Economia & Lavoro
Idee per costruire un “Centro culturale-spazio Europa di Is Mirrionis”, continuazione ideale della Scuola Popolare di Is Mirrionis
A partire dall’intervento di Ottavio Olita in occasione dell’inaugurazione della biblioteca di quartiere “L’Albero del riccio”, che ha creato un collegamento tra questa iniziativa e la vicenda della Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis (1971 – fine anni 70), condiviso e rilanciato da Aladin con un breve commento del direttore, avanziamo alcune ulteriori proposte, per ora in modo non precisamente ordinato, che dopo un ampio dibattito dovrebbero sfociare in un vero e proprio piano d’azione. Perché detto piano abbia successo è necessario sia precisarne gli obbiettivi e i contenuti, sia individuare i soggetti che devono portarlo avanti, con una diversificazione dei ruoli, sia stabilire tempi e modalità di attuazione, ma soprattutto occorre creare un vasto consenso popolare che lo sostenga.
Ecco, di seguito, alcuni punti, ripetiamo: non esaustivi e solo strumentali per il dibattito.
1) occorre creare un comitato rappresentativo di quanti (organizzazioni e singoli) vogliono impegnarsi, che assuma il coordinamento del piano;
2) il compito di promuovere le prime riunioni e coordinare nella prima fase il tutto dovrebbe essere assunto nell’immediato dal circolo culturale Antonio Gramsci;
3) si dovrà inserire l’approfondimento della storia della Scuola popolare di Is Mirrionis nel più ampio contesto delle lotte sociali dei quartieri della città;
4) da subito dovremo porci l’obbiettivo di produrre in tempi brevi una pubblicazione sulla vicenda della Scuola Popolare, affidandone il coordinamento a Ottavio Olita;
5) si può riprendere l’iniziativa di ricostruire nello spazio già occupato dalla Scuola in cui allo stato è presente solo un rudere (vedi foto) un moderno centro culturale come spazio di promozione civica, dando all’iniziativa un respiro europeo (non è secondario questo richiamo anche in relazione alle opportunità di finanziamenti europei per la realizzazione dell’opera);
6) si può riprendere l’ottima proposta di Giacomo Meloni, segretario nazionale della Confederazione Sindacale Sarda, di dare un nome allo spazio: piazza della Scuola Popolare di Is Mirrionis;
7) la realizzazione del Centro potrebbe essere finanziata con tre apporti: 1) finanziamento europeo, 2) finanziamento comunale, 3) civic crowfunding
….
Il dibattito prosegue
Oggi manifestazione del movimento dei pastori sardi. “La Regione ascolti il nostro grido di allarme”
MPS – Movimento Pastori Sardi
DOCUMENTO MOVIMENTO PASTORI SARDI
In Sardegna la pastorizia ovi-caprina è costituita da oltre 16.000 aziende, con un patrimonio di capi di oltre 3.000.000 di ovini e oltre 250.000 caprini. Siamo la prima regione italiana produttrice con il 70% del latte ovino e il 50% del latte caprino.
La pastorizia è, dunque, un settore strategico intorno al quale si sviluppano decine di attività creando interesse economico e sociale. Soprattutto, la pastorizia svolge un ruolo ambientale fondamentale garantendo la manutenzione di oltre il 70% del territorio isolano.
Questa funzione di “manutenzione” del territorio è, oramai, riconosciuta a tutti i livelli, eppure nella stesura della nuova PAC nazionale questo settore è stato dimenticato dal piano zootecnico nazionale. (…) PER TUTTE QUESTE RAGIONI CHIEDIAMO . Il documento integrale.
Il Manifesto del Movimento dei pastori sardi. La Regione ci ascolti!
MPS – Movimento Pastori Sardi
DOCUMENTO MOVIMENTO PASTORI SARDI
In Sardegna la pastorizia ovi-caprina è costituita da oltre 16.000 aziende, con un patrimonio di capi di oltre 3.000.000 di ovini e oltre 250.000 caprini. Siamo la prima regione italiana produttrice con il 70% del latte ovino e il 50% del latte caprino.
La pastorizia è, dunque, un settore strategico intorno al quale si sviluppano decine di attività creando interesse economico e sociale. Soprattutto, la pastorizia svolge un ruolo ambientale fondamentale garantendo la manutenzione di oltre il 70% del territorio isolano.
Questa funzione di “manutenzione” del territorio è, oramai, riconosciuta a tutti i livelli, eppure nella stesura della nuova PAC nazionale questo settore è stato dimenticato dal piano zootecnico nazionale.
