). Luigi Bettazzi, “Caro Mancuso, sbagli, sul sesso la chiesa è moderna” (La Stampa). Enzo Bianchi, “Perché la castità è un’arte” (Repubblica). David Kertzer, “La mia verità su Pio XII” (Repubblica). Matteo Luigi Napolitano, “Quelle già note trattative della Santa Sede con la Germania” (Oss. Romano). Marcello Musto, “La via a sinistra per invocare la pace e poi non disprezzare la guerra” (La Lettura). Goffredo Fofi, “Buonaiuti, il prete eretico vittima due volte” (Sole 24 ore). Antonio Spadaro, “A muso duro. Così Gesù zittisce i discepoli che invocano le armi” (Il Fatto). Tomà Halìk, “Dio oltre i confini visibili” (Il Regno).
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USA/ABORTO, LO STRAPOTERE DI UNA MINORANZA. BRUNO FORTE: “MA DOBBIAMO RIFLETTERE”
26 Giugno 2022 su C3dem
Giuseppe Sarcina, “L’aborto in America non è più un diritto” (Corriere). Gianni Riotta, “L’America scende in piazza. E Biden punta al riscatto nelle elezioni di Midterm” (Repubblica). Rebecca Traister, “La destra ci lavora da 50 anni. Scendere in piazza non basterà” (intervista al Corriere). Massimo Gaggi, “America sempre più divisa” (Corriere). Arianna Farinelli, “Gli Usa spaccati sulla libertà” (Repubblica). Martha Nussbaum, “Ora ci aspetta una realtà del tutti contro tutti” (intervista al Corriere). Fabrizio Tonello, “Elezioni di Midterm in Usa, ultima chiamata della guerra civile americana” (Manifesto). Gianfranco Pasquino, “Lo strapotere della minoranza che minaccia la democrazia” (Domani). DAGLI USA ALL’ITALIA: Paolo Giordano, “Il più fragile dei diritti che ci riguarda tutti” (Corriere). Massimo Giannini, “Lezioni americane sulle democrazie. Nessuna libertà è data per sempre” (La Stampa). Marilisa D’Amico, giurista, “Nessuno può toccare la 194. C’è una sentenza della Consulta” (intervista a La Stampa). Alessandra Kusterman, “Ma nessuno pensi di toccare la 194” (intervista a Repubblica). Giovanni Maria Flick, “Nel nostro paese non si torna indietro. Tutelati diritto alla salute e libera scelta” (intervista al Mattino). Lucetta Scaraffia, “Figli e diritti delle donne” (La Stampa). Giulia Merlo, “L’Italia peggio degli Stati Uniti sulla tutela del diritto all’aborto” (Domani). ABORTO, CATTOLICI, CHIESA: Bruno Forte, “E’ tempo di aprire una riflessione” (intervista al Corriere). Vincenzo Paglia, “La legge resterà, ma vanno aiutate di più le donne che vogliono mettere al mondo figli” (intervista al Corriere). Andrea Tornielli, “Per la vita sempre” (Osservatore romano). Assuntina Morresi, “Non sprecare la scossa Usa” (Avvenire). Giuseppe Anzani, “Quanta strada dalla legge 194. Siamo pronti per un disgelo?” (Avvenire). Rocco D’Ambrosio, “Trump, la Corte costituzionale e il pericolo teocratico negli Usa e altrove” (formiche.net). Giambattista Scirè, “Vaticano, Dc, Pci e radicali: la stretta via italiana all’aborto” (Il Fatto).
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NIENTE È PIÙ SCONTATO NELLA CHIESA
19 Giugno 2022 su C3dem
Marco Ventura, “La nuova geografia della Chiesa” (La Lettura). Cecile Chambraud, “Funzionamento della Chiesa cattolica, i fedeli scuotono il clero” (Le Monde). Francesco Strazzari, “Il processo sinodale in Spagna” (Settimana news). Paolo Cugini, “Come ripulire le nostre liturgie dalle vestigia del passato?” (Viandanti). José Maria Castillo, “La genialità di papa Francesco: la sua fedeltà al vangelo” (blog). Intervista di Domenico Agasso al cardinale tedesco Reinhard Marx, “Il celibato dei preti non è un dogma. Alle donne ruoli apicali nella Chiesa” (La Stampa). Intervista di Massimo Franco al cardinale tedesco, conservatore, Gerhard Muller, “La Chiesa non è un’Ong. Dimissioni del papa? No” (La Lettura). Andrea Grillo, “Matrimonio, primo e ultimo dei sacramenti. Una questione antica in 10 punti” (come se non). Lorenzo Prezzi, “Unione europea-Usa: aborto in questione” (Settimana news). Antonio Spadaro, “I pani e i pesci. Quella di Gesù non è una promessa elettorale” (il Fatto). Riccardo Cristiano, Rocco d’Ambrosio, “Ucraina, una guerra rivelatrice” (Settimana news).
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CASTITÀ PREZIOSA
16 Giugno 2022 su C3dem
Luciano Moia, “Matrimonio, la svolta del papa per educare all’amore di coppia” (Avvenire). La prefazione di papa Francesco al documento pubblicato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita: «Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le Chiese particolari». Paolo Rodari, “Il papa alle giovani coppie: castità prima delle nozze. I teologi: è anacronistico” (Repubblica). Vito Mancuso, “Chiesa lontana dalla modernità” (La Stampa). Luigi Accattoli, “Il papa: prima delle nozze castità preziosa” (Corriere della sera). INOLTRE: Riccardo Cristiano, sull’entrata in vigore della costituzione apostolica Praedicate Evangelium e le voci delle dimissioni del papa, “Il governo della Chiesa” (Settimana news). Gabriele Ferrari, “L’esperienza sinodale della Chiesa di Como”
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IL PAPA, LA GUERRA E CAPPUCCETTO ROSSO
16 Giugno 2022 su C3dem
Dopo il colloquio di papa Francesco con le riviste dei gesuiti sui temi della guerra in Ucraina, in uscita su La Civiltà Cattolica, che La Stampa ha anticipato ieri (“Io, la Nato, Putin e la terza guerra mondiale”), alcune sintesi e alcuni commenti: Flavia Amabile, “Il papa e la guerra” (La Stampa), Francesco A. Grana, “Il papa insiste: la Nato ha abbaiato alla Russia” (Il Fatto). Editoriale del Foglio: “Era meglio quando i papi non parlavano”. Mattia Feltri, “Cappuccetto rosso” (La Stampa). Domenico Quirico, “Le scandalose parole del papa” (La Stampa). Fabrizio Mastrofini, “La furia del papa: con la favola dei buoni e dei cattivi non fermeremo mai la guerra” (Il Riformista). Rosy Bindi, “Si oppone alle visioni manichee. La corsa alle armi non porta pace” (intervista a La Stampa). Maurizio Belpietro, “Adesso schedate un altro putiniano: il papa” (LaVerità). INOLTRE: Editoriale de Il Foglio: “Perché Francesco non ama Cl?”. Aldo Maria Valli (da tempo critico acerrimo di Bergoglio), “In Vaticano nessuno si augura una specie di Bergoglio bis” (intervista a LaVerità). René Pujol, “Il cattolicesimo francese a rischio implosione” (blog).
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LA FATICA DI FRANCESCO. LA ROTTA DELLA CEI. LECTIO GHISLAIN LAFONT
12 Giugno 2022 su C3dem
Franca Giansoldati, “Francesco è affaticato, salta il viaggio in Africa” (Messaggero). Vito Mancuso, “Le voci sull’addio di Francesco” (La Stampa). Marco Grieco, “Le discussioni su un successore italiano di papa Francesco” (Domani). LA CEI: Lorenzo Prezzi, “Cei, il timoniere e la rotta” (Settimana news). ABUSI: Andrea Grillo, “La tesi ecclesiale del ‘mal comune’ in materia di abusi” (comesenon). Lucetta Scaraffia, “Gli abusi sessuali coperti e insabbiati, scandalo infinito che umilia la Chiesa” (La Stampa). Marcello Neri, “Cei, abusi. La strana via italiana” (Settimana news). TEOLOGIA: Marinella Perroni e Brunetto Salvarani in dialogo con Vittoria Prisciandaro, “Fare teologia domani sulle spalle dei giganti” (Jesus). Filippo Rizzi, “Lafont. tare di fronte a Dio con lo stupore di un bambino” (Avvenire). Andrea Grillo, “Lectio Ghislain Lafont” (Settimana news). INOLTRE: Lorenzo Prezzi, “Francia, Bibbia in eclissi” (Settimana news). Basilio Petrà, “Adulterio: requiem per un peccato?”. Antonio Spadaro, “Fede. Il sapere Dio non è un sacco di patate da caricarsi sulle spalle” (Il Fatto).
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NON ABBIAMO PAURA DELLA BOMBA
7 Giugno 2022 su C3dem
Luigi Manconi, “Non ho paura della bomba” (Repubblica). Sabino Cassese, “Ucraina, la Costituzione e il diritto alla difesa” (corriere della sera). Giuliano Amato, “Armare Kiev rispetta la Costituzione” (intervista a La Stampa). Alessandro Castegnaro, “La difesa armata, problema rimosso? Rileggendo Paul Thibaud” (Settimana news). Claudia Mancina, “Bye bye Lenin, ma l’ex comunista non ci sta” (Il Riformista). Giampiero Massolo, “No a un accordo che tuteli le esigenze dell’aggressore” (intervista al Mattino). Claudio Cerasa, “La guerra che Putin non può vincere” (Foglio). Francesca Mannocchi, “Un’arma chiamata migrante” (La Stampa). Card. Dieudonné Nzapalainga, “Preparatevi all’esodo degli affamati” (intervista a Qn). Daniel Gros, “Le mosse sul grano: un bluff russo sulla pelle dell’Africa” (intervista a Repubblica). Paolo Valentino, “La fragile diplomazia” (Corriere della sera). Maurizio Ferrera, “L’Europa e i segnali da dare” (Corriere della sera). Furio Colombo, “Chi dimentica le vittime” (Repubblica). Alisa Muzergues, “Accettare l’Ucraina come candidata darebbe benefici all’intero progetto Ue” Foglio). Romano Prodi, “Usa-Cina, i paesi nemici che possono fermare la guerra” (Messaggero). Stefano Montefiori, “Macron: ‘non umiliare la Russia’. La rabbia di Kiev per l’appello” (Corriere della sera). Fabio Tonacci, “Dagli Urali alla Siberia, la mappa dei campi per i deportati” (Repubblica). Marco Tarquinio, “L’Italia garantisca chi diserta questa guerra” (Avvenire). Giovanna Vitale, “Gli analisti: siamo meno manovrabili, perciò Mosca è nervosa” (Repubblica). Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, “Influencer e opinionisti, ecco i putiniani d’Italia” (Corriere della sera). Lorenzo Prezzi, “Cosa resta dei valori morali della tradizione dopo la guerra benedetta da Kirill” (Domani). Jeffrey Sachs, “Il mondo è interconnesso. Sbaglia chi vuole dividerlo” (intervista a Repubblica).
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IL CASO OCCULTO BERGOGLIO-MINNITI. GARELLI: “LA CHIESA ALLA PROVA”
4 Giugno 2022 su C3dem
Prima un recensione critica di Marcello Sorgi a un recente libro di Tommaso Montanari: “Nell’integralismo furbetto di Montanari c’è la visione di un Parlamento cancellato” (La Stampa). Poi la replica piccata di Tommaso Montanari, che tira fuori un “retroscena” sulla vera ragione dell’assenza due mesi fa di Bergoglio a un convegno della Cei a Firenze sul Mediterraneo: “Caro Sorgi confesso: la penso come il papa” (Il Fatto). Di tale retroscena scrivono Ernesto Ferrara: “Il papa critica Betori: ‘Non venni a Firenze perché c’era Minniti” (Repubblica) e Luca Kocci, “’C’è Minniti, non vado’. Così il papa disertò il Forum Mediterraneo” (Manifesto). Ma per Fabrizio Mastrofini la cosa è inventata e indica un gran malessere nella chiesa italiana: “La grande bufala della scomunica di Minniti” (Il Riformista). Ma oggi Tommaso Montanari ritorna sulla questione : “Il papa fa ‘sorridere’ don Milani non Minniti, Nardella e i vescovi” (Il Fatto). E Fabrizio Mastrofini deve ammettere che il fatto sussiste, ma insiste nel dire che ci sono veleni nella Cei: “Il no del papa a Minniti? Tutto vero. Ma l’intimidazione a Zuppi resta” (Il Riformista). INOLTRE: Franco Garelli, “La Chiesa alla prova” (Vita pastorale). “La profezia cristiana di Carlo Maria Martini”, il video con gli interventi al corso di formazione dei Circoli Dossetti tenuti da Carlo Casalone sj e Guido Formigoni.
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SU CATTOLICI, GUERRA, POLITICA
1 Giugno 2022 su C3dem
Carla Mantelli, consigliera comunale del Pd a Parma, insieme ad un gruppo di altre donne, firma una lettera all’Avvenire: “Mediazione e difesa non violenta. La guerra non è mai un’opzione”. L’Avvenire dedica un articolo a Michele Santoro, con cui è in sintonia sul tema della guerra in Ucraina: Matteo Marcelli, “Santoro: ora basta col punto di vista unico sulla guerra”. Il Manifesto pubblica un intervento a due voci, quella di Ascanio Celestini e quella di Alex Zanotelli: “La tribù bianca e l’ideologia delle guerre giuste”. Il teologo morale Giannino Piana si esprime contro il sostegno armato all’Ucraina: “Autodeterminazione dei popoli e responsabilità globale” (Esodo). Il diverso parere del giornalista Domenico Chirico: “Una guerra giusta, come la guerra di Spagna” (La Stampa). CATTOLICI E POLITICA: Lucio D’Ubaldo e Beppe Fioroni, “Idee ricostruttive per l’oggi (un incontro di umanesimi)” (Avvenire). Il parere dell’ex dc Cirino Pomicino: “Senza la Dc l’Italia orfana della politica da 30 anni” (Mattino). IL MULINO SU ZUPPI: Antonio Ballarò, “Da Ruini a Zuppi” (rivistailmulino).
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PEDOFILIA, LA SVOLTA (DEBOLE?) DI ZUPPI
29 Maggio 2022 su C3dem
Alberto Melloni, “La missione di Zuppi” (Repubblica). Marco Grieco, “La beatificazione collettiva di don Matteo” (Domani). Fabrizio Mastrofini, “Il più grande diritto non è la difesa ma la pace. Zuppi alla conferenza stampa” (Il Riformista). Domenico Agasso, “Pedofilia, la svolta di Zuppi” e, poi, “Gli orchi della Chiesa. I casi degli ultimi anni in Italia” (La Stampa). Gian Guido Vecchi, “Zuppi e il piano contro gli abusi” (Corriere della sera). Paolo Rodari, “Il primo passo di Zuppi: un report ogni anno sugli abusi nella chiesa” Repubblica). Vito Mancuso, “Niente sconti alla giustizia. La via di una chiesa credibile” (La Stampa). Lucetta Scaraffia, “Perché il report di Zuppi non basta a chiarire gli abusi” (La Stampa). Marco Marzano, “Le deboli premesse dell’indagine della Cei sugli abusi del clero” (Domani). Federica Tourn, “L’era Zuppi si apre con un’indagine dimezzata sugli abusi nella chiesa” (Domani). Francesco Zanardi, “Così i crimini precedenti sono prescritti. I vescovi devono aprire gli archivi e darli allo Stato” (intervista a La Stampa). Matteo Matzuzzi, “Zuppi delude subito chi sugli abusi voleva la gogna” (Foglio). Luciano Moia, “La Cei e gli abusi sui minori. In tre anni una svolta culturale” (Avvenire). INOLTRE: Luigi Accattoli, “Sodano, il diplomatico in prima linea con due papi” (Corriere della sera). Luca Kocci, “Sodano: dal Cile al ‘chiacchiericcio’ sui pedofili” (Manifesto). Antonio Spadaro sj, “Fede. Gesù chiede la fisicità dei sensi, non solo la spiritualità dei pensieri” (Il Fatto). Giuseppe Lorizio, “Se la guerra segrega il pane, la pace dipende da ognuno” (Avvenire). Il Comunicato finale della 76° Assemblea della Cei. Salvatore Cernuzio, “Concistoro il 27 agosto per 21 nuovi cardinali” (vatican.va). Andrea Tornielli, “Un Concistoro di fine estate che guarda al mondo” (vatican.va). “Il viaggio apostolico del papa in Africa. Il programma” (vatican.va).
