SARDEGNA

Oggi lunedì 27 novembre 2023

img_3099 In Sardegna ci vuole una svolta anche nel centrosinistra. Le anticaglie rancorose alla Soru vanno archiviate
27 Novembre 2023 – A.P. Su Democraziaoggi
Il PD, anche per bocca della sua segretaria nazionale, ha rilanciato a Cagliari con garbo e convinzione un messaggio a Soru & C. Si può discutere sul programma, integrarlo, migliorarlo. Non ci sono pregiudiziali, tutto si può aggiustare, niente è indiscutibile, salva la scelta della candidata alla presidenza, Alessandra Todde. Sembra una posizione ragionevole, […]
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ITE REMIRAS… Echi di resistenza in terra di Sardegna

img_5401 [Red] Sono trascorsi quasi ottant’anni dalla Resistenza. Per quanto tempo ancora dovremmo ricordarla, e celebrarla. Si sa che il tempo, a poco a poco affievolisce i ricordi; tu8tto passa, a poco a poco. E poi, in Sardegna non è che la Resistenza si sia vista molto. Ricordiamo di più i bombardamenti dei “nemici” che sono poi diventati alleati. Ricordiamo assai di più “su famini de su 43”.
Partigiani sardi sì, ma in continente. Alcuni sepolti altrove, altri tornati alla loro occupazione in silenzio. Sino a quando, e non da tanto, alcuni ricercatori si sono messi sulle loro tracce ed hanno incominciato a raccontare le loro storie, a volte a strappargliele di bocca.

Pregheus impari!

img_5279Pregare in lingua sarda. Concorso poesia e prosa (…. proviamoci!)
«Pregheus impari!» è il titolo della 1^ edizione del Premio di poesia e prosa religiosa in lingua sarda organizzato dalla parrocchia Santa Vittoria V.M. di Seuni.
I componimenti in versi e i racconti dovranno pervenire all’assistente spirituale del piccolo centro (frazione di Selegas) entro il prossimo 15 dicembre 2023. «Vogliamo raccogliere in un volume antologico – dice monsignor Gianfranco Zuncheddu promotore dell’iniziativa – le espressioni più vere e attuali del senso religioso della gente sarda che continua a pregare, individualmente e in gruppo, in limba. E’ un patrimonio culturale e religioso che non deve essere disperso. Non è un’operazione archivistica, ma vuole esaltare le manifestazioni di una “pietas” anche di alto valore poetico e affettivo che esprime la continuità del sentimento religioso della nostra gente, di un’autentica e attuale ricerca di Dio da parte del nostro popolo».

Oggi giovedì 9 novembre 2023

img_3099Regionali. Nel campo largo c’è chi non accetta le regole e indebolisce la battaglia contro la destra
9 Novembre 2023 – A.P. su Democraziaoggi.
La quasi totalità delle associazioni, movimenti, partiti del campo largo del centrosinistra hanno espresso gradimento per Alessandra Todde. Ma c’è subito chi si sfila, della serie o approvate la mia proposta o io vado via. Certo Liberu può fare ciò che vuole, ma questo non è l’atteggiamento giusto per stare in una coalizione ampia, dove è certa una pluralità di opinioni. […]
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img_5178The Economy of Francesco: Radici, sfide e prospettive

Giovedì 9 e venerdì 10 novembre si terranno due giornate di studio dal tema “The Economy of Francesco: Radici, sfide e prospettive”. L’evento, organizzato dal Progetto Policoro della Diocesi di Cagliari in collaborazione con la Facoltà di Scienze Giuridiche, Economiche e Politiche dell’Università di Cagliari, intende promuovere due momenti di riflessione con i giovani e gli studiosi del territorio rispetto ai temi dell’Economia civile e di come alcuni principi ispiratori dell’Economia di Francesco possano essere applicati concretamente nel quotidiano attraverso la guida di esperti del settore.