Anche in Sardegna, nonostante le promesse di un grande cambiamento nel governo della Regione Sardegna proviamo una marcata sensazione di abbandono e di non ascolto. L’Assessorato all’Agricoltura si è, infatti, rifiutato più volte di riceverci. Sembra ripetersi l’esperienza del 2010, quando la “politica” rispose alle nostre richieste (presentate con una piattaforma ben articolata) con la legge 15. Legge da noi rifiutata e mai sottoscritta.
Cambiano i governi della regione, cambiano gli assessori, ma l’atteggiamento di chiusura nei nostri confronti è sempre lo stesso.
Oggi a quattro anni di distanza la “politica” sta compiendo lo stesso errore di valutazione sia nei confronti del settore sia nei confronti del Movimento che lo rappresenta.
In particolare, l’Assessore all’Agricoltura continua a ignorare le nostre richieste di incontro per discutere del comparto e del nuovo PSR.
Riteniamo che come Pastori, rappresentati da un Movimento storico, che ha sempre lavorato per migliorare le condizioni degli addetti al settore, con spirito proposito e costruttivo, abbiamo il diritto di esprimere il nostro punto di vista sugli investimenti per uno sviluppo sostenibile del settore.
Abbiamo, inoltre, l’esigenza ed il dovere di acquisire le informazioni di “prima mano”, direttamente dal massimo rappresentante della Regione Sardegna: il Presidente Francesco Pigliaru, per capire quali sono le linee programmatiche e di indirizzo della Regione Sardegna per i prossimi anni e non apprendere le notizie dai media.
In particolare, ci devono spiegare perché le risorse del “primo pilastro” della nuova PAC (aiuti diretti) siano inferiori a quelli della vecchia PAC.
Vorremo sentire dalla viva voce del Presidente Pigliaru perché ciò possa avvenire nonostante la nuova PAC sia stata pensata per sostenere, in particolare, l’economia agro-pastorale cui corrisponde il nostro modello di produzione estensivo. Vorremmo capire, nonostante i proclami ed i comunicati, se c’è l’effettiva volontà politica di sconfiggere, per sempre, tutte le epizoozie che affliggono il nostro settore, individuarne i modi, i tempi ed i mezzi più efficaci.
PER TUTTE QUESTE RAGIONI CHIEDIAMO
segue il documento integrale
in giro con la lampada di aladin…
- Più formazione in agricoltura per creare lavoro e combattere lo spopolamento della Sardegna . Giuseppe Pulina su SardegnaSoprattutto.
- Contro lo spopolamento e la catastrofe antropologica la soluzione è il ritorno alla terra. Silvano Tagliagambe su vitobiolchini.it
A Pattada il 12 e 13 settembre la quarta edizione de S’Ischola de su Trabagliu
Quali le scommesse di LAMAS e di S’ischola de su trabagliu per l’Edizione 2014? La quarta edizione de S’Ischola de su Trabagliu, organizzata dall’Associazone culturale LAMAS, candida Pattada ad essere pensatoio stabile delle politiche per lo sviluppo della Sardegna. Come creare lavoro? Quale e come? è il titolo. Industria, artigianato, agroalimentare, turismo, economia culturale saranno i focus programmati venerdì pomeriggio 12 e sabato 13 settembre all’Hotel La pineta nel Parco La Pineta Salvatore Pala.
LAMAS col contributo della Fondazione Banco di Sardegna ed il patrocinio del FAI (Fondo Ambiente Italiano), intende elaborare strumenti di sviluppo immediatamente traducibili in atti concreti dall’iniziativa privata e pubblica isolana. L’evento si strutturerà in cinque incontri attivi e circolari. Gli stessi titoli degli incontri sono in chiave di domanda:
- C’è ancora spazio per l’industria? Per quale?
- L’accoglienza è il lavoro di una stagione?
- Dalla terra e dal mare quale lavoro?
- C’è ancora spazio per il sapere delle mani?
- Con la cultura si mangia?
- segue -
«Convegno ecclesiale regionale. Per un cammino di speranza. La comunità cristiana in Sardegna di fronte alla crisi a un anno dalla visita di Papa Francesco»
- Riceviamo (e volentieri pubblichiamo) dalla Conferenza Episcopale Sarda: Convegno ecclesiale regionale sui temi della crisi.
Fissato per sabato 25 ottobre 2014 a Cagliari il Convegno ecclesiale regionale “Per un cammino di speranza”.
in giro con la lampada di aladin… Lavoro, lavoro
in giro con la lampada di aladin…
- Torna a salire la disoccupazione: a luglio balza al 12,6%.