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https://www.adista.it/articolo/68301
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Tutta la nostra solidarietà a don Marco Campedelli. Nella speranza e auspicio che il nuovo Vescovo lo restituisca ai suoi impegni di docente e guida pastorale.
————-No armi-Trattativa subito———
————Aggiornamento 1 luglio 2022——-
Verona: la precipitosa marcia indietro della Curia su Campedelli
Marcia indietro della Curia veronese: https://www.adista.it/articolo/68304?fbclid=IwAR1cvR4my2FGsLFKQ8ybtp0RX4cD8S4DwdiTKmLTU-hz5USQoO8HvlDiOyo&fs=e&s=cl
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Ostinatamente per la Pace
Dichiarazione di Vienna e Piano d’azione: panoramica
25.06.22 – International Campaign to Abolish Nuclear Weapons
La Dichiarazione di Vienna
Gli Stati parte hanno espresso il loro allarme e sgomento per le minacce di usare armi nucleari e hanno condannato inequivocabilmente “ogni e qualsiasi minaccia nucleare, sia essa esplicita o implicita e indipendentemente dalle circostanze”.
Affermando che il TPAN è più che mai necessario in queste circostanze, gli Stati parte hanno deciso di “procedere con la sua attuazione, con l’obiettivo di stigmatizzare e delegittimare ulteriormente le armi nucleari e di costruire costantemente una solida norma globale perentoria contro di esse”.
La Dichiarazione ha ribadito la base umanitaria del Trattato e gli imperativi morali, etici e di sicurezza che hanno ispirato e motivato la sua creazione e che ora guidano la sua attuazione.
Gli Stati parte hanno deciso di procedere con l’attuazione di tutti gli aspetti del Trattato, compresi gli obblighi positivi volti a rimediare ai danni causati dall’uso e dai test delle armi nucleari.
Hanno inoltre riaffermato la complementarità del trattato con il regime internazionale di disarmo e non proliferazione, compreso il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), e si sono impegnati a continuare a sostenere il TNP e tutte le misure che possono contribuire efficacemente al disarmo nucleare.
La Dichiarazione concludeva che “di fronte ai rischi catastrofici posti dalle armi nucleari e nell’interesse della stessa sopravvivenza dell’umanità… Non ci fermeremo finché l’ultimo Stato non avrà aderito al Trattato, l’ultima testata non sarà stata smantellata e distrutta e le armi nucleari non saranno state totalmente eliminate dalla Terra”.
Far aderire altri Paesi al TPAN
Universalizzazione, (Articolo 12), Azioni 1-14
Gli Stati si impegnano a rendere l’universalizzazione una priorità, anche attraverso:
Conducendo visite diplomatiche di sensibilizzazione con altri Paesi che non hanno ancora aderito (Azione 3);
Nominando un rappresentante governativo (punto di contatto) responsabile di questo lavoro entro 60 giorni (Azione 6);
Evidenziare l’importanza del TPAN nelle dichiarazioni alle Nazioni Unite e convincere un maggior numero di Paesi ad aderire alle risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a sostegno del Trattato (Azioni 8 e 9).
Coordinarsi con tutti i partner interessati, compreso ICAN (Azione 13).
Eliminazione delle armi nucleari
Verso l’eliminazione delle armi nucleari (Articolo 4), Azioni 15-18
Gli Stati hanno concordato di fissare una scadenza di 10 anni per l’eliminazione delle armi nucleari quando gli Stati dotati di armi nucleari aderiscono al TPAN e di 90 giorni per la rimozione delle armi dagli Stati ospitanti quando questi ultimi aderiscono al Trattato.
Gli Stati hanno concordato di proseguire la discussione sulla designazione dell’organismo responsabile della verifica del disarmo nucleare (Azione 15).
Aiutare le persone e i luoghi danneggiati dalle armi nucleari
Assistenza alle vittime, bonifica ambientale e cooperazione e assistenza internazionale (articoli 6 e 7), Azioni 19-32
Tutti gli Stati hanno concordato di adottare misure per creare un quadro di riferimento per l’attuazione, tra cui:
Consultare strettamente le comunità colpite in tutte le fasi e impegnarsi con la società civile e il sistema delle Nazioni Unite (Azioni 19 e 24).
Stabilire un rappresentante governativo (punto focale) responsabile di questo lavoro entro 3 mesi e adottare qualsiasi legge nazionale per attuarlo (Azioni 21 e 22).
Garantire i principi di accessibilità, inclusività e non discriminazione, nonché la trasparenza e prendere in considerazione un formato di rendicontazione (Azioni 25 e 28).
Esaminare come istituire un fondo fiduciario internazionale per finanziare questo lavoro (Azione 29)
Gli Stati che si considerano colpiti dall’uso e dai test delle armi nucleari hanno concordato di:
Iniziare a rivedere l’impatto dell’uso delle armi nucleari nel loro paese entro la seconda riunione (Azione 30)
Sviluppare un piano nazionale per iniziare ad aiutare coloro che sono stati colpiti dall’uso e dai test di armi nucleari e per bonificare l’ambiente entro la seconda riunione (Azione 31).
Altri Stati hanno deciso di fornire sostegno, anche finanziario e tecnico, agli Stati che si considerano colpiti (Azione 32).
Inclusione della società civile e delle comunità particolarmente colpite
Principi di inclusione e cooperazione tra le parti interessate nell’attuazione del Trattato, Azioni 39-42
Oltre ai riferimenti all’inclusione presenti in tutti i documenti finali, c’è una sezione specifica di azioni per garantire che questo lavoro sia inclusivo e trasparente, tra cui le seguenti azioni:
Cooperare strettamente con le Nazioni Unite, il Comitato internazionale della Croce Rossa, la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, il mondo accademico, le comunità interessate e altre organizzazioni della società civile (Azione 40).
Facilitare la partecipazione attiva delle parti interessate e tenere conto delle diverse esigenze delle popolazioni delle comunità colpite e delle popolazioni indigene e garantire una forte titolarità da parte di tutti gli Stati Parte (Azione 41).
Approccio progressivo al genere e al disarmo
Attuazione delle disposizioni di genere del TPAN, Azioni 47-50
Il Piano d’azione di Vienna impegna gli Stati a tradurre in azione il loro impegno per l’equità di genere, anche attraverso:
Nominando un Punto focale di genere per coordinare l’attuazione delle disposizioni di genere (Azione 48).
Sviluppare linee guida per garantire un’assistenza sensibile all’età e al genere per le persone danneggiate dall’uso e dai test delle armi nucleari e integrare le prospettive di genere nella cooperazione e nell’assistenza internazionale (Azioni 49 e 50).
Sostenere il lavoro
Decisione sull’istituzione di una struttura intersessionale per l’attuazione del Trattato e degli Aspetti aggiuntivi del sostegno all’attuazione del Trattato, Azioni 43-45
Gli Stati hanno concordato di istituire gruppi di lavoro informali per portare avanti queste azioni e un comitato per coordinarle, che includa la società civile e si riunisca almeno una volta ogni trimestre.
I gruppi di lavoro informali comprendono:
uno sull’universalizzazione, co-presieduto da Sudafrica e Malesia;
uno sull’assistenza alle vittime, la bonifica ambientale, la cooperazione e l’assistenza internazionale, copresieduto da Kazakistan e Kiribati;
e uno sull’attuazione dell’articolo 4, in particolare sui lavori relativi alla futura designazione di una o più autorità internazionali competenti, copresieduto da Messico e Nuova Zelanda.
Collaborazione con gli scienziati e altri trattati ONU
Decisione per l’istituzionalizzazione della consulenza scientifica e tecnica per l’effettiva attuazione del Trattato (creazione di un gruppo consultivo scientifico) e Istituzionalizzazione della consulenza scientifica e tecnica per l’effettiva attuazione del TPAN, Azioni 33-34
Gli Stati hanno deciso di creare un gruppo consultivo scientifico che si occuperà di:
Consigliare gli Stati parte e riferire regolarmente sullo stato e sugli sviluppi relativi alle armi nucleari, ai rischi delle armi nucleari, alle conseguenze umanitarie delle armi nucleari, al disarmo nucleare e alle questioni correlate.
Comprenderà fino a 15 membri e terrà conto della necessità di una distribuzione completa dei settori di competenza scientifica e tecnologica, dell’equilibrio di genere e di un’equa distribuzione geografica.
Relazione del TPAN con il regime di disarmo e non proliferazione nucleare, Azioni 35-38
Gli Stati hanno convenuto che il TPAN si basa, contribuisce e integra un’architettura di disarmo e non proliferazione ricca e diversificata e hanno concordato alcuni passi per evidenziarlo, tra cui:
Nominare un coordinatore informale per articolare le aree di cooperazione tra il TPAN e il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) (Azione 36).
Cooperare con altri organismi internazionali, come l’AIEA e la CTBTO, al fine di rafforzare la cooperazione (Azione 37).
Comunicato stampa di ICAN, l’originale sul sito dell’organizzazione premio Nobel, traduzione di Davide Bertok.
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COMUNICATO STAMPA
“UDIENZA PRELIMINARE DEL PROCEDIMENTO PENALE NEI CONFRONTI DI RWM, PROFESSIONISTI E FUNZIONARI COMUNALI DI IGLESIAS E DOMUSNOVAS”
Iglesias, 29 giugno 2022 – Si è tenuta questa mattina, in Tribunale a Cagliari, l’Udienza Preliminare relativa a presunti reati compiuti dai responsabili di RWM Italia S.P.A. e da alcuni funzionari dei Comuni di Iglesias e Domusnovas, nell’ambito delle attività relative alle autorizzazioni edilizie per il piano di ampliamento della fabbrica di bombe sita in area San Marco, tra i due comuni citati.
Sono comparsi, personalmente e/o rappresentati dai rispetti avvocati, gli imputati:
Sgarzi Fabio (Amministratore Delegato della RWM),
Demarchi Leonardo (funzionario RWM),
Ghiani Elsa Ersilia e Matzei Giuseppe (funzionari Comune di Domusnovas),
Tomasi Lamberto e Perseu Anna Rita (funzionari Comune di Iglesias),
Palmas Palmiro, Pibia Ignazio e Pompei Mauro (professionisti incaricati da RWM),
accusati complessivamente di ben 30 reati, fra i quali vari delitti ambientali e false attestazioni.
Hanno presenziato all’udienza per il tramite dei loro rappresentanti legali e/o degli avvocati, le varie associazioni che avevano dato il via all’indagine segnalando ripetutamente alla Procura della Repubblica atti e “stranezze” di RWM e degli uffici responsabili delle autorizzazioni, poi dichiarate illegittime dal Consiglio di Stato.
Le associazioni dichiarate “parti offese”, Italia Nostra ONLUS, Movimento nonviolento, Unione Sindacale di Base Cagliari, Cagliari Social Forum, Confederazione Sindacale Sarda, Assotzius Consumadoris Sardigna, Associazione Centro Sperimentazione Autosviluppo, Comitato Riconversione RWM, hanno presentato, per il tramite dei propri avvocati, altrettante richieste di Costituzione di Parte Civile, in maniera da ottenere dei risarcimenti da poter utilizzare a favore del pieno ripristino della legalità e della tutela dell’ambiente nel Sulcis-Iglesiente.
Anche l’associazione “Sardegna Pulita”, pur non essendo stata inserita tra le parti offese, ha avanzato richiesta di costituzione di parte civile, essendo tra quelle che da tempo hanno chiesto l’intervento del Tribunale sulle irregolarità della fabbrica Rwm.
Non si sono invece fatte presenti in alcun modo le amministrazioni comunali di Iglesias e Domusnovas e la Regione Sardegna, anch’esse indicate tra le parti offese, rinunciando – al momento – a tutelare gli interessi dei loro cittadini in sede giudiziaria.
Preso atto delle richieste degli avvocati difensori degli imputati, il Giudice Manuela Anzani ha rinviato l’Udienza al giorno 10 Ottobre 2022, alle ore 10.
PER LE COSTITUENDE PARTI CIVILI
Arnaldo Scarpa
(Comitato Riconversione Rwm)
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Il punto
IN PRIMO PIANO
La crisi delle democrazie e il futuro del pianeta
28-06-2022 – di: Gian Giacomo Migone su Volerelaluna.
Giungono nuove notizie allarmanti dagli Stati Uniti. La sentenza della Corte Suprema, ormai in balia di una maggioranza militante di centro-destra, che abolisce quella precedente Roe v. Wade, di fatto annulla il diritto federale di aborto, vigente da 50 anni, dando via libera ai singoli stati più o meno abolizionisti. Se a questo dato di fatto si aggiunge la difficoltà del Congresso di porre limiti anche esigui alla diffusione delle armi, che continuano a provocare stragi di innocenti, cresce il pericolo di una crisi democratica che rischia di diffondersi nel mondo intero. La democrazia americana è anche nostra. E scrivo americana perché mi riferisco a un intero continente di cui gli Stati Uniti costituiscono una parte, oggi meno egemone che mai.
La democrazia, intesa come sistema di governo fondato sulla sovranità popolare di cittadini elettori, a cui spettano diritti di rappresentanza e di libertà, in primo luogo di espressione, è oggi indebolita ovunque essa è presente, con scarsa consapevolezza dei suoi aventi diritto a causa della reticenza mediatica. Mi spiego con un esempio. I principali media, non soltanto italiani, hanno trascurato una notizia di rilevanza mondiale. Esponenti delle forze armate del Brasile, ove si svolgeranno elezioni presidenziali quest’autunno, hanno appena espresso la convinzione che esse non si svolgeranno regolarmente. Il presidente in carica, Jair Messias Bolsonaro – che nei sondaggi d’opinione risulta indietro di oltre una ventina di punti rispetto al suo sfidante, Luiz Inacio Lula da Silva (già presidente, per anni illegalmente detenuto a seguito di accuse di corruzione rivelatesi false) – ha subito cavalcato questa delegittimazione preventiva di un sistema elettorale a cui deve la poltrona su cui è seduto da quattro anni, ipotizzando un meccanismo di controllo parallelo, gestito dagli stessi militari. Con ogni probabilità si tratta del preannuncio di un tentativo di golpe, nel caso di un esito favorevole allo sfidante, nel paese dal corpo elettorale attivo più numeroso del mondo, dopo quello dell’India e degli Stati Uniti.
In India le elezioni hanno appena avuto luogo in forma regolare, anche se con un esito per altri versi inquietante, in quanto hanno confermato, a grande maggioranza, il governo di Modi, il quale persegue una politica che calpesta i diritti delle minoranze non hindu – in primo luogo, quella musulmana – e, di conseguenza, il compromesso costituzionale su cui si fonda quella democrazia.
