Economia & Lavoro

La Sardegna e la bioeconomy: i biocarburanti e la chimica verde

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di Vanni Tola
Con questo articolo completiamo l’analisi delle comunicazioni presentate nel convegno “Il Nord Sardegna polo europeo della chimica verde” organizzato a Sassari, nello scorso mese di Settembre, dal Consorzio Provinciale Industriali e dal Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università.
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La LAMPADA di ALADIN sul Piano Paesaggistico Regionale

lampadadialadmicromicro13Si comincia a capire a quale disastro vuole portarci Cappellacci.
Interventi di esperti
- Ignazio Camarda, su La Nuova Sardegna
- Sandro Roggio, su La Nuova Sardegna
- Alessandro Plaisant, sul blog di Vito Biolchini

Salviamo la Sardegna da Attila-Cappellacci!

lampadadialadmicromicro132Intervista de La Nuova Sardegna a uno dei nostri salvatori: Salvatore Settis.
Attila

Caravaggio a Cagliari: una mostra impossibile. O forse no!

NarcisoMichelangelo_Caravaggio_065La mostra impossibile di Caravaggio a Cagliari grazie a un’operazione di crowdfunding? Ne stiamo parlando… e non solo!
Tanto per la cronaca, sul crowdfunding: come Aladinews abbiamo richiesto a Camera di Commercio, Università e Sfirs di organizzare un seminario/workshop di tipo informativo/operativo da tenersi in tempi brevi.

Caravaggio a Cagliari: una mostra impossibile! Ma un modo ci sarebbe…

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caravaggio raiVolete prendervi un momento di godimento artistico? Guardate il video sulle “mostre impossibili” realizzate dalla Rai in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali. Vogliamo poi fare in modo di poterci godere più del momento consentitoci dallo spazio virtuale? Richiediamo che almeno una delle “mostre virtuali” (Caravaggio, per esempio, in testa ai desideri di molti) sia portata in Sardegna, a Cagliari ed eventualmente in altre città sarde. Basterebbe una cordata di Istituzioni per rendere possibile tale proposta. Per esempio a tale fine potrebbero mettersi insieme la Regione, il Comune e la Camera di Commercio, ovviamente con la Rai e il Ministero dei Beni culturali. Ne varrebbe la pena, non pensate? Facciamo una sorta di class action propositiva!

La Sardegna e la bioeconomy: i primi passi della chimica verde

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di Vanni Tola
Prosegue l’analisi delle comunicazioni presentate nel convegno “Il Nord Sardegna polo europeo della chimica verde” organizzato a Sassari, nello scorso mese di Settembre, dal Consorzio provinciale industriali e dal Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università. Ci soffermeremo, questa volta, su alcune relazioni che hanno descritto significative attività riguardanti l’impiego delle bioplastiche. La Ecozema è una società di Vicenza creata circa duecento anni fa. Originariamente lavorava il legno per produrre mollette per il bucato, in seguito, con l’introduzione delle materie plastiche, si è riconvertita verso la produzione di mollette per bucato di plastica. In questo periodo – lo racconta il responsabile commerciale Mauro Apostolo – è in atto un processo di riconversione dell’Ecozema alle produzioni della chimica verde. Questa operazione, realizzata in collaborazione con Novamont, pone al centro l’impiego di un prodotto principe della chimica verde, il Mater-bi. Il Mater-Bi è un prodotto biodegradabile e compostabile che si ricava da componenti vegetali come l’amido di mais e polimeri biodegradabili ottenuti sia da materie prime di origine rinnovabile che da materie prime di origine fossile. Si presenta in forma di granulo e può essere lavorato secondo le più comuni tecnologie di trasformazione, per realizzare prodotti dalle caratteristiche analoghe o migliori rispetto alle plastiche tradizionali, ma perfettamente biodegradabili e compostabili. L’impatto ambientale di questi prodotti è minimo e si riduce la quantità di rifiuti post consumo. Nel caso specifico della società Ecozema il Mater-bi è utilizzato per la produzione di posate e altri oggetti per la ristorazione.
(segue)

Il Nobel 2013 per l’Economia

nobel economia 2013vittoriopelligraIl punto di vista dell’economista Vittorio Pelligra: un Nobel alla finanza (psico)logica

Ci rubano la fonte della vita

vangogh campidi Nicolò Migheli
Ci rubano la fonte della vita e la chiamano sostenibilità. Mai parola venne così stravolta nel significato. Da quando la giunta di centro destra si è insediata vi è un attacco continuo ai terreni agricoli della Sardegna. Un susseguirsi di iniziative sull’eolico, centrali a biomasse, impianti fotovoltaici, ed infine ricerche di metano ed energia geotermica. Un assalto che interessa tutta l’isola, in particolare la pianura del Campidano, l’ex granaio di Roma che ha prodotto cibo per millenni.