Il mese scorso si sono ‘persi’ mille occupati al giorno. Il tasso di senza lavoro tra i giovani è calato al 42,9%: 0,8 punti in meno su giugno, ma in rialzo di 2,9 punti sul luglio 2013. Forti disparità territoriali: nel secondo trimestre al Sud il tasso supera il 20%. Stranieri in crescita, calano i tempi pieni. Su La Repubblica on line.
Creare nuovo lavoro. I fondi europei a questo devono prioritariamente servire. Ma ci sono alcuni ostacoli da rimuovere
di Franco Meloni
Non possiamo che associarci con convinzione al “grido di dolore” di Pietro Borrotzu e Mario Medde, lanciato come associazione “Carta di Zuri”. Ancora una volta denunciano l’insostenibile situazione della Sardegna rappresentata, dati alla mano (che rinviamo alla lettura del documento) in un “quadro di impoverimento complessivo, di forte disoccupazione e precarietà, di deficit formativo”. Una risposta prioritaria e obbligata è costituita da adeguati investimenti “nel lavoro, nelle competenze, nella formazione e istruzione e in tutta la filiera della conoscenza”. Dunque è tempo di attuare politiche attive del lavoro e della formazione “per sostenere una nuova fase dello sviluppo e per ridurre in tempi rapidi la disoccupazione e la povertà; in primo luogo quella derivante dalla disoccupazione giovanile”. A questo riguardo Borrotzu e Medde sostengono che “la gran parte dei Fondi europei deve essere destinata in via prioritaria a questi obiettivi”. E non vedono particolari ostacoli per fare ciò: “La Regione è in grado, se lo vuole, di garantire efficienza, efficacia e tempestività. La politica è in grado, se lo vuole, di garantire una burocrazia al servizio del lavoro e dello sviluppo. La buona politica dunque è la prima condizione per invertire il senso di marcia, promuovere la crescita e il lavoro, incentivare la ” vita buona”. Proponiamo dunque che le risorse dei fondi europei 2014-2020 vengano spese in tempi rapidi nelle competenze e nella conoscenza, in un piano per il lavoro che consenta a migliaia di giovani di impegnarsi in attività di valorizzazione, risanamento e tutela dell’ambiente e dei beni culturali, archeologici e identitari della Sardegna, in programmi di intervento sociale a favore delle famiglie, degli anziani e dei non autosufficienti”. Il documento continua con una serie di ulteriori raccomandazioni di carattere strutturale. Citiamo la necessità di “politiche di settore e territoriali in grado di rafforzare le imprese, riducendo o eliminando le diseconomie esterne al processo produttivo (energia, trasporti, assetti idrici, servizi alle imprese e lacci e lacciuoli della pubblica amministrazione), intervenendo anche come Regione sull’eccessivo carico fiscale e tariffario, avviando una strategia di livello regionale sul credito e sul rapporto con il sistema bancario. (…)”. Tutte questioni di enorme importanza che vanno affrontate in un approccio complessivo alla situazione sarda. Ma, in questa sede, se volete un po’ riduttivamente, vogliamo soffermarci su una sola questione evidenziata da Borrotzu e Medda, precisamente l’utilizzo dei fondi europei in via maggioritaria e prioritaria per sostenere il lavoro e la formazione dei sardi, a partire dai giovani, ma senza fermarsi ad essi. Delimitando il campo vogliamo essere ancor più mirati, a costo quindi di perdere in complessità, ma con la convinzione di fare ragionamenti utili e concreti. Innanzitutto crediamo che occorra disporre di maggiori informazioni sull’utilizzo dei fondi europei e di più efficaci strumenti di monitoraggio della loro spendita in relazione all’obbiettivo occupazionale e formativo. Per quanto riguarda l’occupazione occorre disporre di una precisa contabilità dei posti di lavoro (o, più genericamente, di tutte le opportunità lavorative) che possono generare l’utilizzo dei fondi. Al riguardo per economia di discorso mi permetto citare un mio precedente intervento su Aladinews, laddove, partendo dalla considerazione che la gran parte dei fondi che verranno stanziati nei prossimi mesi/anni in funzione anticrisi saranno pubblici e affidati alle pubbliche amministrazioni, auspicavo che sulla base degli impegni assunti, i relativi programmi e progetti avessero tutti ben evidenziati insieme alle risorse dedicate e ai tempi di attuazione, l’elenco dei posti di lavoro che attendibilmente genereranno. Soprattutto di questo abbiamo bisogno, perchè la crescita deve essere sinonimo di lavoro, di mantenimento e aumento dei posti di lavoro. E allora, vorremmo che ogni pubblica amministrazione rendesse conto dei programmi e progetti che gestisce o gestirà, dando conto di questa contabilità, in fase di previsione e di effettiva attuazione di detti programmi/progetti. Facciamo un esempio, tanto per capirci: ogni Ente locale, ogni Camera di Commercio, ogni Università, ogni… titolare di progetti finanziati dallo Stato piuttosto che dall’Unione Europea o da altre fonti, dovrà fornire l’elenco dei posti di lavoro (o comunque delle occasioni di lavoro, in tutte le tipologie) che l’attuazione del programma/progetto affidato andrà a generare. Questi dati dovranno essere resi pubblici e sottoposti a periodici monitoraggi, di cui come è ovvio dovranno farsi carico in primo luogo le Organizzazioni sindacali. E i media devono fare la loro parte!