Altrettanto, se non più pericoloso, per il potere militare colà detenuto, è lo stato della democrazia negli Stati Uniti d’America. Come noto, è in corso un’indagine della Camera dei Rappresentanti (ove, fino alle elezioni di novembre, i Democratici detengono la maggioranza) su quanto avvenuto in occasione dell’insediamento della presidenza Biden, il 6 gennaio 2021. Da filmati e testimonianze raccolte – non esclusa quella del ministro della giustizia dell’amministrazione Trump – l’assalto violento dei dimostranti, guidati da gruppi parafascisti alla sede del Congresso non è stato soltanto ispirato e, in parte, aizzato dal presidente uscente, ma ha avuto lo scopo di annullare e sovvertire l’esito elettorale che, secondo la procedura costituzionale, era in corso di definizione. L’iniziativa in atto, forse destinata a sfociare nell’incriminazione di Donald Trump, potrebbe essere interpretata come un segno di buona salute istituzionale e democratica, se non fosse accompagnata da una molteplicità di elementi di fatto che ne rendono problematica la conclusione. In primo luogo la grande maggioranza dell’elettorato che ha dato il proprio voto a Trump – secondo risultati ufficiali che gli hanno comunque assicurato oltre il 47% dei voti – continua ad essere convinta che l’esito sia stato taroccato a favore del presidente in carica. In ciò incoraggiati da Fox News, la più seguita emittente televisiva del paese, oltre che, sin dall’inizio – occorre non sottacerlo – da regole e meccanismi elettorali così assurdamente variegati, stato per stato, addirittura contea per contea, da offrire un’aura dì plausibilità anche a rilievi palesemente strumentali. Colpisce altrettanto lo scarsa attenzione che l’altra parte del paese, quella democratica, sembra dedicare alla controversia in atto. Un’opinione pubblica trasversale, da sempre volubile quanto e più della nostra, è oggi maggiormente concentrata su temi quali l’inflazione, la sicurezza pubblica, l’immigrazione, ora anche l’aborto, per gli effetti reali e percepiti sulle condizioni di vita di ciascun cittadino. I sondaggi di gradimento del presidente in carica, intorno al 30%, stanno a indicare il pericolo di una rielezione di un presidente dichiaratamente ostile, quantomeno indifferente, ai valori costituzionali del suo paese. Nel contempo, è sempre più evidente, nella politica estera di Washington, la contraddizione tra i valori professati e il modo in cui vengono esportati manu militari e con effetti negativi, mentre permangono le ferite all’habeas corpus causate dalle amministrazioni precedenti di cui il campo di concentramento di Guantanamo costituisce il monumento. È comunque da registrare in senso positivo lo sviluppo di un’area progressista guidata dal senatore Bernie Sanders, all’interno del partito democratico, che fa dichiaratamente riferimento al socialismo democratico, un tempo innominabile quanto il comunismo.
Ma in quale contesto si colloca la crisi democratica in atto, da cui il nostro continente, il nostro paese, sono tutt’altro che esenti, come dimostra, tra l’altro, la decrescente partecipazione dei cittadini alle scadenze elettorali?
In un’ottica globale sono in gioco due prospettive che la guerra in corso in Ucraina rende evidenti. Da una parte la dinamica e il prolungamento di quella guerra, scatenata dalla Russia e prima innescata, poi alimentata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati minori nell’ambito della NATO, costituiscono una sorta di prolungamento militarizzato, su terreno europeo e a spese della popolazione ucraina, della Guerra Fredda, disinnescata dalla caduta del Muro di Berlino. Dall’altra, si profila una lenta e difficile transizione dal bipolarismo, ancora favorito da Washington e da Mosca, a un sistema multipolare non ancora governato. A questo fine non sono sufficienti il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ancora paralizzato da veti incrociati, e il pletorico G20. Costituisce, invece, un interessante antidoto all’assetto precedente, la ricostituzione del BRIC – che, al di là dei regimi vigenti, comprende Brasile, Russia, India e Cina – e il suo allargamento al Sud Africa e, forse, all’Argentina. Restano fondamentali il consolidamento dell’ancora precaria Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) e – responsabilità nostra – il rafforzamento politico e strategico dell’Unione Europea, in prospettiva affrancata dai suoi vincoli con gli Stati Uniti. In tale contesto, favorito da scambi commerciali scevri da spinte autarchiche e militariste oggi prevalenti, i sistemi democratici, oggi pericolanti, potrebbero rilanciarsi in una pacifica convivenza con una dittatura in ascesa, che ha realizzato l’affrancamento di una parte cospicua della propria popolazione, ma che non ha superato un’inquietante sovrapposizione di poteri istituzionali, finanziari e militari. Quella della Cina che, anche per la neutralità assunta in sede ONU rispetto allo stato di guerra in atto, pur partecipando alla generale politica di incremento delle armi, non sembra avere abbandonato la tradizionale impostazione multipolare della sua politica internazionale.
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Armi all’Ucraina: due domande agli amici che hanno indossato l’elmetto
28-06-2022 – di: Livio Pepino
Su Volerelaluna
La guerra in Ucraina prosegue con un andamento che la propaganda bellica non riesce a nascondere. Com’era prevedibile, data la diversità delle forze in campo, l’esercito russo avanza. Lentamente, ma avanza. E l’occupazione si estende a località strategiche e si consolida (anche se il Governo di Zelensky e i media nostrani sostengono che il ritiro delle truppe ucraine è dovuto all’intento di attestarsi in una miglior difesa: sic!). La cosa non mi piace ma ciò non cambia la realtà. La guerra non finirà a breve e non ci saranno vincitori né dichiarazioni di resa. Quando le grandi potenze – non l’Ucraina – lo decideranno si arriverà a un compromesso, magari a partire dagli accordi di Minsk del 2014 e del 2015, firmati da tutte le parti e non rispettati da alcuna. Non sappiamo quando ciò avverrà ma a determinarlo saranno esclusivamente gli interessi geopolitici delle grandi potenze, come rivendicano, quotidianamente e senza pudore, non solo Putin e i suoi generali ma anche i governanti degli Stati Uniti e dei più importanti Paesi europei, che pretendono di dettare i tempi e i modi delle trattative. Intanto ci saranno ulteriori carneficine, distruzioni, esodo di popolazioni, sofferenze immani. Poi si arriverà al compromesso: quello stesso a cui si sarebbe potuti arrivare due o tre mesi fa o si potrebbe arrivare oggi. Che questa sia la situazione lo sanno tutti ma l’interesse geopolitico (ammantato con nobili parole) fa aggio sulla verità.
Perché quanto accade non sia solo una inutile mattanza bisogna, nonostante tutto, continuare a ragionare. Non sulla legittimità della resistenza degli ucraini all’invasione e al sopruso, che è un diritto fondamentale e inviolabile (https://volerelaluna.it/commenti/2022/04/21/a-due-mesi-dallinizio-della-guerra/), come quello dei curdi, dei palestinesi, degli yemeniti e dei tanti popoli ugualmente violati nel mondo. E neppure sul fatto che le vittime siano comunque tali e abbiano il pieno diritto alla relativa considerazione internazionale, indipendentemente dalle loro idee politiche e dalle scelte dei loro governi. Non sono questi, oggi, i nodi del contendere e quel diritto e quello status non sono affatto negati dai “pacifisti” che, al contrario, sono – in Italia e in tutta Europa, nonostante le accuse e gli insulti dell’establishment – quelli che più si spendono in aiuti alla popolazione ucraina e nell’organizzazione dell’assistenza ai profughi.
Il nodo del contendere è, oggi, l’atteggiamento della comunità internazionale (e, in essa, del nostro Paese) di fronte al conflitto in corso. Gli Stati Uniti e la Nato hanno scelto fin dall’inizio della guerra (anzi prima ancora dell’inizio…) la strada di un massiccio invio di armi all’Ucraina. E, in Italia, governo e parlamento si sono prontamente allineati, fedeli a un atlantismo acritico e subalterno, col sostegno dell’opposizione di Fratelli d’Italia e di tutti i grandi mezzi di informazione. Nessuna sorpresa in ciò. Ma colpisce che a questa linea si siano accodati, talora letteralmente indossando l’elmetto, molti intellettuali e studiosi un tempo schierati per la pace “senza se e senza ma”. Ferma la legittimità di ogni cambiamento di opinione, credo che ad essi almeno due domande (sincere e non retoriche) vadano poste, per riannodare – se possibile – le fila di un dialogo o, comunque, a futura memoria.
La prima domanda è all’apparenza provocatoria e paradossale (almeno se proveniente da chi è schierato per la pace subito). Se – come dicono i fautori dell’invio delle armi – quello in corso in Ucraina non è solo un conflitto territoriale (seppur gravissimo) ma uno scontro di valori e di principi in cui sono in gioco la democrazia, i diritti umani, la stessa civiltà a livello planetario e se, per questo, le scelte sul terreno non sono politiche ma etiche, perché la comunità internazionale deve limitarsi all’invio di armi (delegando agli ucraini la difesa sul campo di quei valori) e non intervenire direttamente con uomini ed eserciti? Perché – si dice – così facendo si scatenerebbe una nuova guerra mondiale, magari con l’uso di armi nucleari, con costi umani ed economici insostenibili. Risposta sacrosanta e del tutto condivisibile, direi ovvia. Che peraltro, a ben guardare, ribalta la premessa dell’invio delle armi e rende palese che anche in questo conflitto non ci sono decisioni eticamente necessitate bensì un delicato bilanciamento di principi e di interessi. Ma, se così è, il discorso si sposta sull’opportunità, sui costi, sull’efficacia dell’invio delle armi, da comparare con altri interventi possibili (negati solo da chi non li vuol vedere perché abituato a ragionare esclusivamente nella logica della guerra: https://volerelaluna.it/controcanto/2022/06/24/draghi-prigioniero-di-putin/) e con pressioni della comunità internazionale tese a favorire una soluzione negoziata del conflitto (a partire – già lo si è detto – da accordi accettati in passato da tutte le parti). Né si dica – almeno questo si deve alle vittime quotidiane di questa follia – che la vittoria è alle porte e, con essa, il trionfo del bene: affermazioni valide per la propaganda ma che nulla hanno a che fare con la realtà.
La seconda domanda è ugualmente pressante. Se l’aggressione e la violazione di un popolo sono un’offesa a tutta l’umanità a cui la comunità internazionale deve necessariamente rispondere con la forza e con le armi, perché questa soluzione è adottata in Ucraina e non anche in Kurdistan (dove è in atto un vero e proprio genocidio), in Palestina, in Yemen e via seguitando? Non basta dire che “non ce ne sono le condizioni”: se così fosse, si dovrebbe quantomeno lanciare una campagna, proprio a margine della guerra in Ucraina, perché quelle condizioni si realizzino. Né si parli, per favore, di benaltrismo – come taluno ha fatto, affermando che l’omissione di altri interventi doverosi non inficia la validità di questo –. Non è così. La diversità di trattamento, tanto clamorosa quanto taciuta, è, infatti, il sintomo inquietante del fatto che la tutela dei diritti varia, anche sul piano internazionale, a seconda che i loro titolari siano amici o nemici o, semplicemente, meno amici (e ciò riguarda non solo il sostegno alle popolazioni aggredite e violate ma anche l’accoglienza di chi fugge dalle guerre, come i fatti di ieri a Melilla ancora una volta dimostrano). Ma, allora, la battaglia per i principi e i valori si rivela, in realtà, una battaglia per interessi; ed è, all’evidenza, la ragione per cui la, pur doverosa e sacrosanta, condanna dell’invasione russa vede l’Occidente isolato e non è condivisa dal resto del mondo, governi e popoli (https://ilmanifesto.it/perche-il-sud-del-mondo-non-e-allineato-alloccidente).
È possibile avere, dagli amici che sostengono la necessità di continuare a inviare armi all’Ucraina, risposte pacate e sincere a queste domande?
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Precedente editoriale: appello per la Pace.
——Mercoledì 29 giugno 2022——-
—-Giovedì 30 giugno 2022——-
Appello per una proposta europea di cessate il fuoco
Nel precedente editoriale abbiamo dato spazio alla bella intervista che Marco Bevilacqua ha fatto al direttore di Avvenire Marco Tarquinio per Rocca (al riguardo ringraziamo gli amici e il direttore di Rocca, quindicinale della Pro Civitate Christiana di Assisi, con cui intratteniamo rapporti di collaborazione, consolidatisi nel tempo). Personalmente mi ritrovo
nelle riflessioni di Marco Tarquinio, condividendo la carica utopica e nello stesso tempo realistica, che le sue parole esprimono. In questa tristissima e cruenta vicenda della guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina, che sta provocando ogni giorno di più distruzione e morte, sembra che il problema fondamentale sia la vittoria finale. Ed è pertanto ovvio che occorra parteggiare per l’aggredito, l’Ucraina, che nonostante il dato di partenza alla stessa sfavorevole, possa rovesciare ogni pronostico e far trionfare la giusta causa di legittima e doverosa difesa. Prima o poi si arriverà a una fine di questa maledetta guerra. A che prezzo, oltre quello che le due parti in causa stanno pagando? Siamo in molti a credere che questa guerra non fosse inevitabile e che comunque debba essere quanto prima fermata. Come? Con gli strumenti alternativi allo scontro armato che il diritto internazionale e quello delle nazioni civili hanno elaborato nei millenni della storia dell’umanità. La nostra Costituzione li ha mirabilmente riassunti in un articolo (n. 11) che giustamente viene riproposto in tutte le circostanze che lo richiedano: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” L’Ucraina ha il diritto di difendersi, come sta facendo, richiedendo tutti gli aiuti possibili. Gli Stati occidentali concretizzano questi aiuti in contributi umanitari e in accoglienza a quanti scappano dai paesi e città bombardate (e su questo tutti si è d’accordo) e in armi (e su questo le posizioni si dividono). Ma il punto fondamentale è che l’alternativa allo scontro armato, cioè la trattativa, come appunto prevede il dettato costituzionale italiano, passa in secondo piano, in attesa che si determinino realistiche condizioni. Ma se queste non si cercano, seppure faticosamente, mai o quanto più tardi nel tempo si realizzeranno. Ecco un recentissimo appello promosso da alcune importanti organizzazioni nazionali e dal quotidiano Avvenire richiede con forza che cessi immediatamente il conflitto armato e che si avvii una vera trattativa. A questo compito sono chiamate ovviamente le parti in causa, e, con un ruolo di autorevole mediazione l’Unione Europea e l’Onu. Rimandiamo ogni ulteriore spiegazione al testo dell’Appello e alle argomentazioni di Marco Tarquinio, che lo sostiene, ospitate dal portale web de L’Osservatore Romano del 21 giugno scorso. Un’ultima considerazione: l’Appello appare del tutto coerente con le posizioni del Comitato No armi – Trattativa subito, presentato a Cagliari mercoledì 22 giugno, di cui diamo ampiamente conto in altra parte della nostra news. (Franco Meloni)
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Appello
per una proposta europea
di cessate il fuoco
21 giugno 2022
Anpi, Arci, Movimento europeo, il quotidiano «Avvenire» e altri organismi hanno firmato un documento congiunto per richiedere un intervento tempestivo di Unione europea e Onu a favore di un cessate il fuoco in Ucraina. Il documento, presentato il
20 giugno a Roma nella sede dell’ufficio italiano del Parlamento europeo, punta alla costruzione di un tavolo di pace simile a quello che portò agli accordi di Helsinki (1975), ma con protagonista l’Europa unita.
«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». (art.11 della Costituzione della Repubblica italiana). Siamo con la popolazione ucraina martoriata dalla guerra e vittima dell’aggressione russa.
L’Ucraina sta resistendo in molte forme, militari e civili, ma la guerra è sempre una sconfitta, per tutte le parti coinvolte, per la diplomazia e per la politica. Negli ultimi giorni si sta facendo più netta la preoccupazione per la drammatica accelerazione di un conflitto atroce, che può portare a un tragico scontro bellico mondiale e che sta già innescando una crisi alimentare pagata da tanti e soprattutto in alcune delle nazioni più povere del pianeta.
Spetta all’Unione europea la responsabilità di promuovere una concreta iniziativa di pace. La guerra è scoppiata in Europa e saranno i Paesi dell’Ue a sopportarne le conseguenze sociali, economiche, energetiche e militari. Sarà l’Ue responsabile in buona parte del finanziamento e della ricostruzione delle città e delle infrastrutture ucraine.
L’Ue deve immediatamente operare con una sola voce, con la spinta concorde del Parlamento europeo e della Commissione, diventando un affidabile intermediatore e non delegando solo agli Stati Uniti d’America e alla Nato decisioni che riguardano in primo luogo l’Europa.
Occorre operare affinché si stabilisca in Europa un nuovo clima di concordia e si avvii nel mondo, come ha affermato il presidente Mattarella a Strasburgo, «un dialogo, non prove di forza tra grandi potenze che devono comprendere di essere sempre meno tali». Si aprano subito negoziati per un definitivo accordo di pace!
La Russia deve immediatamente cessare le operazioni militari e a tutte le parti coinvolte chiediamo di avviare colloqui di pace e allo stesso tempo auspichiamo l’immediato ritiro delle truppe russe. Chiediamo a tutte le organizzazioni internazionali, in primo luogo alle Nazioni Unite, ma soprattutto all’Unione europea, di assumersi immediatamente la responsabilità di una intermediazione che consenta al più presto il cessate il fuoco in Ucraina ed eviti a tutti i costi l’allargamento e l’aggravarsi del conflitto in altre regioni d’Europa.