Ultima di queste iniziative una mega centrale da 100 GWh, da realizzare a Vallermosa. Centotrentotto ettari di terreno fertile, 3500 specchi, una torre alta 200 metri su cui verranno convogliati i raggi solari. Una centrale a biomasse da 1 Mgw, un invaso di 31.000 metri cubi d’acqua. Un investimento di 250 milioni di Euro proposto da Sardinian Green Island di Alberto Scanu, presidente della Confindustria Sardegna e l’ASC Cobra di Florentino Pérez presidente del Real Madrid.

Impianto descritto ad “impatto zero” che sorge vicino ad un insediamento nuragico e che dovrebbe contemplare anche un grande uliveto. Ormai però si è capito che la produzione agricola è solo il velo su cui nascondersi. Le campagne sarde sono piene di serre fotovoltaiche che non producono nulla, se non certificati verdi che alimentano i bilanci delle imprese proprietarie. A tutto questo si somma la decisione di coltivare cardi in tutta l’isola per le bioplastiche.

Tutto in assenza di un qualsiasi piano che determini il bisogno energetico della Sardegna per gli anni a venire. Questo in una terra che importa circa l’ottantacinque per cento del proprio fabbisogno alimentare. Un Far West di irresponsabilità, un correre a svendere il terreno agricolo per trenta denari. La fonte della nostra sopravvivenza. Non c’è più memoria della fame diffusa. Le generazioni nate dopo la II GM, sono le prime che in Sardegna hanno avuto tre pasti al giorno garantiti. Sarà sempre così? Il cibo che ci occorre sarà per sempre disponibile nel primo supermarket sotto casa?

Il finanziere George Soros, quello che con le sue speculazioni fece uscire la lira dallo SME e provocò la crisi della sterlina britannica, negli ultimi anni ha investito i suoi ingenti capitali in terreni sudamericani; dichiara che: “Il miglior investimento al mondo sono i terreni agricoli.” Lui ha lo sguardo lungo. Nel 2050 è previsto che il mondo avrà nove miliardi di abitanti. La FAO dichiara che le produzioni agricole dovranno essere incrementate del settanta per cento. La produzione di cibo è ridiventata un bene strategico, in un mondo in cui le terre fertili diminuiscono costantemente a causa dell’eccessivo sfruttamento, la desertificazione, i mutamenti climatici e la penuria d’acqua dolce. Le prossime guerre verranno combattute anche per il pane. Come è sempre avvenuto nella storia dell’uomo.

Maurice Le Lannou, un geografo francese autore di un testo fondamentale sull’agricoltura sarda, salendo sulla collina di Monastir e guardando al Campidano, ebbe a dire. “Ora capisco fin in fondo il senso della seconda Guerra Punica.” Dal 2000 ad oggi, secondo l’ONG Oxfam (rapporto del 2012), una superficie grande come sette volte l’Italia è diventata, proprietà di gruppi finanziari, multinazionali dell’agribusiness, monarchie arabe, Corea del Sud, Cina, Giappone, India. Tutti soggetti che cercano di garantire cibo alle proprie popolazioni o redditi alti.

Una caccia ai terreni fertili che in Africa a raggiunto una ampiezza pari alla superficie del Kenia. Un furto legalizzato che ha assunto le forme di piaga sociale, con l’espulsione dei contadini locali e la riduzione alla fame di intere popolazioni. I cinesi fanno di più, perché importano persino i propri contadini. Molti di quegli espulsi ce li ritroviamo poi nei barconi della speranza. Land Grabbing, furto di terreni. In maniera non così sfacciata è quello a cui stiamo assistendo qui da noi.