Ecco. Per fare tutto ciò non occorrono molte risorse organizzative in aggiunta a quelle di cui la Regione già dispone, ma occorre attivare una metodologia di monitoraggio e controllo, in tutte le fasi della vita dei programmi/progetti: dalla ideazione, alla progettazione, all’esecuzione e alla valutazione. In argomento, consentitemi ora una considerazione per la comprensione della quale occorre usare qualche tecnicismo. Si tratta di questo: uno degli ostacoli alla creazione di nuove opportunità di posti o semplicemente di occasioni di lavoro attraverso i fondi europei è costituito dalle politiche di accapparramento di risorse da parte degli enti beneficiari (per la definizione di “beneficiari” si faccia riferimento all’apposito glossario dell’europrogettazione). Questi tendono a fare “improprie sinergie” con i fondi europei ai fini di risolvere propri problemi di bilancio. Comportamento legittimo, ma solo in certi limiti. E mi spiego. E’ legittimo rappresentare (e recuperare) una parte dei costi della struttura e del personale strutturato tra i “costi ammissibili” dei progetti, ma questo “recupero” non deve andare oltre un documentato ristoro dei costi sostenuti dagli Enti. Insomma non deve andare a discapito dell’assunzione (in tutte le forme consentite) di nuova forza lavoro. che costituisce uno degli obbiettivi più rilevanti dell’utilizzo dei fondi strutturali (in particolare FSE). Cè pertanto da stabilire opportuni limiti. Soprattutto c’è da esercitare precisi controlli da parte degli uffici regionali deputati alla governance degli interventi. Controlli che devono essere anche sanzionatori, della serie “O ti comporti correttamente, rispettando le direttive europee e non ostacolando gli investimenti in nuovo lavoro, o non puoi essere assegnatario di fondi”. Quanto detto qui comporta anche un adeguamento dei regolamenti regionali (Vademecum vari) e di quelli delle organizzazioni pubbliche che vogliono gestire programmi europei, ma, soprattutto, richiede diversi orientamenti e comportamenti dei vertici degli enti. Nel caso tali organizzazioni non vogliano o non possano adeguarsi occorre cambiare i gestori. Al riguardo vale quanto detto in altra occasione sulle ragioni della scarsa spendita dei fondi europei (e non solo): “una delle ragioni dell’incapacità di ideare e realizzare buoni programmi, sta nel fatto che richiedono adeguate professionalità. Spesso invece molti soggetti “beneficiari” ignorano la complessità dei progetti, banalizzano i problemi e combinano pasticci che rallentano tutto. Tra le iniziative da assumere senza dubbio l’organizzazione da parte della Regione di attività di informazione/formazione per i vertici delle amministrazioni pubbliche che vogliono attuare progetti europei. Sono loro infatti tra i maggiori responsabili del rallentamento della spesa, e, aggiungiamo, della mancata creazione di nuovo lavoro, specie quando insistono a voler fare cose non compatibili con quanto programmato e concordato con la Commissione europea.
Torneremo sulla questione.
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Sardegna. Un’estate drammatica nel segno della povertà
Intervento dell’Associazione “Carta di Zuri”
di Pietro Borrotzu e Mario Medde dell’associazione “Carta di Zuri”*
Recessione economica, disoccupazione giovanile di massa, desertificazione produttiva e industriale, pressione fiscale e tariffaria senza precedenti per famiglie e imprese: un’estate drammatica che annuncia stagioni ancora più difficili per la Sardegna, qualora non si corra ai ripari con interventi utili a contrastare la disoccupazione e la povertà e insieme a ridurre i lacci e lacciuoli per le aziende.
In Sardegna, sulla base di alcuni indicatori quali tasso di disoccupazione, ammortizzatori sociali straordinari e in deroga, e di una valutazione empirica, il numero delle famiglie senza reddito da lavoro supera il numero di 120.000 su un totale di circa 700.000 famiglie. Da tenere in considerazione che l’incidenza della povertà relativa delle famiglie nell’Isola riguarda un numero di circa 142.000 unità.