Chiediamo che l’Unione europea ed il nostro governo agiscano nell’ambito dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite con una decisa azione nei confronti del Consiglio di Sicurezza per l’invio di forze di interposizione (peace-keeping) sotto la bandiera delle Nazioni Unite, per garantire il rispetto del cessate il fuoco, facendo della protezione dei civili la loro priorità. Le operazioni umanitarie dovranno essere intensificate in Ucraina e ai suoi confini. Alle Nazioni Unite va garantito un accesso sicuro e senza ostacoli a tutte le aree del conflitto.
Chiediamo che venga stabilito subito un corridoio umanitario sicuro per i profughi e gli sfollati e per il transito di forniture mediche salvavita e del personale sanitario. Chiediamo che l’Ue agisca politicamente unita in sede di negoziato internazionale come soggetto mediatore con una posizione condivisa e forte, diventando quell’importante attore autonomo ed indipendente necessario nella fase di ridefinizione di nuovi equilibri geopolitici. Bisogna allontanare il rischio che l’Europa sia scavalcata e che siano altre le sedi in cui si prendono decisioni strategicamente fondamentali, anche per quanto riguarda un conflitto in uno dei Paesi ai confini dell’Ue.
Chiediamo che venga applicato dall’Unione europea l’art. 21 del Trattato dell’Ue (tit. V ) che sancisce: «L’Unione promuove soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite. (…) L’Unione opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di: (…) preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai princìpi della Carta delle Nazioni Unite, …».
Chiediamo che l’Unione europea attivi un sistema europeo di sicurezza comune e interdipendente, una vera e propria Unione della Difesa e della Sicurezza a due “braccia”, una militare non aggressiva e l’altra civile nonviolenta, di cui siano esplicitati e chiariti gli obiettivi, che dovranno essere mirati alla esclusiva difesa interna del territorio dell’Unione e dei suoi Stati membri ed esternamente al mantenimento della pace solo e rigorosamente in quanto forze di interposizione (peace-keeping) e al tempo stesso strutturi reti di difesa civile non armata e politiche comuni di cooperazione internazionale allo sviluppo sostenibile.
Chiediamo che l’Ue ridefinisca le regole di accoglienza di profughi e immigrati e di tutti coloro che fuggono dalle guerre, dalla violenza e dalla miseria. L’accoglienza dei profughi ucraini ha dimostrato che l’Ue può agire rapidamente e in modo efficace, usando lo strumento della protezione temporanea, ma portando a conclusione la riforma del regolamento di Dublino.
Chiediamo che l’Unione europea promuova nel quadro dell’Osce e delle Nazioni Unite e a partire dagli accordi internazionali esistenti (Accordi di Helsinki del 1975), un trattato fra tutti gli attori coinvolti nel conflitto, superando tutte le attività fin qui portate avanti in ordine sparso da singoli Paesi europei. Solo una Conferenza internazionale potrà affrontare la questione del disarmo multilaterale, stabile e condiviso, priorità per la sopravvivenza dell’umanità nel tempo delle armi di distruzione di massa sempre più governate da intelligenze artificiali e per il progresso sociale ed economico globale.
L’Unione europea, comunità di popoli e grande laboratorio di integrazione pacifica degli Stati, può favorire la costruzione di un sistema di equilibrio geopolitico multilaterale, pur nel rispetto di regimi politici ed economici diversi, e dare impulso allo sviluppo di governance mondiale condivisa. Sarà per questo urgente affrontare le profonde riforme necessarie alle istituzioni internazionali, a partire dall’Onu, dalle sue strategie e dagli organismi multilaterali a essa collegate.
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Una richiesta di pace che parte dal basso
Marco Tarquinio illustra l’iniziativa
Il direttore di «Avvenire», Marco Tarquinio, si sofferma sui punti salienti della proposta di pace e sul riscontro che in essa hanno le parole e i ripetuti appelli di Papa Francesco.
Quali sono i punti centrali di questa chiamata alla responsabilità?
È un appello che parte dal basso, che vuole spingere chi ha potere politico in una direzione diversa rispetto a quella intrapresa finora, ricordando tutti gli strumenti a disposizione. Innanzitutto l’Onu, laddove l’Ue, attraverso uno dei suoi membri, la Francia, deve assumersi la responsabilità di promuovere una iniziativa di intermediazione. Si sollecita poi l’intervento di una forza di interposizione, tenendo sempre aperto un corridoio umanitario. In sintesi, si chiede che l’Europa sappia diventare adulta, che si dia un sistema di sicurezza comune, con una vera e propria difesa della sicurezza con due braccia: una militare non aggressiva ed una civile e non violenta. L’altro grande appello riguarda le organizzazioni multilaterali, come l’Osce che dovrebbe diventare punto di riferimento e spirito delle azioni che vengono svolte, perché non si precipiti verso la direzione di Yalta, ma verso quella degli accordi che nel ’75 (Accordi di Helsinki) aprirono una fase nuova nel rapporto tra gli Stati europei, per la stabilità e la pace nel mondo.
Un’Europa adulta, lei dice, che ora sta finanziando con le armi il conflitto, ma che nel trattato Ue, all’art 21, ha scritta la chiamata alla responsabilità, alla promozione della pace, alle soluzioni multilaterali, a prevenire i conflitti. Ora tutto sembra paralizzato. Perché questo articolo non va?
Non va perché l’Europa non è concorde nella direzione da prendere, nonostante l’apparente unanimità delle prime fasi. L’auspicio è che, anche senza unanimità assoluta, almeno da parte delle istituzioni europee ci sia la capacità di prendere un’iniziativa di cooperazione rafforzata, come accaduto con la missione comune a Kiev dei leader di Francia, Germania e Italia. Vorremmo che ciò si consolidasse, utilizzando gli strumenti indicati dall’articolo 21 che va nella stessa direzione dell’11 della Costituzione della Repubblica italiana, quello che dice che l’Italia ripudia la guerra come strumento nella soluzione delle controversie con gli altri Stati. Vorremmo una iniziativa forte e coesa dei grandi leader europei, che rispondesse al sentire di tante popolazioni che non sono rappresentate da ciò che sta accadendo sulla scena pubblica.
Come si può sostenere la vostra proposta di pace?
Io credo che la strada sia quella di organizzare mobilitazioni dal basso, come già accade. Occorre dimostrare ai governi che non può permanere questo scollamento tra tanta parte dell’opinione pubblica e quelli che hanno le leve per spingere in una direzione diversa. Bisogna saper premere sui protagonisti della guerra, perché scelgano un percorso diverso, che la faccia finita con le sofferenze delle popolazioni, a cominciare dalla popolazione ucraina che, in questa fase, è quella aggredita.
Le posizioni del Papa sulla guerra sono state criticate e ritenute una utopia. Lei come le considera?
La cosa più grave è che siano anche state censurate. Credo che in questo momento si debba avere gratitudine verso il Papa. Ancora una volta c’è una strada che si inabissa e che sembra non si possa percorrere. Il Papa sa dirci questo e lo fa da uomo di fede, da primo cittadino di un mondo che non ha altri primi cittadini che sappiano prendere iniziative di pace. Non è un caso che anche i proponenti dell’appello a cui ho aderito, abbiano voluto rivolgersi per primi al mondo cattolico, attraverso il presidente della Cei, il cardinale Zuppi, che si è impegnato a riceverlo e a consegnarlo alla Santa Sede, perché tutti riconoscono in Francesco il punto di riferimento più alto, più credibile e più limpido, in un momento in cui, purtroppo, alcune delle altre voci che sono in campo, non hanno l’interesse generale della costruzione di un nuovo livello di sicurezza, di convivenza e di rispetto reciproco nel segno, fondamentale per noi cristiani, della fraternità.
di Gabriella Ceraso, su L’Osservatore Romano del 21 giugno 2022.
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Avvenire: il quotidiano cattolico fuori dal coro dell’informazione omologata.
L’INCONTRO
ROCCA 1 LUGLIO 2022
L’orrore delle armi il realismo della pace
conversazione con Marco Tarquinio*
[a cura di Marco Bevilacqua su Rocca]
Fin dall’inizio del conflitto in Ucraina, Marco Tarquinio non ha avuto dubbi: reagire alla guerra con la guerra non porta alla pace, ma produce come unico risultato una tragica serie di carneficine. Il quotidiano che dirige, l’Avvenire, è schierato con decisione sulla linea pacifista. Recentemente su quelle pagine Luigino Bruni ha scritto: «ci volevano tremila anni di Bibbia e duemila di Cristianesimo per rispondere a un’invasione militare con il mestiere delle armi?». Partendo dall’assunto che l’origine delle guerre va sempre ricercata negli interessi economici, Bruni individua la principale causa del fallimento dell’umanesimo cristiano, in questo e altri drammatici frangenti, nella modalità di selezione delle nuove classi dirigenti: la maggior parte dei manager oggi è formata dalle grandi agenzie globali di consulenza, i cui linguaggi sono di chiara ispirazione militare; per averne conferma basta esaminare le parole-chiave in voga nei corsi di strategia d’impresa, tutti costruiti sul registro maschile e sulla competizione intesa come lotta per vincere (tanto che loser, perdente, è il nuovo insulto in questo mondo). Ebbene, da queste scuole non sono uscite soltanto le élite economiche e bancarie, ma anche buona parte dei politici e dei funzionari che detengono le leve del potere nel mondo.
Direttore, se ne deduce che il capitalismo di oggi, fortemente impregnato del concetto di leadership, sia per sua natura destinato a produrre conflitti…
Tutte le guerre hanno motivazioni di fondo di carattere economico, e anzi vengono combattute con le armi dell’economia. E non mi riferisco soltanto, come nel caso dell’Ucraina, alle sanzioni che vengono imposte in reazione a un’aggressione. Ci sono anche guerre non dichiarate combattute esclusivamente sul piano dell’economia; fra il 2011 e il 2022 ne abbiamo viste di tutti i colori: penso alle aggressioni che ha subìto la Grecia (ma anche l’Italia stessa) da parte del capitalismo finanziarizzato, prima che l’Europa decidesse finalmente di tornare sui suoi passi. I costi umani di guerre come queste non sono i morti sotto le bombe, ma le persone che perdono il lavoro, la casa, la protezione sociale, l’assistenza sanitaria, la dignità. Sono gli effetti del mercato globale così come l’abbiamo costruito, un mercato senz’anima e senza umanesimo, ma retto da logiche di predazione e da una competizione esasperata. Se un tempo si poteva dire che la guerra fosse la prosecuzione della politica con altri mezzi, oggi potremmo dire che la guerra non è altro che la prosecuzione dell’economia.
Quindi sì, questo capitalismo produce conflitti.
L’accumulazione di risorse non è in sé un male assoluto, ma produce effetti diversi a seconda dell’uso che se ne fa e della presenza o meno di controlli e correttivi. Oggi i disequilibri e le disparità sono diventati giganteschi, insostenibili. Mi sembra che abbiamo perso l’ancoraggio al sistema di equità che è elemento fondativo del mercato, è questo il problema vero.
Torniamo alla guerra in Ucraina e alle posizioni del pacifismo. Un paese aggredito e invaso militarmente come dovrebbe reagire nell’immediato se non difendendosi con le armi?
È questo l’interrogativo drammatico cui dobbiamo cercare di dare una risposta. Io penso che esista una forma di resistenza alternativa al ricorso alle armi, che anche quando è puramente difensivo contribuisce ad alimentare il numero delle vittime civili. Sto parlando della difesa nonviolenta, che non significa resa, ma volontà di resistere senza il ricorso alle armi restando al proprio posto, assumendo il rischio della violenza altrui senza contrapporle altra violenza. È la strada indicata da Gandhi, da Martin Luther King, da Nelson Mandela, da papa Francesco. È la strada indicata da Cristo al cospetto di chi veniva a crocifiggerlo. Molti dicono che questa non sia una strada realistica, io invece sostengo che sia iperrealistica, l’unica sensata in un mondo sempre più brutale. È la scelta di chi non vuole che sia immolata una sola vita per rispondere alla prepotenza altrui e sopporta i soprusi, la prevaricazione, l’offesa rifiutando di adottare i metodi dell’aggressore.
La guerra è il male assoluto, dunque, da qualunque motivazione sia mossa.
Dopo aver vissuto, da cronista e da cittadino, decine di guerre in ogni parte del mondo, posso dire che non ho mai visto un conflitto che si concluda con la sconfitta del più ‘cattivo’, con il ristabilimento di una giustizia che assicuri la felicità dei popoli che hanno subìto un’aggressione. La guerra porta sempre non solo morte e distruzione fra gli innocenti, ma anche fratture profonde e irrimediabili. Pensiamo solo a quanto è successo in Iraq, per effetto del conflitto innescato da noi occidentali per ‘esportare’ la democrazia: gli yazidi e i cristiani sono stati vittime quasi invisibili del dopoguerra, i primi annientati dallo stato islamico, i secondi ridotti a una sesta parte di quel che erano. Per non parlare della Siria, dove una guerra alimentata da diverse ambizioni ha finito con il cancellare il mosaico sociale e religioso che esisteva pacificamente, pur sotto la cappa oppressiva del regime degli Assad. I conflitti arricchiscono qualcuno, ma portano all’annientamento di intere comunità, a epurazioni e segregazioni, e provocano ulcerazioni insanabili nei tessuti sociali. Le migliaia di morti che ne sono l’effetto più diretto hanno l’unico scopo di fare da piedistallo ai tavoli sui quali si concludono i negoziati e si siglano i trattati di pace, che potrebbero essere firmati prima delle carneficine, senza sacrificare nessuno al moloch della violenza. Dalla caduta del Muro di Berlino in poi, il grande fallimento di questi decenni è non aver saputo escludere la guerra dall’ordine mondiale, e non per paura dell’arma assoluta di distruzione di massa, ma per il desiderio di realizzare un equilibrio nuovo e diverso.
Se rispondere con le armi alle armi è deleterio, specie quando il conflitto minaccia di estendersi nel tempo e nello spazio, la via delle sanzioni imboccata da una parte della comunità internazionale per isolare la Russia può produrre risultati dirimenti?
Io sulle sanzioni ho un giudizio critico. Tranne che nel caso del Sudafrica, dove l’apartheid alla fine è stata sconfitta anche grazie all’isolamento internazionale, non ho mai visto cadere dittatori e oppressori per effetto di sanzioni. Le sanzioni non piegano i tiranni, ma piagano i popoli. Nel caso dell’Ucraina, per essere efficaci nel tentativo di fermare Putin, avremmo forse dovuto noi fare il sacrificio supremo, cioè chiudere completamente e fin dall’inizio, non gradualmente come si sta facendo, il rubinetto del gas e delle altre fonti fossili provenienti dalla Russia e affrontare scientemente e coraggiosamente la recessione e un prezzo sociale più pesante di quello che in ogni caso pagheremo. I nostri governi avrebbero dovuto spiegare all’opinione pubblica che tale scelta immediata sarebbe stata l’unica che consentisse di non fare il pieno ai carrarmati di Putin con i nostri soldi. Altrimenti si entra nel paradosso che stiamo vivendo: l’Europa sta aiutando l’Ucraina ogni giorno e in mille modi, ma contemporaneamente ogni giorno consegna nelle mani dei russi un miliardo di dollari per acquistare energia. Questa guerra, come sempre accade, sta arricchendo a dismisura i produttori di armi e si prepara a fare altrettanto con chi avrà il compito di ricostruire; e oltre a tutto ciò, nessuno si sogna di sospendere gli affari più lucrosi, quelli connessi al mercato energetico, che procedono come niente fosse. E così, l’aggressore viene esecrato e condannato, ma al tempo stesso resta il partner economico privilegiato.
Quella in Ucraina non è l’unica guerra in corso, purtroppo. Ce ne sono molte altre, in tutti gli angoli del mondo. Il suo giornale ne parla diffusamente, in una sorta di rubrica quasi quotidiana. Quanto è importante darne conto all’opinione pubblica?
India e Pakistan (entrambi potenze nucleari, non va dimenticato) combattono fra loro per il Kashmir da più di 27 mila giorni, con migliaia di morti.
