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Editoriale
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Europa, Europa
Dalle piazze alla politica, l’urgenza di un’Europa protagonista per la paceAlfiero Grandi, 29 Marzo 2025
La manifestazione di Piazza del Popolo era molto partecipata. Se sommiamo le manifestazioni contemporanee a Roma – certo con impostazioni diverse – è confermato che esiste una richiesta di partecipazione democratica in controtendenza con il crescente astensionismo elettorale, che invece indebolisce la democrazia. Per questo, quelle domande devono trovare risposte e, attraverso queste, arrivare a una sintesi. In sostanza, è una sfida da raccogliere, a cui dare continuità.
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Poiché la preoccupazione principale è certamente la guerra, anzi le 52 guerre presenti nel mondo, a partire dall’Ucraina e da Gaza/Cisgiordania, le manifestazioni che occorre promuovere al più presto devono concentrarsi sul ruolo che l’Europa (tutta) deve svolgere per dare sostanza a un futuro democratico e di pace.
Dopo 3 anni di guerra in Ucraina, gli USA di Trump hanno deciso che il conflitto deve finire, e la scelta avviene con metodi e brutalità sconosciute. La brutalità della svolta di Trump ha certamente stupito, ma non si può dimenticare che Biden nel 2021 decise il ritiro dall’Afghanistan (stabilito da Trump nel primo mandato) con altrettanta repentinità e con conseguenze umane drammatiche, in particolare per la condizione delle donne. I dirigenti USA, quando decidono di uscire da una guerra che non riguarda il suolo americano, lo fanno e basta.
Certamente, Putin ha la responsabilità dell’attacco del 2022 all’Ucraina e di aver innescato in questo modo uno scontro armato in Europa, contribuendo a creare un clima di insicurezza e dando avvio alla psicosi che ora spinge al riarmo. In questo clima, Polonia, Lituania ed Estonia decidono di uscire dall’accordo internazionale che vieta le mine antiuomo, confermando ancora di più l’urgenza di interrompere la rincorsa al riarmo e la logica bellicista che sta prevalendo nelle relazioni internazionali.
La coesistenza tra soggetti diversi è l’unico antidoto di fondo al riarmo convenzionale e nucleare, che è ormai un pericolo reale. Solo nel 2021, l’attenzione internazionale era ancora concentrata sull’obiettivo di contrastare il cambiamento climatico. Ora il clima peggiora drammaticamente, ma l’attenzione rimane in secondo piano, mentre è diventato dominante il riarmo. Le armi sono prodotte per essere usate, e la guerra in Ucraina è un enorme, orribile poligono di tiro e sperimentazione; Gaza è ugualmente sottoposta a prove che rappresentano sperimentazioni di nuove tecniche di sterminio di massa.
Va ricordato anche che la NATO, allargata a 32 paesi, ha “abbaiato” ai confini della Russia fino a indurre ansia per la sua sicurezza. Anche scrivere nella Costituzione ucraina l’adesione alla NATO ha contribuito alla paranoia. Se era una trappola, Putin ci è saltato dentro a piè pari.
Gli USA sono il principale sostegno militare a Kiev, come dimostrano le conseguenze delle recenti interruzioni di aiuti, a partire dai satelliti Starlink di Musk o il ritardo nella consegna di armi sofisticate. Senza il sostegno USA, Kiev non avrebbe retto e non reggerebbe.
La NATO e l’Europa hanno sostenuto per 3 anni le scelte degli USA di Biden. L’Europa non si è distinta per aver tentato di intrecciare il sostegno all’Ucraina con iniziative per la pace: è stata subalterna, e ora appare spiazzata da Trump, che ha preso nelle sue mani le trattative ed ha escluso l’Europa. L’Europa non riesce a essere protagonista della pace in Ucraina, e il suo silenzio su Gaza e Cisgiordania è assordante, mentre sotto i nostri occhi avvengono stragi inaccettabili di civili e bambini. Anzi, i governi europei e la Commissione propongono il riarmo europeo, con investimenti fino a 800 miliardi di euro, 50 in più rispetto al Next Generation EU, cambiando solo a questo fine i rigidi vincoli di bilancio europei. Non va dimenticato che i prestiti vanno prima o poi restituiti, e per l’Italia questa spesa militare significherebbe più risorse destinate agli armamenti e quindi meno welfare e lavoro.