Secondo Oxfam il fenomeno lo sia ha quando vi è: Violazione dei diritti umani e dell’eguaglianza delle donne; assenza di consenso libero ed informato; mancanza di valutazione sugli impatti ecologici, economici e sociali; assenza di contratti trasparenti; mancanza di pianificazione condotta in maniera democratica con supervisione imparziale. Eccetto il primo punto, gli altri, nei più dei casi, riguardano anche le iniziative del business energetico sardo. Ad esempio chi dovrà smantellare gli impianti a fine ciclo? Il proprietario del’impresa o quello del fondo? Le centrali a biomasse sono veramente sicure per l’ambiente e la salute delle popolazioni? Tutte domande che vorremmo avessero risposta certa.

Solo che quando le si pone si è accusati di non volere le iniziative che portano il progresso, di essere contro l’industria, quella verde per di più. Non esiste dibattito e quando avviene, come nel caso di Arborea, si scopre che i comitati contro hanno più argomenti dei proponenti l’iniziativa. Il nodo centrale è che il terreno agricolo, fermo restante la proprietà privata, deve essere considerato bene comune. Oggi lo è in parte grazie al PPR, però non essendoci piano energetico si ricade nella contraddizione. La terra è un bene troppo prezioso, per noi e per le generazioni future, per comprometterlo con iniziative sconsiderate.

L’approvvigionamento alimentare diverrà problematico. Pochi controlleranno il cibo del mondo; saranno loro che decideranno a chi darlo e a che prezzo e a quale condizioni. Chi ha responsabilità di governo verrà ricordato per quel che ha fatto oggi. Il centro destra di Cappellacci e la mancata opposizione in Consiglio, resteranno come l’amministrazione che più si è data da fare per svendere il futuro alimentare dei Sardi. Chi verrà eletto prossimamente al governo della Regione dovrà invertire questa tendenza. Ne va della nostra sopravivenza. Sempre che ci interessi ancora.
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Sardegna-bomeluzo22Oltre che su questo sito, questo articolo viene pubblicato anche sui siti Fondazione Sardinia, Vitobiolchini, Tramas de Amistade, Madrigopolis, SardegnaSoprattutto, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sul blog EnricoLobina.

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SARDEGNA e BIOECONOMY: un dibattito aperto sul futuro dell’isola

chimica-verde-Maste-Unissape-su-limoni-IMG_4811-1024x575-150x150sedia-van-gogh-4-150x150-bis1di Vanni Tola
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Da LINKIESTA: Non bastano i fondi UE per l’occupazione giovanile
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- Contro l’obesità una sana alimentazione

RICERCA CNA. Competitività territoriale: analisi comparata del sistema socio economico della Sardegna nel contesto europeo


La notizia

Imprese, per la Cna Sardegna fanalino di coda in Europa per qualità della vita

“Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” – Rapporto 2013 elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere con la collaborazione dell’Assessorato alla cultura della Regione Marche

“Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” – Rapporto 2013
Nonostante i sacrifici imposti dall’austerity, la cultura dimostra ancora una volta di essere uno dei motori primari della nostra crescita. Mentre la crisi imperversa e un pezzo consistente dell’economia nazionale fatica e arretra, il valore aggiunto prodotto dalla cultura tiene e guadagna terreno.

Ecco la via italiana per combattere la crisi: è quanto emerge dal Rapporto 2013 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere con la collaborazione e il sostegno dell’Assessorato alla cultura della Regione Marche presentato ieri in conferenza stampa a Roma.

Documenti

La LAMPADA di ALADIN. Lavoro, staffette e alleanze generazionali. Il crowdfunding


- Venerdì 31 maggio Aula magna Facoltà di Ingegneria e Architettura: presentazione 20° rapporto Crenos sull’economia della Sardegna
- Staffetta generazionale: dall’economista Alesina un contributo all’incremento della confusione
- Crowdfunding: ne sentiremo parlare molto e speriamo si faccia anche molto. Ecco un approfondimento di Aladinews – Applicazioni in corso (Francesco Abate su L’Unione Sarda, ripreso da Aladinews)I 10 (considerati) migliori siti di crowdfunding

Il lavoro degno

di Gianni Loy *

Proprio alla vigilia del primo maggio. Del giorno della festa dei lavoratori! Una giornata che, del resto, ricorda tragedie. Ai lavoratori ed alle lavoratrici morti nei secoli se ne sono aggiunte altre centinaia, oltre 600, in Bangladesh. Non per un incidente, ma per una tragedia annunciata. Perché produrre camicette in Bangladesh, al prezzo di 1,5 centesimi l’una, per poter poi essere rivendute a qualche decina di euri ciascuna, suppone un rischio certo. Rimane solo da sapere dove accadrà e quanti operai, uomini, donne e bambini, moriranno la prossima volta. Purché si tratti morti plurime, perché quelle individuali, quelle che non assumono connotati di tragedia, non interessano ai media.