In Congo cinque eserciti si affrontano per il controllo delle terre rare, essenziali per mantenere il sogno digitale delle società opulente. Nel mondo ci sono attualmente 169 conflitti aperti. Conoscerne le motivazioni, poter valutare quali siano le forze in campo e la posta in gioco aiuta a comprendere la realtà, a formarsi un’opinione libera dai luoghi comuni del mainstream. A capire magari che, nel gioco di egemonie fatto sulla pelle dei deboli, quelli che sono i ‘cattivi’ su un fronte talvolta sono anche i buoni soccorritori su un altro.
La guerra in Ucraina è anche un duro banco di prova per l’Europa. Come vede il futuro dell’Unione, alla luce delle sue divisioni interne sempre più marcate?
Temo che l’Unione Europea uscirà con le ossa rotte da questa crisi. Spero naturalmente che non sia così. Spero che, in questa tempesta, fra Mosca e Bruxelles non venga meno la possibilità di costruire un ponte che non escluda Kiev, ma la coinvolga in una forma diversa. L’Europa non deve rinunciare al suo ruolo di grande laboratorio di integrazione pacifica delle differenze, delle etnie, delle culture. Servono coraggio, creatività e coesione. Creare una difesa comune europea, magari chiaramente ispirata ai principi della nonviolenza e affidata in parte a militari e in parte a corpi civili di pace, servirebbe a rompere lo schema del riarmo nazionale e nazionalistico, che oggi rappresenta un ulteriore fattore di rischio per la stabilità internazionale. Auspico poi che nella crisi ucraina si produca una svolta grazie all’impulso diplomatico di Stati come la Germania e la Francia, specie quest’ultima, dato che è una potenza nucleare ed è membro permanente del consiglio di Sicurezza dell’Onu. Se riusciamo a capire che aiutare gli ucraini a fare la guerra non è l’unico modo di aiutarli, magari questa orribile tragedia potrebbe trasformarsi da macigno che seppellisce l’Europa a volano che ne rilancia il ruolo e il senso.
E l’Italia?
Ai tempi della famigerata Prima Repubblica, in caso di conflitti l’Italia riusciva sempre a tenere aperti canali di comunicazione con tutte le parti in causa, come nel caso di Israele e dei palestinesi. Anche durante i decenni della guerra fredda, i rapporti con Mosca non sono mai stati chiusi, e non solo per merito del Pci e delle sue peculiarità di grande partito di sinistra inserito in una dialettica politica democratica. Ora invece mi pare che per l’Italia questo contributo di dialogo sia venuto meno, per la mancanza di una linea di politica estera ben definita.
Gli Usa sono credibili come nazione guida delle democrazie occidentali e della Nato mentre al loro interno si susseguono con impressionante frequenza le stragi di innocenti causate da una indiscriminata circolazione delle armi? Gli autori delle stragi sono quasi sempre dei disadattati, persone isolate dalla comunità e a loro volta spesso vittime di violenze, segregazione, bullismo. Evidentemente siamo di
fronte a una società che non è in grado di gestire e curare un disagio che poi esplode in modo incontrollato.
Quando circolano tante armi, i disagi si armano. Va ricordato che tre quarti dei morti per arma da fuoco negli Usa sono suicidi, cioè persone fragili che fanno del male a se stesse.
L’America che continua a garantire come elemento di libertà inossidabile il poter disporre liberamente di armi non è certo il paese guida delle democrazie. Lo è però quando si riconosce nelle idee e nell’operato di persone come Robert Kennedy, l’uomo che, da ministro della Giustizia, fu capace di accompagnare la rabbia dei neri dopo l’assassinio di Martin Luther King con le armi della protesta civile, con un grande progetto di integrazione e di pacificazione. È quella l’America in cui mi riconosco: se Bob Kennedy fosse diventato presidente, sono certo che avrebbe indirizzato la parabola della democrazia americana in una direzione storica diversa da quella che poi è stata ed è oggi,
compresa la questione della circolazione di armi. Penso che avremmo potuto anche costruire una globalizzazione
diversa da quella che si è poi verificata. Il solco tracciato da Robert Kennedy (e in misura minore anche, prima di lui, da suo fratello John) attinge alle radici più belle e vigorose della democrazia e attende ancora di raccogliere un testimone. Anche se è un impero declinante, e sempre più esposto a una rivalità frontale con l’ascendente potenza cinese, la democrazia americana ha ancora grandi riserve positive al suo interno, e se saprà dialogare con l’Europa potrà continuare a essere non già il gendarme del mondo, ma una delle sue guide virtuose. Perché, esattamente come l’Europa, l’America è vincente quando è capace di attrarre con il proprio modello, non quando pretende di esportarlo sulla punta delle baionette che oggi sono i droni e le armi robotizzate.
I lettori dei giornali tradizionali sono in costan- te calo. I talk show privilegiano commentatori sempre più litigiosi e divisivi, i social alimentano la diffusione di notizie false o non verificate e soprattutto diffondono una visione del mondo basata sulla contrapposizione frontale. È sempre più difficile distinguere un fatto da un’opinione, e spesso ci sono fatti che non producono notizie e notizie che non hanno dietro un fatto. Che sta succedendo al mondo dell’informazione?
L’efficacia e il valore di ciò che circola oggi nel mondo dell’informazione dipendono anche dal grado di consapevolezza e dall’assunzione di responsabilità da parte dei lettori e dei fruitori di tali flussi, che al tempo stesso ne sono anche autori. Ma coloro che io chiamo i custodi dei pozzi di acqua potabile, cioè i giornalisti e i comunicatori di professione, continueranno ad avere un ruolo importante: sono loro prerogative la deontologia professionale, l’impegno solenne a garantire l’aderenza delle notizie ai fatti e la chiarezza nel qualificare chiaramente le opinioni come tali. Più la realtà si fa complessa e multiforme, più le persone avranno bisogno di informazioni solide e verificate. Il primo anno del Covid lo ha dimostrato chiaramente: nella mole gigantesca di dati e suggestioni in circolazione, nella quale spesso hanno regnato sovrane improvvisazione, dicerie e vere e proprie invenzioni, si è avvertita come non mai l’esigenza di trovare notizie attendibili e verificate, che aiutassero davvero a comprendere la situazione. Oggi la tendenza è sicuramente quella di trasformare le informazioni in slogan, come quelli che usano i politici ‘di grido’, mi consenta il termine, che utilizzano i social per sbraitare le loro verità e conquistarsi un consenso del tutto effimero. Il giornale, anche quello non su carta, non è soltanto un elenco di notizie o un palinsesto costruito grazie a un motore di ricerca che seleziona le firme che già conosciamo e gli argomenti che prediligiamo. È la preghiera laica del mattino, come diceva Hegel; è il racconto di un giorno della vita nel mondo, al quale cerca di dare un senso offrendo al lettore delle chiavi di lettura. Il mondo giornalistico dovrà in qualche modo riassestarsi, riposizionarsi organizzativamente sui nuovi media, ma lo spazio per un’informazione seria ci sarà sempre, se ci sarà sempre qualcuno capace di ascoltare davvero gli altri e disposto a battersi per garantire la libertà, l’approfondimento e la non omologazione delle notizie.
Marco Bevilacqua
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* Marco Tarquinio dal 2009 è direttore del quotidiano Avvenire. La linea editoriale del suo giornale è fortemente incentrata sui temi della pace, della lotta alla diseguaglianze, della giustizia e della sostenibilità economica e ambientale. Molta attenzione viene riservata alle esperienze del Terzo settore e della cosiddetta «economia civile»
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E’ online Rocca numero tredici/ventiventidue
A PARTIRE DA UN ARTICOLO DI ENZO BIANCHI
l’operazione del granchio
Editoriale di Mariano Borgognoni, Rocca 13/2022
Ho sempre apprezzato la chiarezza con cui Enzo Bianchi ha affrontato le questioni essenziali della fede cristiana, la sua capacità di spogliarla di tutte le sovrastrutture e di coglierne il nucleo, quell’elemento sul quale essa sta o cade. Per questo non sono rimasto sorpreso, come altri, quando ho letto un suo recente articolo su Repubblica, nel quale afferma che: «se non si crede che Gesù Cristo è vivente, è risorto da morte e ha vinto la morte, che ragione c’è a professarsi cristiani? Se non si crede che la morte è solo un esodo, che ci saranno un giudizio sull’operato umano e una vita oltre la morte, perché si dovrebbe diventare cristiani e perseverare in questa appartenenza?». Sono andato subito a ripescare nella mia libreria un piccolo libro-intervista dal titolo Ricominciare, pubblicato dalla Marietti nel 1991. In esso il fondatore della Comunità di Bose, citando un Padre della Chiesa del IV secolo, scrive una cosa che allora, 31 anni fa, mi colpì molto: «è come nella caccia alla volpe, dove i cani che non l’hanno vista, prima o poi si stancano, rinunciano e tornano a casa; mentre quei pochi che hanno visto la volpe proseguiranno la loro caccia fino in fondo». «Ecco» – chiosa fratel Enzo – «il problema è far vedere la volpe ai giovani, far conoscere Gesù Cristo. Poi il resto, compreso l’agire etico, viene da sé». Per questo non mi sorprendo nemmeno quando Bianchi, in un articolo successivo, torna a criticare il moralismo e l’ossessione sessuofobica delle gerarchie ecclesiastiche e apre, semmai, una questione che chiamerei di democrazia nella Chiesa. Perché certo la Chiesa non è una democrazia ma nel senso che dovrebbe essere più che democratica, non meno. Mi sento francamente vicino alle posizioni espresse con molta
parresia da Enzo Bianchi. Credo che anche nell’areopago moderno bisogna osare l’annuncio nella sua essenzialità ed intierezza, anche scontando l’incomprensione a cui andò incontro Paolo ad Atene. I surrogati non conquistano nessuno. La riduzione della fede ad etica, del paradosso evangelico ad istanza morale, direi perfino della redenzione a giustizia sociale, è un’operazione che non porta lontano, perché non c’è bisogno della religione per essere in grado di darsi istanze etiche, morali, sociali, spirituali. In questa direzione, storicamente parlando, le religioni hanno talvolta aiutato, talaltra ostacolato il cammino della convivenza e della giustizia umane. Ai cristiani, peraltro, non può bastare il «non possiamo non dirci cristiani» di Benedetto Croce, una specie di milieu genericamente cristiano nel quale una sorta di religione civile inghiotte la scorza e sputa la polpa della fede. Alla fine questa via porta a una diluizione del tutto analcoolica del messaggio evangelico. Bisogna invece fare l’operazione del granchio che per rigenerarsi si libera del carapace.
Se la corazza ti soffoca devi liberartene, sarai più fragile, avrai bisogno di un periodo di nascondimento, ma questo infine ti riporterà a contatto con la linfa vitale delle origini che, altrimenti, rischia di essere sepolta dal nobile e dall’ignobile di una lunga storia. Ciò che è decisivo non è aggiungere ma togliere. Detto questo, cioè detto il cosa annunciare, non si può non affrontare il come, che è altrettanto importante.
Non sarebbe una cattiva idea scegliere la strada indicata dalla Lettera a Diogneto: vestire, lavorare, vivere come tutti nella città comune ma saper dire o fare in molti modi la parola o il gesto della fede. Essere «liberi sopra ogni cosa e non sottoposti ad alcuno e servi in ogni cosa e sottoposti ad ognuno» secondo la celebre definizione luterana. E così rendere ragione della nostra speranza. Avere radici ma senza che esse diventino catene. Lungo questa impostazione, direi a caduta, dovrebbero essere messe sul tavolo le scelte a cui il Sinodo, sinodalmente è chiamato. Poche e chiare decisioni e non un parlare a vuoto di tutto. Faccio per dire: in un universo ecclesiale clericocentrico, con i ruoli fondamentali tutti al maschile aprire almeno al diaconato femminile per inaugurare una riflessione ancor più di fondo sui ministeri; operare un rinnovamento liturgico che renda comprensibili e vive le celebrazioni; rendere possibile a tutti i battezzati di presiedere gli organismi parrocchiali, diocesani, fino alla Curia romana, etc.
Quanto al come non è poi irrilevante affrontare il contesto sociale e culturale, saperne leggere le caratteristiche e le tendenze di fondo. Non è questo un perditempo sociologico poiché, fermo l’annuncio nella sua nudità, è necessario comprendere la cornice nella quale collocarlo, bisogna capire la «lingua» dei contemporanei se non si vuol rischiare di essere fraintesi o del tutto inascoltati. O, come spesso nella liturgia, proporre formule insapori, inodori e incolori o, peggio, talvolta del tutto non accettabili a noi stessi che le recitiamo (nel senso peggiore della recita). Il problema è che se il moderno ha secolarizzato l’idea di salvezza affidandola per intero alla scienza o alla rivoluzione, il contemporaneo ha secolarizzato la secolarizzazione rendendo irrilevante l’idea stessa di salvezza. La parola redenzione, anche in termini laici, è scomparsa. Nella sua seconda enciclica, la Spe salvi (2007), Benedetto XVI parla di una crisi della speranza che erode la base della fede. Viene in mente il verso leopardiano: «nonche’ la speme il desiderio è spento». Nello schiacciamento sul presente e sull’immediato non solo si attenua la capacità di pensiero lungo, ma anche la coltivazione di desideri profondi che domandano perseveranza e senso dell’attesa. E se non si attende un non ancora si colpisce con il martello il nervo scoperto della fede dei cristiani, che sta molto in questo attendere inteso come fare e aspettare insieme, secondo la ricchezza del suo etimo nella nostra lingua. Eppure tanti segni ci dicono come sotto un apparente debole narcisismo, si nasconde il «calderone ribollente» tipico della condizione umana, perché in fondo resta vero che il presente non basta a nessuno. Le grandi narrazioni di senso, tutte, anche quelle totalmente immanenti avevano un elemento di trascendimento, un orizzonte, starei per dire un territorio del sacro, dell’oltre, che resta decisivo non solo per la salvezza ma anche per la salute dei terrestri. Ma quell’oltre e specificamente quello che indicano i cristiani deve anche evitare, per essere credibile, che il non ancora mangi del tutto il già. Per questo la Chiesa non può blindarsi nei recinti dove spesso il troppo umano viene sacralizzato. La Chiesa in uscita che insieme a tutti prova ad alleggerire il mondo dalle ingiustizie e a curare i percorsi di umanizzazione, non è l’alternativa all’annuncio della risurrezione ma è l’unico modo per anticiparne, sia pure poveramente, la logica, il senso, il bisogno, il sogno.
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Dibattito
Autodeterminazione dei popoli e responsabilità globale
di Giannino Piana su Esodo
Chi è favorevole all’invio delle armi all’Ucraina dice che per la difesa della libertà si deve rischiare di perdere la vita, tra la libertà e la vita il primato è della libertà, come nel caso del fine vita. Consideri valida questa contrapposizione e pensi legittimo il paragone con il caso del suicidio assistito?
La libertà è senz’altro un grande valore che non può essere sottovalutato: ne va dell’identità stessa del soggetto umano. Ma occorre intanto distinguere tra la libertà personale e quella di un popolo, del rispetto cioè della sua autonomia territoriale e di governo a livello socio-economico e politico. Nel primo caso – quello della libertà personale – il singolo, laddove gli venga negata la possibilità di vivere nella fedeltà ai valori in cui crede, e sia dunque obbligato ad andare contro la propria coscienza, o venga costretto a rinnegare la propria fede religiosa può anche mettere a rischio, fino a perderla, la propria vita. Non è stata forse questa la testimonianza dei martiri cristiani?