La popolazione 15-29 anni né occupata né inserita in un percorso formativo o di istruzione è in Sardegna al 27,6%. I giovani che lasciano la scuola senza un adeguato titolo di studio sono il 25,1%, in Italia il 18,1%. Il tasso di partecipazione al sistema di formazione e istruzione, nella fascia di età 15-29 anni è in Sardegna all’80,1%; in quella di 20-29 anni al 18,9%. Ecco perché l’obiettivo di ridurre entro la fine del decennio il tasso di abbandono scolastico al 10% è stato riproposto nell’ambito della strategia Europa 2020.
Per completare lo scenario del disagio sociale e giovanile nell’Isola è indispensabile sottolineare il tasso di disoccupazione nella fascia di età sino ai 29 anni, ormai oltre il 40% degli attivi. - SEGUE –
DOCUMENTAZIONE. Dall’istruzione al lavoro
Promosso da Fondirigenti e dall’Università LUISS è stato pubblicato l’8° rapporto “generare classe dirigente” sul tema “tra istruzione e lavoro: un passaggio da ricostruire”.
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indice - segue -
in giro sulla rete con la lampada di aladin
- Da tempo la sirena del Pil non stregava Fra Ignazio. Maria Letizia Pruna, su Sardinews.
(…) l’Italia è un Paese con poca istruzione rispetto agli altri aesi avanzati, e non si osservano miglioramenti significativi, perché gli altri Paesi continuano a investire nella scuola e a incoraggiare la formazione, mentre in Italia si tagliano le risorse per l’istruzione e si scoraggia – in quasi tutti i modi possibili – il proseguimento degli studi. I dati del 2013 sono impietosi e al tempo stesso poco sorprendenti, visto il “taglio” (in tutti i sensi) delle politiche pubbliche degli ultimi decenni. Il 41,8 per cento della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni – dunque nel pieno della vita attiva – ha conseguito al massimo la licenza media: sono 14 milioni di persone adulte, con un titolo di studio che andava bene fino agli anni ’70 ma che oggi è gravemente insufficiente, e nessuno di loro potrà migliorarlo, visto che in Italia sono stati via via cancellati i corsi serali per conseguire il diploma, senza sostituirli con niente di diverso. I laureati sono solo il 16,3 per cento e con questo dato siamo terzultimi in Europa su 33 Paesi, prima di Turchia e Romania ma molto indietro rispetto alla Germania (28,4), alla Francia (32,1), alla Spagna (33,3), al Regno Unito (39,1) e a tutti gli altri Paesi continentali. Ai bassi livelli di istruzione contribuisce l’abbandono scolastico, che riguarda il 17,6 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni – una delle percentuali più elevate in Europa – che diventeranno lavoratori e cittadini scarsamente istruiti. In Sardegna la situazione è ancora più grave, il dato dell’abbandono scolastico raggiunge infatti il 25,5% ed è il peggiore in Italia.
E il lavoro?
Partendo dalla considerazione che la gran parte dei fondi che verranno stanziati nei prossimi mesi/anni in funzione anticrisi saranno pubblici e affidati alle pubbliche amministrazioni, vorremmo che sulla base degli impegni assunti, i relativi programmi e progetti avessero tutti ben evidenziati insieme alle risorse dedicate e ai tempi di attuazione, l’elenco dei posti di lavoro che attendibilmente genereranno. Soprattutto di questo abbiamo bisogno, perchè la crescita deve essere sinonimo di lavoro, di crescita dei posti di lavoro. E allora, vorremmo che ogni pubblica amministrazione rendesse conto dei programmi e progetti che gestisce o gestirà, dando conto di questa contabilità, in fase di previsione e di effettiva attuazione di detti programmi/progetti. Facciamo un esempio, tanto per capirci: ogni Ente locale, ogni Camera di Commercio, ogni Università, ogni…. titolare di progetti finanziati dallo Stato piuttosto che dall’Unione Europea o da altre fonti, dovrà fornire l’elenco dei posti di lavoro (o comunque delle occasioni di lavoro, in tutte le tipologie) che l’attuazione del programma/progetto affidato andrà a generare. Questi dati dovranno essere resi pubblici e sottoposti a periodici monitoraggi, di cui come è ovvio dovranno farsi carico in primo luogo le Organizzazioni sindacali. E i media devono fare la loro parte!
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IN ARGOMENTO
L’Isola affonda, ora che si fa?
Attese, morti e indecenze. Anthony Muroni, su L’Unione Sarda.