Alcuni marchi prestigiosi, ora, si dissociano. La Walt Disney ha già annunciato che lascerà il Bangladesh, altre la seguiranno. Eppure molte fabbriche son finite in quell’inferno solo perché in Cina i prezzi cominciavano a lievitare, e la legge dell’economia, quella che tanto veneriamo, è impietosa ed inflessibile.

Eppure è questa la concorrenza. E’ questo l’ordine internazionale invocato dai soloni dell’economia. Ma cosa crediamo che sia, il martellante invito ad una maggior flessibilità, alla riduzione del costo del lavoro, al superamento dei “lacci e lacciuoli” che continuamente viene proposto anche qui da noi? Ma in cosa consiste quella parola d’ordine della “competitività”, quella divinità pagana che viene riproposta in tutte le salse? A che prezzo dovremmo “competere” con le economie in grado di produrre beni a costi ridicoli? Vivere con 38 euri al mese (ma il salario minimo, in Bangladesh, è addirittura di 29 euri al mese) significa schiavitù, ha commentato proprio il primo maggio Papa Francesco. Con tutta l’ipocrisia di molte imprese di grido che affermano la propria responsabilità sociale, che sbandierano ai quattro venti pretese indagini preventive per assicurarsi del rispetto dei diritti dei lavoratori e delle loro condizioni di lavoro, che ostentano “codici di condotta” qualche volta improbabili. Ma che bisogno c’è di tante indagini per capire che a prezzi tanto bassi il rispetto delle condizioni di lavoro è semplicemente impossibile?

Ed infatti, neppure ci provano se è vero (fonte: Human Right watch)  che nella capitale del Bangladesh il controllo di 100mila fabbriche è affidato a soli 18 ispettori ! Papa Francesco, nell’omelia del primo maggio, ha anche ricordato che dobbiamo seguire la strada che deve condurci al riconoscimento della dignità del lavoro.

Ma la dignità del lavoro non è la nostra personale convenienza, di noi che magari auspichiamo l’apertura ininterrotta dei luoghi di culto del consumo, le città mercato, anche in occasione delle festività più impossibili, senza pensare che ciò significa lavoro imposto ad altre persone proprio al prezzo di sottrazione di dignità. La dignità del lavoro è un bene collettivo che si conquista nel prendere coscienza che la dignità è di tutti o non è! Nel sottosviluppo, in quella condizione tragica che sembra tanto lontana da noi tutte le volte che siamo costretti a commentare tragedie di questo tipo, non si cade all’improvviso. Piuttosto si scivola, a poco a poco, senza neppure rendersene conto, tutte le volte che si scende a compromessi, credendo che un po’ di precariato, di flessibilità, poi magari una piccola riduzione di un salario già insufficiente, come consentito o auspicato in sede di contrattazione collettiva, o una riduzione dei propri diritti, una maggior facilità del licenziamento incolpevole…, possano davvero aiutarci ad uscire da questa crisi.

Il lavoro o è degno, o non è lavoro. Quell’altro, ha proprio ragione Papa Francesco, è schiavitù.

* Intervento pubblicato anche su “Il Portico”

Gianni Loy

Il tempo da compiere, in Sardegna

di Salvatore Cubeddu *

Torno indietro di una decina di giorni, cercando tematiche da proporre in editoriali, come scrivessi sulla prima pagina di un giornale quotidiano. Oggi è l’8 maggio, parlerei delle dighe da svuotare, se un terremoto fosse in vista. E titolerei: ‘sono pazzi questi italiani’. Solo ieri l’aereo ha scaricato un’altra carrettata di mafiosi per le carceri appena aperte. La settimana scorsa è stata riportata da qualcuno dei media l’intenzione di mandarci scorie nucleari insieme a qualche nuova centrale. Appunto perché siamo ambiente non sismico. Non pensano mai a noi, perciò fanno delle cappellate. Meglio: quando ci  pensano, è solo per fare i cavoli loro, assegnandoci i loro rifiuti, materiali o umani non importa. Che ci arrivano da ogni dove: carceri, industrie, impiegati pubblici, assicurazioni, persino la Chiesa con qualche suo vescovo.