Diverso e più complesso è il discorso relativo alla difesa della libertà da parte di una nazione ingiustamente invasa da un’altra nazione. La reazione a questa situazione dando vita a una vera guerra, sia pure difensiva (e di conseguenza la fornitura di armi da parte di altri Paesi come sta avvenendo in Ucraina), è eticamente inaccettabile. Non esiste guerra giusta! Il dilemma libertà-vita non può dunque che risolversi a favore della vita, e questo tanto più se si considera che l’autorità che decide l’intervento bellico coinvolge la vita di altri, che non sempre sono d’accordo a metterla a repentaglio (o a perderla) per una causa che possono anche non condividere. Questo non significa che si debba rimanere inermi di fronte a un attentato alla propria libertà nazionale, ma che occorra scegliere altre vie di difesa, che vanno dalle operazioni di polizia internazionale – purtroppo oggi di difficile esecuzione per l’inesistenza di organismi internazionali adeguati, Onu inclusa – alla difesa nonviolenta e alla mediazione diplomatica. D’altra parte, a spiegare l’esasperazione dei conflitti, che conducono alla guerra – il caso della Russia e dell’Ucraina rientra in questo quadro – concorre oggi la rinascita esasperata dei nazionalismi e dei patriottismi, che rappresentano una forma di reazione nei confronti del declino degli Stati-nazione, il cui potere è sempre più limitato dall’avanzare della globalizzazione, a causa della quale i processi socioeconomici e politici scavalcano di continuo le loro frontiere. Quanto al paragone con il suicidio assistito non mi pare esistano le condizioni per un confronto. Intanto nel caso del suicidio assistito si tratta di una scelta del singolo individuo, la cui legittimità dovuta all’applicazione del principio di autodeterminazione non è lasciata, anche da parte di chi la sostiene per motivazioni etico-religiose – si vedano gli interventi puntuali di Hans Kung e delle chiese protestanti – all’arbitrarietà della decisione personale, ma comporta il verificarsi di precise condizioni oggettive dalle quali non è possibile prescindere. Il principio di autonomia e di autodeterminazione non è assoluto; deve fare i conti in bioetica con altri principi – beneficenza e giustizia sociale – che ne limitano l’esercizio.
Nel caso della guerra attuale, viene affermato il valore assoluto della libertà e dell’autodeterminazione del popolo ucraino: se si porta fino in fondo questo principio, oltre al rischio nucleare, ci sono conseguenze terribili per le fasce più povere in Europa ma soprattutto in Africa. Intere popolazioni rischiano la fame e la morte. Questa è una conseguenza indiretta, ma facilmente prevista, che va considerata, in una valutazione etica? In un mondo interconnesso, che peso hanno le valutazioni etiche di un’azione legittima e doverosa con conseguenze negative per la vita e la libertà in altre aree del mondo?
L’autodeterminazione (e la libertà) anche in questo caso come in quello della bioetica non può essere considerato un principio assoluto. Le terribili conseguenze ventilate sono realistiche. Il rischio è di scatenare una vera guerra mondiale, con pesanti ricadute negative soprattutto sulle fasce più povere della popolazione. E questo anche perché il sempre più consistente incremento delle diseguaglianze sociali e tra i popoli – incremento dovuto alla persistenza di un sistema economico, che, nonostante le molte falle non solo di ordine etico, ma anche produttivo (si pensi soltanto al primato dell’economia finanziaria su quella reale) – rende impossibile la realizzazione di un’equa distribuzione della ricchezza e, grazie al prevalere della logica consumista, impedisce che si giunga a un effettivo cambiamento degli stili di vita, reso necessario anche dalle dimensioni drammatiche assunte dalla questione ecologica. L’interconnessione del mondo, in ragione del fenomeno già ricordato della globalizzazione, conferisce un peso determinante a scelte come quella cui si fa qui riferimento. La valutazione etica dei processi che si innescano in un’area circoscritta del pianeta non può limitarsi a considerare gli effetti che si producono su tale area; deve avere come referente la situazione mondiale. E questo anche in presenza di buone ragioni per ritenere legittimi i processi che si intendono attivare ma le cui conseguenze vanno valutate in una prospettiva universalistica.
Putin viene paragonato a Hitler come il “male assoluto”: la difesa dell’Ucraina è quindi la difesa del Bene contro il Male, dei valori assoluti contro i disvalori assoluti. Siamo in un nuovo “scontro di civiltà”. Non c’è quindi spazio per la democrazia e l’accordo. Da un punto di vista etico è corretta questa impostazione? Che significa la distinzione fatta da Giovanni XXIII tra il peccato e il peccatore?
Il paragone tra Putin e Hitler è assolutamente inaccettabile. Intanto per il mutato contesto storico. Ma soprattutto per la diversa gravità degli interventi. Non va certo sminuita la responsabilità di Putin nei confronti di delitti efferati, frutto di un regime autoritario, che si difende non lasciando alcuno spazio alla critica e al dissenso, anzi cancellandoli anche attraverso operazioni di tragica violenza. Così come si deve condannare con forza, senza se e senza ma, la sua invasione dell’Ucraina. Il che non deve tuttavia condurre alla sottovalutazione delle responsabilità dell’Occidente – America ed Europa – che ha concorso con alcune prese di posizione a esasperare la
tensione. La contrapposizione tra Male assoluto e Bene assoluto non è plausibile e contribuisce, se esasperata, a dare vita a quel deplorevole “scontro di civiltà”, che vanifica ogni possibilità di mediazione diplomatica. La situazione della guerra in Ucraina non può certo trovare sbocco positivo se – come peraltro purtroppo finora avviene – si assumono da ambo le parti posizioni di radicale intransigenza. La possibilità di una trattativa efficace è legata, oltre che all’abbandono di giudizi drastici come quelli ricordati, alla volontà di trovare un punto di accordo, che presuppone la rinuncia a qualcosa da tutte e due le parti. La distinzione proposta da papa Giovanni tra il peccato e il peccatore (o tra l’errore e l’errante) riflette il “non giudicate” evangelico, che non riguarda tanto l’azione, che deve essere valutata con rigore e di cui va denunciato con forza quando si rende necessario il contenuto negativo, ma il soggetto della stessa, di cui non è possibile conoscere fino in fondo l’intenzionalità profonda, in quanto la disposizione interiore rimane sempre e comunque avvolta nel mistero.
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Per una proposta di pace dell’Unione europea
20 GIUGNO, ROMA: CONFERENZA STAMPA “Per una proposta di pace dell’Unione europea”
Lunedì 20 giugno, alle ore 11:00, avrà luogo a Roma presso la Sala delle Bandiere dell’Ufficio di Informazione in Italia del Parlamento europeo, la Conferenza stampa di presentazione dell’appello promosso da ANPI, ARCI, Movimento Europeo, Rete italiana Pace e Disarmo, Marco Tarquinio “Per una proposta di pace dell’Unione europea”.
“(…) L’Unione Europea deve immediatamente operare con una sola voce, con la spinta concorde del Parlamento Europeo e della Commissione, diventando un affidabile intermediatore e non delegando agli Stati Uniti d’America e alla NATO decisioni che riguardano in primo luogo l’Europa. Si aprano subito negoziati per un definitivo accordo di pace! (…)”.
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Pace, un obiettivo possibile
di Gianfranco Pagliarulo*
Perché con Arci, Movimento Europeo e il direttore de “L’avvenire” abbiamo promosso la conferenza stampa del 20 giugno. L’urgenza di una generalizzata mobilitazione popolare. Il ruolo della UE, i suoi ritardi e le sue contraddizioni. Lo scenario continentale e mondiale
Europa Guerra e Pace Mondo
Non ci rassegniamo e non ci rassegneremo mai alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Per questo il 20 giugno l’Anpi, l’Arci, il Movimento Europeo e il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, presenteranno in conferenza stampa un appello all’Unione Europea per una proposta di pace in Ucraina. Nell’appello si pone a valore il tema del ruolo dell’Ue nella trattativa e di una futura conferenza di pace. Con la conferenza stampa avviamo una campagna nazionale unitaria che vedrà protagonisti i territori, in molti dei quali da tempo l’Anpi è impegnata in forme diverse sul tema del contrasto alla guerra in Ucraina.
Abbiamo costruito questo appuntamento in più di un mese di lavoro, mentre la natura della guerra in corso assume una dimensione sempre più totalizzante; al conflitto propriamente militare, col suo spaventoso corollario di sangue e distruzione, si è aggiunta una guerra commerciale, una guerra “del grano”, una guerra finanziaria, una guerra delle materie prime e della produzione, una guerra dell’informazione, una guerra informatica, e chi più ne ha più ne metta. Non solo: la dimensione del conflitto coinvolge direttamente l’intero occidente politico e la Cina, e indirettamente tutto il mondo.
Nessuno è in grado di formulare una ragionevole previsione degli esiti di questa drammatica vicenda, che vanno dal peggioramento delle condizioni di vita di popoli di interi continenti (come sta già avvenendo) fino all’ipotesi più tragica dell’estensione su scala più generale di un conflitto armato. Si avverano le previsioni e le visioni di Papa Bergoglio – la Santa Sede continua ininterrottamente a operare perché siano deposte le armi in Ucraina – sulla terza guerra mondiale “a pezzi”, e la sua drammatica diagnosi: “la guerra non solo distrugge il popolo sconfitto, no, distrugge anche il vincitore; distrugge anche coloro che la guardano con notizie superficiali per vedere chi è il vincitore, chi è lo sconfitto”.
In questo scenario fino a oggi la grande assente è stata l’Unione Europea, cioè il luogo politico, giuridico e geografico che avrebbe potuto e dovuto svolgere un ruolo di mediazione, di ricerca di accordo, di agreement. I cento e passa giorni della guerra, alimentati con un flusso di armi di dimensioni ciclopiche, hanno portato a un ovvio aumento quotidiano delle vittime e delle distruzioni e a una lenta ma progressiva conquista di territori da parte della Federazione russa.
Nell’Ue si misurano, sia pure in modo controverso e contraddittorio, due linee presenti spesso nello stesso soggetto: la linea di chi incita alla guerra “fino alla vittoria sul campo” (come l’alto responsabile della politica estera Josep Borrell, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, le Repubbliche baltiche e la Polonia). Viceversa, Macron, Scholz e da qualche settimana – sembra – anche Draghi, si sforzano di proporre la linea di una trattativa, sia pure con modalità fra loro diverse e senza un coordinamento.
Né si vede, al di là di qualche “boatos”, una chiara volontà di negoziare da parte di Putin, anzi: le recenti grottesche dichiarazioni – “odio l’Occidente” – dell’ex premier russo Dmitrij Medvedev, ritenuto da molti un moderato, rendono la situazione ancora più difficile.
Anche in casa Nato si registrano contrasti di varia natura. Il segretario generale della Nato Stoltenberg sposa le tesi più radicali (una guerra a oltranza). Intanto, mentre cresce la tensione fra Grecia e Turchia sulla sovranità di alcune isole dell’Egeo, Erdoğan annuncia una nuova operazione militare ai suoi confini meridionali in terra siriana contro i curdi e minaccia il veto sull’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato a causa dell’ospitalità data da questi Paesi a persone legate al Pkk curdo, accusato di essere un’organizzazione terrorista. Tale preoccupazione di Erdoğan è stata definita da Stoltenberg “legittima”, nonostante il determinante impegno militare curdo – di cui l’Occidente sembra essersi dimenticato –, compreso il Pkk, contro l’Isis. La Finlandia, a sua volta, annuncia di non entrare nella Nato ove la Svezia fosse costretta a rinunciare per le minacce di Erdoğan.
In questo generale disordine continua la pur lenta avanzata russa in Ucraina: a quasi quattro mesi dall’invasione si sta per completare l’occupazione del Donbass. Qualsiasi trattativa non può che partire dallo stato della situazione militare; di conseguenza più tempo passa, più –verosimilmente – il negoziato vedrà la Russia su posizioni di forza. L’invio delle armi all’Ucraina non è servito a fermare l’avanzata russa e ha contribuito a estendere lo scenario di distruzione e di morte del conflitto. Ciononostante, si intensifica la richiesta di armi da parte di Zelensky e la conseguente offerta, sia pur diversificata, da parte dei Paesi della Nato.
Anche per questa ragione è urgente la promozione di un negoziato ragionevole e realistico. L’alternativa è il continuo innalzamento dell’asticella in un conflitto che coinvolge (e costa) ogni giorno di più ai Paesi Ue e coinvolge (con minori costi) gli States. Nella crisi economica, oramai conclamata in tutta Europa, e nella dichiarazione di trovarsi in una economia di guerra, esplicita nelle recenti parole di Macron, implicita nei comportamenti di quasi tutti i Paesi Ue, ci perdono i popoli e ci guadagna astronomicamente l’industria delle armi.
Si aggiunge infine un’altra ragione per cui urge chiudere il conflitto e operare per una conferenza di pace. La ragione è nei rumori di fondo che portano al lontano Oriente e in particolare alla Cina, sempre più vissuta dagli States come la vera minaccia. Così si spiegano il recente patto trilaterale Usa-Australia-Regno Unito (Aukus del 2021) con relative polemiche da parte di Macron, il tentativo Usa di rafforzare il Dialogo quadrilaterale di sicurezza (Quadrilateral Security Dialogue, Qsd), alleanza strategica informale con Australia, Giappone e India, il summit globale delle democrazie a trazione Usa del dicembre 2021. Le recentissime tensioni fra Stati Uniti e Cina sulla questione Taiwan sono la spia di un meccanismo a orologeria il cui conto alla rovescia potrebbe essere già partito.
In questo scenario il conflitto in corso in Ucraina è la scintilla che potrebbe innescare quel timer verso una guerra generale. L’unica cosa certa è che in questa situazione tutti i popoli del mondo stanno già peggio, ed è quindi obbligatorio depotenziare le tensioni e far cessare le guerre in corso.
L’impegno dell’Anpi per la pace non è nato il 24 febbraio 2022, ma era, è e sarà una stimmate dell’associazione, una delle sue ragioni d’essere. Anche per questo, assieme alla conferenza stampa del 20 giugno e in coerenza con l’appello unitario che quel giorno lanceremo, occorre dar vita, in tutti i territori del Paese, a centinaia di iniziative e di mobilitazioni affinché si veda e si senta una forte voce popolare: la voce di un popolo che non vuole la guerra, non vuole l’economia di guerra, non vuole l’informazione di guerra (altro che putiniani!), e vuole invece una nuova coesistenza pacifica. Alle due tradizionali parole-programma, pace e lavoro, se ne aggiunge oggi una terza fondamentale: ambiente. E la guerra, qualsiasi guerra, le cancella alla radice.
*Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi, su Patria indipendente.
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COMUNICATO STAMPA 18/6/22
L’appello delle realtà cattoliche
L’Italia non può disertare la conferenza di Vienna sul trattato per l’abolizione delle armi nucleari
Il rischio della guerra nucleare è più vicino che mai. È difficile comprendere perciò la scelta dell’Italia di non partecipare, neanche come Paese Osservatore, al contrario di Germania e Olanda, alla Conferenza di Vienna dei Paesi che hanno ratificato il “Trattato per l’abolizione delle armi nucleari”. Le armi nucleari sono armi di distruzione di massa, eticamente inaccettabili anche nel semplice possesso, come ha più volte sottolineato papa Francesco: perché allora non ratificare il Trattato che ne sancisce l’abolizione, già ratificato da 62 Paesi di ogni parte del mondo?
La recente Assemblea Generale dei vescovi italiani ha ripreso e rilanciato nel suo messaggio finale l’appello di oltre 40 associazioni e movimenti cattolici che chiede all’Italia di aderire al “Trattato per l’abolizione delle armi nucleari”, adottato dalle Nazioni Unite fin dal 2017.Come ha messo in evidenza in questi giorni lo “Stockholm International Peace Research Institute” (SIPRI) di Stoccolma, il più autorevole Ente internazionale di ricerca su questi temi, «il rischio di utilizzo di armi nucleari sembra più alto ora che in qualsiasi momento, dall’apice della Guerra Fredda». Gli Stati dotati di armi nucleari stanno aumentando o aggiornando i loro arsenali. Siamo davanti ad una tendenza definita “molto preoccupante” dallo stesso SIPRI.
Il nostro appello, lanciato il 2 giugno 2021 con il titolo Per una Repubblica libera dalla guerra e dalle armi nucleari, è il risultato di una lettura condivisa e urgente dei segni dei tempi per il bene del nostro Paese e dell’intera umanità.
La scelta dell’Italia è incomprensibile dopo il segnale positivo arrivato lo scorso 18 maggio 2022 con la Risoluzione approvata dalla Commissione Esteri della Camera dei Deputati che impegna, almeno, il Governo “a valutare la partecipazione dell’Italia come «Paese osservatore» alla Prima Riunione degli Stati Parti del Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPNW)”, in programma a Vienna dal 21 al 23 giugno 2022.