Ogni governo europeo deciderà sui propri armamenti, ma non si tratterà di una difesa comune europea: è solo un acquisto di armi nello stesso periodo. Gli Stati europei spendono già in armi il 58% in più rispetto alla Russia, senza aver costruito una difesa europea. Che senso ha un ulteriore riarmo senza risolvere il problema di una difesa comune?
L’Europa ha bisogno di una difesa europea con vertici politici, militari e armamenti integrati. Il riarmo alla cieca è una scelta pericolosa, tanto più nel momento in cui gli USA provano, in modo discutibile, a fermare la guerra. Inoltre, chi decide sulla difesa europea? In Italia è scritto nella Costituzione; in Europa?
Questo aumento della spesa militare assomiglia più di quanto non si voglia ammettere all’aumento delle spese militari imposto da Trump – con prepotenza – all’Europa, e per di più le armi verrebbero acquistate per il 60% dagli USA. L’Europa sembra prigioniera della linea dell’era Biden: sanzioni alla Russia e armi all’Ucraina, ma non lancia una sua sfida per la pace, per fare più e meglio di Trump. Non lo ha fatto con Biden; oggi rischia di apparire a favore della guerra proprio mentre si discute di pace. È una situazione paradossale.
L’Europa dovrebbe puntare anzitutto sul rilancio del ruolo delle sedi internazionali come l’ONU. Meloni, ad esempio, non può pensare di inviare soldati italiani per il peacekeeping senza una decisione e un mandato dell’ONU. Il Regno Unito, partner privilegiato degli USA ed esente dai nuovi dazi, anziché sfidare Trump sulla pace, sembra restio, come altri governi dell’Unione, a scegliere la fine della guerra. Così, l’Unione Europea non svolge il suo ruolo di pace, che è un fondamento costitutivo: è nata per la pace. Va ricordato ai volenterosi che, pur essendo membri della NATO, non potranno invocare l’articolo 5 del trattato NATO se decidono di andare in Ucraina senza un chiaro mandato ONU; la loro decisione non coinvolgerebbe altri che loro stessi.
Qual è l’obiettivo dell’Unione Europea? Va chiarito. Cosa c’entrano Canada, Nuova Zelanda, Australia e Turchia? Paesi presenti alle riunioni di Ramstein, ma non nell’Unione.
Se la guerra finirà, la Russia avrà bisogno di molto tempo per riprendersi. Per questo, sarebbe il momento di rilanciare la coesistenza tra diversi – che potrebbe favorire perfino il superamento delle autocrazie –, il disarmo convenzionale e atomico, controllato e bilanciato, e la costruzione di una nuova ONU, utilizzando le conferenze di pace sul modello di Helsinki 1975.
L’Europa potrebbe fare molto, a condizione di essere autonoma e di scegliere la pace. Berlinguer disse: *Se vuoi la pace, prepara la pace*, contro la massima imperialista romana *Se vuoi la pace, prepara la guerra*, che qualcuno vorrebbe ora ripescare, purtroppo anche von der Leyen.
C’è urgenza di una svolta politica in Europa, sia per avanzare proposte autonome per la pace in Ucraina e rivendicare un ruolo nelle trattative, sia per fermare il massacro a Gaza e in Cisgiordania, dove l’obiettivo sembra essere la cacciata con ogni mezzo dei palestinesi dalla loro terra, entrando così in sintonia anche con quella parte di Israele che contrasta con coraggio e determinazione le politiche di Netanyahu.
Unifichiamo presto le manifestazioni con l’obiettivo della pace, come risposta alle ansie e alle domande emerse il 15 marzo.
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