Ma ieri è stato seppellito Giulio Andreotti e i grandi giornali hanno raccontato la brillantezza e le tenebre del personaggio. Vivente e lunga metafora sulle luci e sulle oscurità del potere. Nessuno si è chiesto  come potesse fare quotidianamente la comunione uno che progettava delitti, persino sanguinosi, da affidare o gestire con la mafia. Nel tanto dibattere di crisi della politica e dei compiti dei rappresentanti del popolo i commentatori insistono sul servizio alla comunità. Trascurano, però, o affettano pudore quando si tratti di entrare nel merito di uno dei connotati più specifici della politica, il potere, la faticosa e complessa battaglia per la sua conquista ed, una volta conquistato, la fatica per difenderlo e mantenerlo. E, quindi, il suo esercizio al fine, nel migliore dei casi, di fermare il malaffare attraverso le leggi e di offrire soluzioni ai problemi. Eleonora d’Arborea, nella Carta de Logu, 1392, lo diceva così: ”raffrenare e contenere la prepotenza degli uomini iniqui e malvagi acciocchè i buoni, i puri e coloro che non commettono il male possano vivere e stare sicuri tra gli iniqui …’ Eppure la conquista e il mantenimento del potere nelle pur sgangherate istituzioni sarde evidenza e spiega tante delle ‘cose impossibili’ che non si riesce a risolvere: la libertà dell’insieme della classe politica sarda, l’unità dei movimenti sardisti ed indipendentisti, la difesa del patrimonio da destinare alla sovranità alimentare e al benessere paesaggistico, la valorizzazione in proprio delle nostre risorse ….  E via elencando.

Con i monumenti aperti, la domenica 12 maggio, si conclude un ciclo di feste iniziato il 25 aprile. Feste civili e religiose, sarde e italiane, stanziali o in processione, a carattere istituzionale o a protagonismo di massa. Un formidabile concentrato di messaggi, potenziali fonti di valori per i feriali tempi della quotidianità. La libertà conquistata con il sangue e la lotta (la liberazione italiana e sa die), il  sacrificio fino al martirio nella difesa degli ideali collettivi e personali (la resistenza e S. Efisio), la conoscenza e la valorizzazione degli spazi vissuti da chi ci ha preceduto (monumenti aperti). Nessuna notizia o riflessione ex-post ci ha spiegato perché nessuno del governo regionale partecipasse al ricordo della liberazione, perché sa die sia ritornata patrimonio della sola militanza culturale, perché ci si preoccupi che sant’Efisio resti spettacolo per turisti invece che la celebrazione della speranza nella storia, anche di fronte e dopo una terribile peste.

Non si riflette. Il popolo sardo sembra allo sbando. Chi dirige e rappesenta le sue istituzione non sa, non vuole, non è interessato. Al continuo farsi della storia della Sardegna. Così come i principali media quando raccontano la quotidianità della nostra vicenda: cronaca di sfigati (incidenti stradali, sul lavoro, inquinamenti, intemperie naturali, siccità … malattie di uomini e animali, …) e/o di delinquenti (bombe contro gli amministratori, rapine in crescita, … pubblica  corruzione … e via politicizzando). Non esiste un fine, un tracciato, un popolo in cammino verso un dove. Sfruttati e/o abbandonati nella storia di altri.

Eppure abbiamo una natura speciale, qui non si danno terremoti. Una sensibilità per la cosa pubblica ha anticipato con i dieci referendum del 2012 delle decisioni istituzionali ancora da venire per lo Stato italiano. La coscienza di una nostra servitù derivata da quella dei partiti e del ceto politico si diffonde anche nelle località più lontane. I sei mesi che ci attendono rivelano capacità festive evidentemente espressioni di vitalità e di prospettiva. Non pochi tra i sardi amano la propria terra e stimano i propri concittadini. Noi tra essi.