Sollecitiamo perciò nuovamente, in coerenza con la campagna “Italia ripensaci” promossa dalla società civile, la diplomazia italiana a compiere un passo concreto per una qualsiasi forma di presenza del nostro Paese nella Conferenza che si svolgerà dal 21 al 23 giugno a Vienna per iniziativa dell’International Campaign for the Abolition of Nuclear weapons (premio Nobel per la Pace 2017), assieme all’International Physicians for the Prevention of Nuclear War (premio Nobel per la Pace 1985).
Davanti alla temuta escalation della guerra in Ucraina si rivelano di una stringente attualità le parole profetiche di don Primo Mazzolari: «Abbiamo bisogno di giustizia sociale, non di atomiche».
Laila Simoncelli, coordinatrice Diritti Umani e Giustizia Comunità Papa Giovanni XXIII
lailaita@libero.it
Michele Tridente, Segretario Generale dell’Azione cattolica italiana
m.tridente@azionecattolica.it
Stefano Tassinari, vicepresidente nazionale Acli
stefano.tassinari@acli.it
Carlo Cefaloni, Movimento dei Focolari, redazione rivista “Città Nuova”
carlo.cefaloni@gmail.com
Don Renato Sacco, Consiglio nazionale Pax Christi
renatosacco1@gmail.com
Anselmo Palini, saggista
palini.anselmo@gmail.com
Per la Pace. Ostinatamente!
COMUNICATO STAMPA 18/6/22
L’appello delle realtà cattoliche
L’Italia non può disertare la conferenza di Vienna sul trattato per l’abolizione delle armi nucleari
Il rischio della guerra nucleare è più vicino che mai. È difficile comprendere perciò la scelta dell’Italia di non partecipare, neanche come Paese Osservatore, al contrario di Germania e Olanda, alla Conferenza di Vienna dei Paesi che hanno ratificato il “Trattato per l’abolizione delle armi nucleari”. Le armi nucleari sono armi di distruzione di massa, eticamente inaccettabili anche nel semplice possesso, come ha più volte sottolineato papa Francesco: perché allora non ratificare il Trattato che ne sancisce l’abolizione, già ratificato da 62 Paesi di ogni parte del mondo?
La recente Assemblea Generale dei vescovi italiani ha ripreso e rilanciato nel suo messaggio finale l’appello di oltre 40 associazioni e movimenti cattolici che chiede all’Italia di aderire al “Trattato per l’abolizione delle armi nucleari”, adottato dalle Nazioni Unite fin dal 2017.Come ha messo in evidenza in questi giorni lo “Stockholm International Peace Research Institute” (SIPRI) di Stoccolma, il più autorevole Ente internazionale di ricerca su questi temi, «il rischio di utilizzo di armi nucleari sembra più alto ora che in qualsiasi momento, dall’apice della Guerra Fredda». Gli Stati dotati di armi nucleari stanno aumentando o aggiornando i loro arsenali. Siamo davanti ad una tendenza definita “molto preoccupante” dallo stesso SIPRI.
Il nostro appello, lanciato il 2 giugno 2021 con il titolo Per una Repubblica libera dalla guerra e dalle armi nucleari, è il risultato di una lettura condivisa e urgente dei segni dei tempi per il bene del nostro Paese e dell’intera umanità.
La scelta dell’Italia è incomprensibile dopo il segnale positivo arrivato lo scorso 18 maggio 2022 con la Risoluzione approvata dalla Commissione Esteri della Camera dei Deputati che impegna, almeno, il Governo “a valutare la partecipazione dell’Italia come «Paese osservatore» alla Prima Riunione degli Stati Parti del Trattato di proibizione delle armi nucleari (TPNW)”, in programma a Vienna dal 21 al 23 giugno 2022.
Sollecitiamo perciò nuovamente, in coerenza con la campagna “Italia ripensaci” promossa dalla società civile, la diplomazia italiana a compiere un passo concreto per una qualsiasi forma di presenza del nostro Paese nella Conferenza che si svolgerà dal 21 al 23 giugno a Vienna per iniziativa dell’International Campaign for the Abolition of Nuclear weapons (premio Nobel per la Pace 2017), assieme all’International Physicians for the Prevention of Nuclear War (premio Nobel per la Pace 1985).
Davanti alla temuta escalation della guerra in Ucraina si rivelano di una stringente attualità le parole profetiche di don Primo Mazzolari: «Abbiamo bisogno di giustizia sociale, non di atomiche».
Segreteria organizzativa
Laila Simoncelli, coordinatrice Diritti Umani e Giustizia Comunità Papa Giovanni XXIII
lailaita@libero.it
Michele Tridente, Segretario Generale dell’Azione cattolica italiana
m.tridente@azionecattolica.it
Stefano Tassinari, vicepresidente nazionale Acli
stefano.tassinari@acli.it
Carlo Cefaloni, Movimento dei Focolari, redazione rivista “Città Nuova”
carlo.cefaloni@gmail.com
Don Renato Sacco, Consiglio nazionale Pax Christi
renatosacco1@gmail.com
Anselmo Palini, saggista
palini.anselmo@gmail.com
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Armi all’Ucraina. Dove si pensa di arrivare?
17.06.22 – Guido Viale su Pressenza.
Nell’arcipelago del “pacifismo” (oggi “putinismo”) di chi in queste circostanze è contrario all’invio di armi all’Ucraina – la maggioranza, sia in Italia che in Europa – c’è una componente, più radicale o, se vogliamo, più irremovibile nelle sue posizioni, contraria alla guerra e alle armi sempre, perché è contraria a uccidere per motivi morali. Motivi che prevalgono su qualsiasi altra considerazione di ordine politico o sociale.
Ma ci sono altre componenti, forse meno circoscrivibili, perché fanno dipendere le loro scelte o il loro orientamento dalle circostanze, che sono contrarie ad alimentare questa guerra per considerazioni di altro genere, che riguardano gli interrogativi relativi ai suoi possibili esiti.
Anche nel vasto e vincente, anche se non maggioritario, campo di coloro che sono favorevoli all’invio di armi all’Ucraina o, addirittura, di quante più armi possibile (“Che cosa manca oggi? Armi” riferisce Adriano Sofri) c’è chi invoca innanzitutto – e gli va accreditata sincerità – ragioni di ordine morale: se uno è aggredito con le armi deve difendersi con le armi. Anzi, bisogna aiutarlo a difendersi o addirittura difenderlo noi, sempre con le armi. L’alternativa è la resa, che vuol dire perdita della libertà, dell’onore, della dignità, per lui o lei e l’abbandono, per noi. Altri invece, all’interno di questo campo, antepongono la volontà o il bisogno di salvaguardare o di alterare i rapporti di forza vigenti, cioè la politica, a ogni altra considerazione.
Questo è probabilmente il motivo di fondo per cui l’indignazione che si prova per l’aggressione russa all’Ucraina non si riscontra per quella della Turchia, membro della Nato, al Rojawa (unica vera democrazia del bacino del Mediterraneo) o per l’occupazione della Palestina da parte di Israele.
A tutti va comunque dato atto, salvo prova contraria, di provare orrore per la strage di giovani vite, di donne, bambini e anziani sopraffatti dalle manovre belliche, o costretti a fuggire, a rintanarsi, a subire stupri e violenza, o ad affrontare, nel migliore dei casi, un futuro oscuro e difficile. Anche se in alcuni queste immagini hanno il sopravvento su tutto il resto, mentre altri riescono in qualche modo a metterle da parte.
Nessuno nega a chi è aggredito il diritto di difendersi. Ma come? I fautori dell’invio di armi all’Ucraina non pensano mai che quel paese, se non ne avesse già ricevute in abbondanza prima e dopo l’inizio dell’aggressione russa, avrebbe dovuto per forza fare ricorso alle risorse della mediazione, chiamando in aiuto tutti i potenziali alleati. Non per combattere, ma per richiamarli alle loro responsabilità (“l’abbaiare ai confini della Russia” di papa Francesco, ma anche di una lunga lista di “esperti” che la politica estera la conoscono e l’hanno praticata). Perché è chiaro che a monte e all’origine di quell’invasione c’è un confronto tra Nato e Federazione russa improntato all’ostilità e non certo alla collaborazione.
Queste considerazioni vanno fatte non per “scaricare” o per dividere le responsabilità, ma perché sono la base di partenza di ogni possibile piattaforma di mediazione e di risoluzione del conflitto.
Certamente, più quella guerra si protrae e incancrenisce, accumulando vittime, devastazioni, angherie e odio, più sarà difficile individuare le basi di una possibile cessazione delle ostilità. Forse è per questo che coloro che non vedono altra via per raggiungere un risultato che l’invio di sempre più armi non si pongono la domanda: dove si pensa di arrivare?
Alla vittoria? Quale vittoria? La destituzione di Putin o la disgregazione delle Federazione russa? Per perseguire – non dico raggiungere – quel risultato bisognerà moltiplicare per mille lo “sforzo bellico”, cioè i morti da esigere dal popolo ucraino, ma anche da quello russo. E anche se c’è chi, come Luigi Manconi, sostiene che l’arma atomica non è una minaccia, perché anche dopo la dissoluzione dell’URSS permane comunque nel mondo un equilibrio della deterrenza che la mette fuori gioco, va ricordato che a capo della Federazione russa c’è un uomo paranoico (come tutti i dittatori), forse con i mesi contati, che desidera solo lasciare un suo segno sulla Storia (e non che sull’altra sponda la leadership brilli per lucidità). Questa è sicuramente una delle – sacrosante – ragioni che spingono molti ad approdare all’arcipelago dei “pacifisti”. Altro che putiniani!
Ma anche dando credito a posizioni come quella di Manconi e ipotizzando che il conflitto rimanga confinato entro il recinto delle armi “convenzionali”, tra droni, laser, satelliti, razzi ipersonici, per non parlare di gas e armi biologiche di cui è difficile individuare l’origine, le nuove armi in cammino verso il fronte da entrambe le parti hanno cambiate ancora una volta le caratteristiche della guerra,
L’aspetto più grottesco di questa guerra è comunque la frenesia con cui si aumentano le spese militari e le armi mandate al fronte, per combattere e contrastare un “nemico” da cui si dipende per il funzionamento di tutta la struttura economica, pagando profumatamente le forniture che lo tengono in piedi e poi indignandosi se solo si azzarda a ridurle o a interromperle.
Ma quale esito ci si può aspettare se né Zelensky né Putin possono trattare se non dopo aver ripreso l’iniziativa sul fronte dei combattimenti? Quanto dovrà protrarsi questa guerra guerreggiata? E quanti morti dovrà esigere senza nessuna prospettiva precisa?
Questo è un punto. Ma ce ne è un altro che domina su tutto, compresa l’eventualità di un olocausto nucleare, che è solo una possibilità; mentre l’estinzione dell’umanità per l’incombere della crisi climatica e ambientale è una certezza.
Le guerre, e particolarmente questa, sono un potente fattore di accelerazione della crisi climatica, sia sul fronte dei combattimenti, che consumano risorse, devastano il territorio e emettono gas climalteranti, sia nelle retrovie della “vita civile”, dove sta bloccando e invertendo tutte le timide misure, prospettate più che varate, di contenimento dell’aumento della temperatura planetaria. E questo a partire dalla frenetica ricerca di nuove fonti di combustibili fossili per sostituire quelli russi.
Leggendo qualche articolo di coloro che si schierano senza se e senza ma dalla parte della fornitura di armi all’Ucraina, senza nemmeno prendere in considerazione la possibilità di promuovere subito una mediazione che, in fin dei conti, dovrebbe far capo agli stessi governi che quelle armi le forniscono e le promettono, a me pare che stiamo vivendo in due pianeti diversi: uno dove le “ragioni” degli Stati devono prevalere sulle vite dei loro cittadini e l’altro dove la consapevolezza e la mobilitazione dei cittadini dovrebbero ridurre alla ragione i rispettivi governi.
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Guido Viale
Guido Viale è nato a Tokyo nel 1943 e vive a Milano. Ha partecipato al movimento degli studenti del ‘68 a Torino e militato nel gruppo Lotta Continua fino al 1976. Si è laureato in filosofia all’università di Torino. Ha lavorato come insegnante, precettore, traduttore, giornalista, ricercatore e consulente. Ha svolto studi e ricerche economiche con diverse società e lavorato a progetti di cooperazione in Asia, Africa, Medioriente e America Latina. Ha fatto parte del comitato tecnico scientifico dell’ANPA (oggi ISPRA). Tra le sue pubblicazioni: Un mondo usa e getta, Tutti in taxi, A casa, Governare i rifiuti, Vita e morte dell’automobile, Virtù che cambiano il mondo. Con le edizioni NdA Press di Rimini ha pubblicato: Prove di un mondo diverso, La conversione ecologica, Si può fare e Rifondare l’Europa insieme a profughi e migranti. Con Interno4 edizioni ha pubblicato nel 2017, Slessico Familiare, parole usurate prospettive aperte, un repertorio per i tempi a venire. Sempre con Interno4 Edizioni nel 2018 ha pubblicato l’edizione definitiva e aggiornata del suo importante libro sul ‘68.
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La guerra in Ucraina: c’è chi dice no
14-06-2022 – di: redazione Volerelaluna.
Mentre la guerra continua con il suo carico di morti, feriti e profughi, il mondo è percorso da inni alla guerra, più o meno espliciti e più o meno accompagnati da parole di circostanza sulla necessità che “un giorno” si arrivi alla pace. Anche nel nostro Paese è così e la sinistra con l’elmetto non di distingue dalla destra. Contemporaneamente nel teatro di guerra, in Russia, in Bielorussia e in Ucraina c’è chi, a costo della vita, lavora concretamente per la pace: sono gli obiettori di coscienza, che disertano l’arruolamento e il campo di battaglia. Nessuna fonte ufficiale ne parla ma sono decine di migliaia: per loro la pace è più importante degli opposti nazionalismi.
Alcuni in Europa hanno cominciato a rompere il silenzio ufficiale e a chiedere per loro un appoggio e iniziative concrete.
Va in questa direzione l’appello rivolto ai parlamentari europei dall’International Fellowship of Reconciliation (IFOR), dalla War Resisters’ International (WRI), dall’European Bureau for Conscientious Objection (EBCO) e Connection eV (Germania) che ha avuto l’adesione di 60 altre organizzazioni per la pace, i diritti umani e i rifugiati provenienti da tutta Europa, tra cui il Movimento Nonviolento. L’appello – che contiene anche una bozza di risoluzione del Parlamento europeo (qui la versione italiana) ‒ muove dalla premessa che, secondo il diritto internazionale, i militari e le donne che combattono per la Russia in questa guerra stanno conducendo un’operazione illegale, che verosimilmente anche la Bielorussia sta partecipando alla guerra al fianco della Russia e che in entrambi i Paesi le persone che si rifiutano di partecipare alla guerra molto probabilmente dovranno affrontare un serio procedimento giudiziario, che le qualifica per la protezione ai sensi della Direttiva UE in materia. Eppure negli Stati membri la stragrande maggioranza delle persone colpite non ha ancora ricevuto alcuna garanzia di tale protezione. Si presume che tra le 300.000 persone che hanno recentemente lasciato la Russia a causa della guerra, ci siano molti uomini che cercano rifugio all’estero per evitare di essere mandati in guerra. Negli ultimi mesi circa 20.000 uomini bielorussi hanno lasciato il Paese per evitare il reclutamento. Allo stesso modo ci sono obiettori di coscienza ucraini che non vogliono combattere in questa guerra; circa 3.000 uomini hanno chiesto asilo nella sola Moldavia. Ad ogni cittadino, registrato in Ucraina entro il 24 febbraio 2022, è attualmente concesso il soggiorno umanitario nell’Unione Europea ma è incerto cosa accadrà agli obiettori di coscienza ucraini quando questa disposizione scadrà. La conclusione dell’appello è che i paesi europei devono accogliere queste persone in fuga dallo sforzo bellico senza burocrazia, e garantire loro un diritto permanente di soggiorno. E questo non solo in base a principi umanitari ma perché il diritto umano all’obiezione di coscienza è stato riconosciuto, tra l’altro, dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e dal Parlamento europeo e deve essere garantito a tutti, in ogni dove.