 

Tempus de bennere, in Sardigna.  

di Salvatore Cubeddu, 8 de maju 2013

Torrande in segus de deghe dies cricaus temas chi azuent a pentzare, comente feus candu iscrideus in sas primas pazinas de unu zornale. Oe est s’8 de maju, deo ja a foeddare de su chi si cherent faghere, de imbodiare sas digas, po su perigulu de unu terremoto. Su titulu dhu tenzo prontu: “custos italanos sunt macos!”. De su restu est ariseo chi unu aeroplanu si c’adat iscarrigau unu carru de mafiosos po sas prisones chi ant apertu de nou. Chida passada eus ischipiu chi caluncunu tenet s’intenzione de ponnere in domo nostra s’aliga nucleare cun calincuna zentrale. Ischidende ca non c’at perigulu de terremoto. A nois non pentzant mai, po custu faghent fesserias, pentzant solu a issos, a sa cunbenientzia issoro, a nois lassana s’aliga, de sas cosas e de sos omines. Aliga chi arribada a nois dae totue: prisones, industrias, publicos impresos, assicuratziones, finzas sos piscamos de sa Cresia.

Ariseo c’ant interrau a G. Andreotti e totu sos medios ant contau lughes e buju de sas fainas de s’omini. Figura vivente e malaitta de su cumandu. Nemos s’est domandau coment mai unu chi fiat donnia die sa comunione andaiat a pentzare malafatìas, bogande fintzas sambene, cun sa mafia. In su mentres semus arresonande de sa politica in crisi, sighimus a narrer ca su politicu depet essere de azudu a sa zente. E non teneus s’animu de narrer s’atera cosa zusta, ca sa politica est fintzas s’arte de comandare e ca po arribare e mantennere su cumandu sa zente si gherrat e bochit, mancare penzet a su  bonu faghere e a difendere su bonu. Eleonora de Arborea – in sa Carta de Logu – dhu nariat in custu modu: … “sa superbia de sos reos e malvados hominis si infrenet e constringat, ad ciò qui sos bonos e puros et innocentes possant viviri e instari inter issos reos ad seguridadi …, premessa, 1392).

In Sardigna, sa gherra po arribare a cumandare ponnet in craru su chi non arrennesseus a faghere: a chi ponnere in sos zassos de importu zente libera, a faghere una fortza paris cun sardistas e indipendentistas, a defendere sos terrinos nostros po dhos arare e paschere in s’interessu nostru, po ndhe godire sa zente nostra e fizos nostros, cun sas bellesas e cun sos dannos.

In Casteddu, su 12 de maju, ant apertos sos monumentos, sighinde unu tempus de festa comintzadu su 25 de arbile. Festas ziviles e religiosas, sardas e italianas, bivias in logu serradu o in inghiriu, cun autoridades o a fainas de populu. Tantas ideas po bivere mezus sos tempos assutos e triballosos: sa libertade conchistada cun su sambene in sa gherras (sa liberazione italiana e sa die), su sacrifiziu e su martiriu (sa ‘resistenza’ e sa vida de sant’Efis), s’istima po sa terra chi si poderat.

A pustis de totu custu bividi, nemos at ispiegau poita non dhia fuit s’autoridade candu s’arregodaidat sa liberazione italiana, poita fuaus pagos liberos a pentzare a sa die, poita sa festa de sant’Efis paret chi srebada solu po ispantare sos turistas e non po faghere torrare s’isperu in s’istoria, a pustis de sos mares chi destruit s’omini e sa soziedade.

Non dhia pentzaus. Su populu sardu est che arbeghes chene pastore. Chie depet, non cheret, non ischet o pentzat a ateru. Sa vida de sos sardos non l’interessat. Gosinchi sos sardos sunt, po sos medios chi nos sighint, zente malafortunada o de malufaghere. Andaus faca su nudda, non b’at caminu, non teneus logu, non connoscheus sa terra chi si poderada. Isfrutados e abandonados in s’istoria de atere.

Epuru sa terra nostra non est comente sas ateras, non si movet comente cussas chi donnia tantu tenent terrmotos. S’annu passau eus votau po cambiare sas istitutziones, comente ancora non ant fatu in s’Italia. Fintzas in sas biddas prus pitias comintzant a comprendede ca sa zerachia nostra est cussa chi benit dai chie nos cumandat inoghe, zente nostra. Sa festas chi torrant narant ca seus bios e podeus essere cuntentos de bivere e comandare in terra nostra. Sa terra chi nois istimamus, impare cun sos paesanos nostros. Parte de nois. Cun totus.

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* Il tempo da compiere, in Sardegna (Salvatore Cubeddu), Cagliari 8 maggio 2013.

Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnaei nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione  per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.

Ecco i siti/blog (a cui nel tempo  se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :

- aladinews

- vitobiolchiniblog

- Fondazione Sardinia

- Tramas de amistade

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