Una posizione analoga, con riferimento agli obiettori ucraini, è stata assunta in Italia dall’Associazione giuristi democratici, che ha diffuso un documento in cui si legge: « In Ucraina, dall’inizio della invasione russa, vige la legge marziale e il divieto di lasciare il Paese per tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni. Il Governo di Mosca, da parte sua, ha previsto la coscrizione obbligatoria dal primo aprile al 15 luglio 2022 per i giovani tra i 18 e i 27 anni. L’escalation militare sta investendo le popolazioni civili anche sotto questo aspetto. Per questa ragione, facciamo appello al Governo ucraino affinché venga allentata questa misura fortemente restrittiva della libertà personale, garantendo che gli uomini di cittadinanza ucraina che per qualsiasi ragione ‒ personale, familiare, politica, religiosa, culturale ‒ vogliano uscire dal Paese, possano farlo in assoluta sicurezza. In tal senso, chiediamo al Presidente della Repubblica, al Governo e ai parlamentari italiani ‒ indipendentemente dalla loro appartenenza politica e dalla posizione assunta sul conflitto Russia/Ucraina ‒ di adoperarsi presso il Governo ucraino affinché un tale provvedimento, in linea con la migliore tradizione giuridica europea in tema di libertà individuali e di obiezione di coscienza, venga assunto al più presto» (è possibile aderire all’appello ai link info@giuristidemocratici.it e https://chng.it/J2rZFgTH).
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Per la Pace. Ostinatamente! Necessario il Disarmo nucleare.
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Le priorità della Conferenza Episcopale Italiana
Il Cardinale Matteo Zuppi nella sua prima conferenza stampa da neo-presidente della Cei parlando della guerra cita tra le priorità di intervento la questione del disarmo nucleare.
La Cei prevede di partecipare a una soluzione a guida Onu per bandirle, “credo che l’adesione al trattato sia importante per scongiurare l’ipotesi di perdita di valore dell’Europa, quest’adesione per noi è importante. Non possiamo tornare indietro, a chi eravamo prima altrimenti si è peggiori e noi vogliamo essere migliori”.
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Il Trattato TPNW: strada maestra contro la minaccia distruttiva delle armi nucleari
LA MINACCIA ESISTENZIALE DELLE ARMI NUCLEARI
Le armi nucleari minacciano l’esistenza stessa dell’umanità e l’intera vita sul nostro pianeta. I loro effetti travalicano i confini nazionali e si protraggono per generazioni. Sono immorali, illegittime e ora – finalmente – anche illegali.
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Il 7 Luglio 2017, dopo un decennio di azione da parte di ICAN e dei suoi partner, 122 Stati hanno votato per adottare un accordo globale storico di messa al bando delle armi nucleari, conosciuto ufficialmente come Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). Questa nuova norma legale offre una potente alternativa ad un mondo in cui si permetta alle minacce delle armi di distruzione di massa di prevalere. Fornisce un percorso positivo in un momento di allarmante crisi globale. Se mai c’è stato un momento per i leader internazionali di dichiarare inequivocabilmente la propria opposizione a questo tipo di armi, quel momento è ora.
RIEMPITO UN VUOTO LEGALE
Prima dell’adozione di questo Trattato, le armi nucleari erano le uniche armi di distruzione di massa non soggette ad un bando categorico nonostante le loro catastrofiche, persistenti, diffuse conseguenze umanitarie. Il nuovo accordo riempie così un rilevante vuoto nella normativa internazionale. Proibisce agli Stati di sviluppare, testare, produrre, realizzare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare gli armamenti nucleari, o anche permettere alle testate di stazionare sul proprio territorio. Inoltre impedisce loro di assistere, incoraggiare o indurre altri Paesi ad essere coinvolti in tali attività proibite.
Le Nazioni che possiedono armamento nucleare devono, a seguito dell’adesione al Trattato, impegnarsi a distruggere i propri arsenali in accordo con un piano definito nel tempo e legalmente vincolante. Nazioni che ospitano armi nucleari alleate sul proprio territorio dovranno rimuoverle entro una data limite stabilita.
Il Trattato obbliga i propri Stati parte a fornire assistenza a coloro che hanno sofferto come risultato dell’uso e del test di armamenti nucleari, prendendo misure utili a risanare i territori contaminati.
Il Trattato è stato negoziato presso il Palazzo di Vetro dell’ONU di New York nel corso di quattro settimane di riunioni durante il 2017, con la partecipazione di 135 Stati e della società civile internazionale. È di natura permanente e sarà legalmente vincolante per le nazioni che vi aderiranno.
IL TPNW DIVENTA IL RIFERIMENTO NORMATIVO INTERNAZIONALE PER IL DISARMO NUCLEARE
Dal 22 gennaio 2021 è stato raggiunto lo storico traguardo dell’entrata in vigore del TPNW (grazie al superamento delle 50 ratifiche), realizzando un passo fondamentale verso la possibilità che le armi nucleari possano davvero essere completamente eliminate, in particolare solo grazie al lavoro e alla pressione di cittadini di tutti gli Stati del mondo.
Il TPNW ribadisce il disarmo nucleare come uno dei principali obiettivi delle Nazioni Unite, sostenendo l’idea fondante del multilateralismo democratico: anche gli Stati più poveri hanno lo stesso diritto di esprimersi dei più militarmente potenti, soprattutto quando è in gioco la loro stessa sopravvivenza. I popoli hanno parlato e non intendono cedere a decisioni prese solo dalle potenze nucleari. L’azione della campagna “Italia, ripensaci” ha come obiettivo quello di porre anche il nostro Paese dalla parte giusta della storia, insieme alla maggioranza degli Stati membri dell’ONU: quella che proibisce le armi più disumane e crudeli che l’uomo abbia mai inventato.
Questo ottimismo sugli sviluppi futuri dei percorsi di disarmo nucleare è confermato dai sondaggi di opinione: la maggioranza della popolazione italiana e di altri cinque Stati membri della NATO rifiuta in modo schiacciante la presenza di armi nucleari statunitensi sul proprio territorio e sostiene il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari.
Punti chiave di questo risultato storico
Anche gli Stati che si sono rifiutati di aderire al TPNW sono comunque in qualche modo coinvolti dalla sua entrata in vigore e dall’esistenza, da oggi, di una norma internazionale riconosciuta di proibizione delle armi nucleari
I precedenti trattati di disarmo hanno portato a un cambiamento di comportamento anche nei Paesi che si sono rifiutati di aderire.
Decenni di attivismo hanno raggiunto quello che molti dicevano fosse impossibile: le armi nucleari sono vietate. La democrazia ha trionfato, la stragrande maggioranza delle persone nel mondo sostiene il TPNW.
Da oggi aderiranno altri Stati, come è successo con l’entrata in vigore di ogni altro Trattato di questo tipo.
Cosa cambierà
Ci sono diversi modi in cui tutti gli Stati saranno interessati nei mesi ed eventualmente negli anni successivi all’entrata in vigore, non solo quelli che hanno ratificato il Trattato. L’attivismo è la chiave per far progredire questi impatti.
Cosa diventa illegale esattamente?
Il Trattato TPNW proibisce specificamente l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, il possesso, l’immagazzinamento, il trasferimento, la ricezione, la minaccia di usare, lo stazionamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari. Il Trattato rende illegale per i paesi che lo firmano permettere qualsiasi violazione nella loro giurisdizione o assistere, incoraggiare o indurre qualcuno ad impegnarsi in una di queste attività. Il Trattato rafforza la norma contro le armi nucleari come primo strumento legale per vietarle.
Per ulteriori informazioni sulle implicazioni legali, leggere il documento informativo di ICAN.
Impatto sulle alleanze militari
Gli Stati che non sono parte di alleanze militari con gli Stati firmatari possono essere interessati dall’entrata in vigore del TPNW se gli Stati firmatari sono tenuti a modificare la loro cooperazione con gli Stati dotati di armi nucleari e con quelli alleati a causa dei loro obblighi derivanti dal trattato. Ad esempio, mentre i membri della NATO possono aderire senza problemi al TPNW per essere in regola una volta entrato in vigore questi Stati dovranno rinunciare all’uso di armi nucleari per loro conto.
Impatto sulla produzione e sull’uso
Gli ultimi decenni insegnano che con l’entrata in vigore di altri Trattati di proibizione di armamenti la produzione di armi vietate tra gli Stati che ne fanno parte e gli Stati che non ne fanno parte è praticamente cessata. Ad esempio aziende statunitensi che producono munizioni a grappolo negli Stati Uniti hanno cessato la produzione da quando è entrato in vigore, nonostante gli Stati Uniti non ne siano parte.
Lo stesso avviene per quanto riguarda uso e trasferimento: dopo l’entrata in vigore del Trattato sulle mine anti-persona i circa 34 Stati che hanno esportato mine terrestri hanno cessato tutti i trasferimenti (nonostante non abbiano aderito al Trattato). Gli Stati Uniti hanno modificato la loro posizione sulle mine terrestri e sulle munizioni a grappolo dopo l’entrata in vigore di questi trattati.
L’entrata in vigore di precedenti divieti su specifiche armi (ad esempio per quanto riguarda le mine anti-persona o le munizioni a grappolo) ha portato a cambiamenti concreti ed evidente anche nella produzione, nelle politiche di utilizzo e nel trasferimento di queste armi anche nell’ambito di Stati non partecipanti a tali norme internazionali. Ciò avverrà anche per il TPNW inquinato alcune aziende hanno già iniziato ad adeguarsi a questo nuovo panorama giuridico.
Cosa significa questo per gli istituti finanziari?
Poiché l’assistenza è proibita dal Trattato, per molti Stati ciò significherà come in altri casi che il finanziamento o l’investimento nella produzione di armi nucleari venga considerato una violazione. Gli istituti finanziari spesso scelgono di non investire in “attività su armi controverse”, che sono tipicamente armi proibite dal diritto internazionale. L’entrata in vigore del TPNW colloca chiaramente le armi nucleari in questa categoria e probabilmente innescherà ulteriori disinvestimenti. Inoltre, gli Stati parte possono impartire direttive alle istituzioni finanziarie sotto la loro giurisdizione per la cessione da parte di società che producono l’arma proibita in Stati non parte. In previsione dell’entrata in vigore del TPNW, alcune istituzioni finanziarie, tra cui ABP, uno dei cinque maggiori fondi pensione del mondo, hanno già deciso di non investire più in produttori di armi nucleari.
Pressione internazionale
Gli Stati parte di questo Trattato TPNW avranno ora l’obbligo di sollecitare altri Stati ad aderire e dovranno lavorare per l’universalizzazione del Trattato. Ciò significa che non solo i cittadini, ma anche la pressione dei pari da parte di altri Governi aumenterà nel tempo, durante le visite di Stato, nelle discussioni bilaterali e multilaterali, in una vasta gamma di diversi organi delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali, in altri organi e incontri di Trattati, ecc.
Anche a causa di questa crescente pressione politica e normativa, i Paesi che si oppongono a un Trattato al momento della sua adozione hanno aderito a norme internazionali dopo la loro entrata in vigore. Dato il grande sostegno pubblico al TPNW in molti paesi che non vi hanno ancora aderito anche questi Paesi potrebbero seguirne l’esempio.
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Mozioni degli Enti Locali a sostegno del Trattato TPNW e di “Italia, ripensaci”
Mozioni degli Enti Locali a sostegno del Trattato TPNW e di “Italia, ripensaci”
Nel corso degli ultimi anni (anche prima del percorso di negoziazione del Trattato di proibizione delle armi nucleari TPNW, ed anzi a sostegno proprio del percorso che ha portato alla sua approvazione) sono stati numerosi gli Enti Locali italiani che hanno esplicitato il proprio appoggio alle azioni di disarmo nucleare votando mozioni, risoluzioni, documenti di Giunta e di Consiglio.
In particolare:
90 Enti Locali in tutta Italia hanno votato ed approvato la “mozione Senzatomica”
516 Comuni italiani fanno parte di Mayors for Peace
Di seguito viene proposto un testo base di Mozione (adattabile alle specifiche situazioni e valorizzando le azioni territoriali della società civile su questo tema) che Comuni, Province, Regioni possono far proprio e discutere per evidenziare un sostegno ideale ma anche concreto a “Italia, ripensaci” e al Trattato TPNW.
Bozza di Ordine del Giorno per Enti Locali in sostegno al Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari TPNW
Il Consiglio Comunale – Provinciale – Regionale di ________________
Considerato che:
la presenza negli arsenali e la diffusione di armi nucleari rappresenta ancora oggi una delle più grandi minacce alla pace e alla sicurezza internazionale;
l’Italia ha ratificato nel 1975 il Trattato di Non Proliferazione (TNP) che impone a tutti gli Stati parte di impegnarsi per realizzare il disarmo nucleare totale e globale; e aderisce al TNP in qualità di Stato non dotato di armamenti nucleari, essendosi impegnata a non costruirne né a procurarsene in alcun modo;
sebbene gli accordi sul disarmo nucleare concordati tra le grandi potenze abbiano portato nei decenni allo smantellamento di decine di migliaia di armi nucleari, negli ultimi anni le operazioni di eliminazione sono talmente rallentate che, oltre 30 anni dopo la fine della Guerra Fredda, rimangono ancora negli arsenali circa 13.400 armi nucleari;
un percorso denominato Iniziativa Umanitaria e promosso dalla società civile internazionale ha portato a una serie di conferenze internazionali, aperte agli Stati membri delle Nazioni Unite, il cui fine era di negoziare un Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari TPNW;
il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari è stato in seguito negoziato ed adottato con il voto positivo di 122 Stati il 7 luglio 2017; aperto alla firma il 20 settembre 2017 ha raccolto al momento la firma di oltre 85 Stati; lo strumento di ratifica del 50° Stato è stato depositato alle Nazioni Unite il 24 ottobre 2020, per cui il Trattato è entrato in vigore il 22 gennaio 2021.
Preso atto che:
il Governo italiano e i suoi rappresentanti hanno dichiarato in più occasioni di non avere intenzione di aderire a tale Trattato.
Ritenendo che:
l’adesione al Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari sia un’azione che contribuisce a promuovere il dialogo e la diplomazia, lasciandosi alle spalle la logica obsoleta della deterrenza nucleare fondata sulla sfiducia reciproca;
l’entrata in vigore del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari potrà rafforzare la costruzione del paradigma di sicurezza internazionale costruito sulla multilateralità, sugli accordi per il disarmo, sulla sicurezza umana, che anche l’Italia in tante altre occasioni ha sostenuto.
Ricordando che:
il Comune di _________ ha aderito dal ____ all’associazione Mayors for Peace, presieduta dal Sindaco di Hiroshima che si prefigge come obiettivo la messa al bando delle armi nucleari e il loro completo smantellamento.
Tutto ciò premesso, ritenendo che la costruzione di un Mondo
libero dalle armi nucleari sia un obiettivo comune da perseguire
Il Consiglio Comunale – Provinciale – Regionale di _______________
delibera di:
aderire alla Campagna “Italia, Ripensaci”, promossa dalla Rete Italiana Pace e il Disarmo e da Senzatomica;
aderire all’Appello delle Città (Cities’ Appeal), promosso in tutto il mondo dalla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Premio Nobel 2017);
di invitare la Cittadinanza ad un Consiglio aperto sul tema del Disarmo Nucleare;
di apporre la firma del Sindaco/del Presidente in calce al Trattato TPNW, come atto simbolico da comunicare al Presidente del Consiglio a Palazzo Chigi, invitandolo a rivedere la posizione finora espressa, cercando le modalità per aderire al percorso iniziato con l’adozione del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari;
di partecipare insieme alla delegazione di “Italia, ripensaci” alla prima Conferenza degli Stati Parti del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari che si terrà nel corso del 2022 in Austria, e invitare il Governo italiano a fare altrettanto;
di condividere con le Commissioni Esteri della Camera dei Deputati e del Senato questo impegno a promuovere le modalità per portare l’Italia nel consesso degli Stati che si impegnano a favore della realizzazione di un mondo libero da armi nucleari;
di trasmettere questa deliberazione al coordinamento nazionale di “Italia, ripensaci” per un’opportuna diffusione della decisione.
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——-oggi venerdì 17 giugno 2022