Convegno Adriano Olivetti e la Sardegna – Dibattito

adriano-olivetti-poster-img_4780Convegno su Adriano Olivetti. Dibattito
Rileggendo Adriano Olivetti: che non era utopico ma oggi, forse, lo è.
di Gianni Loy
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The day after. Riflessioni (e proposte) personali del “dopo Convegno”

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di Franco Meloni
Il convegno su “Adriano Olivetti e la Sardegna. Attualità di una prospettiva umanistica” che si è concluso sabato 28 mattina ha sollecitato una grande quantità di approfondimenti su tematiche che si possono riproporre e su altre ulteriori, che richiedono una serie di nuove auspicabili iniziative.
Io provo ad avanzare qualche riflessione, si tratta per ora solo di suggestioni.
Innanzitutto una premessa che traggo dalla relazione del cardinale Arrigo Miglio: ci ha detto che Adriano Olivetti nella sua incessante e innovativa attività imprenditoriale, sociale e politica incontrò molti ostacoli e decisi oppositori, tra questi anche la Chiesa di Ivrea, che mal sopportava il suo intervento nel campo sociale (similmente i Sindacati, specie la Cisl, che lo vedevano invadere il proprio ambito, per non dire dei grandi partiti). Ma mons. Miglio, originario del Canavese e, in tempi più recenti del periodo di A. Olivetti, Vescovo di Ivrea, ha parlato soprattutto del rapporto con la Chiesa eporediese. Ebbene, nel tempo, i rapporti di ostilità si convertirono in collaborazione, sia con Adriano Olivetti in vita (che si convertì al cattolicesimo, non certo per convenienza, rimanendo profondamente laico), sia dopo la sua morte (1960), quando, sei anni dopo, divenne Vescovo di Ivrea mons. Luigi Bettazzi e, successivamente, mons. Arrigo Miglio. Una evoluzione analoga ha avuto in generale, in Italia, il mondo della Cultura laica, da una parte, e della Chiesa conciliare dall’altra, e non solo, dove da una contrapposizione tra laici e cattolici si è passati a un fecondo rapporto di dialogo. Ovviamente sono consapevole che il discorso è complesso e che sto ragionando per semplificazioni, che comunque mi consentono di affermare che il nostro convegno ne è una prova. Infatti, semplificando, in questo convegno si sono incontrati sostanzialmente due mondi, quello laico e quello cattolico. Gli intellettuali che hanno partecipato e animato il Convegno (relatori e no) appartengono a uno dei due mondi o a entrambi, ma, in questo ragionamento mi piace così schematizzare: Il mondo laico rappresentato dai diversi apporti dell’Università di Cagliari e di Sassari, il mondo cattolico rappresentato dagli esponenti della Facoltà teologica della Sardegna, presente sia nel comitato scientifico sia attraverso padre gesuita Giuseppe Riggio, che ha proposto – seppur costretto dalla tirannia del tempo – significative conclusioni. Lo ha fatto in una forma davvero intelligente, in quanto è riuscito a coinvolgere tutte le (poche) coraggiose persone che hanno resistito, sabato, fino alla fine del convegno, in tutto una ventina. Nel breve dibattito finale si sono registrati dieci interventi, che hanno proposto interessanti riflessioni. Io ne ho avanzate due: la prima riguarda la tematica del lavoro, molto spinosa, anzi drammatica, pensando soprattutto ai giovani e agli espulsi di ogni età dal mondo del lavoro. Il Mondo, e, in Italia, il Sud e la Sardegna in modo particolare, è afflitto dalla mancanza di lavoro, dal precariato, da compensi ai lavoratori non dignitosi, in presenza di vergognose discriminazioni e ingiustificate ineguaglianze. E, giustamente, al contrario, il Papa e la Chiesa sostengono il «lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale» (cfr Papa Francesco, Esort. apost. Evangelii gaudium, 192), concetto riproposto come titolo della 48ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, tenutasi a Cagliari nei gg. 26-29 ottobre 2017, che non si discosta, anzi completa, uno dei motti programmatici, laici, del mondo del lavoro: “lavorare tutti, lavorare meno, lavorare meglio“. Adriano Olivetti praticava questi concetti, come abbiamo sentito in diverse relazioni del convegno, in modo anticipatorio rispetto alle normative attuali sul lavoro che attengono alla responsabilità sociale dell’impresa e al welfare aziendale.
Ne vogliamo riparlare e costruire qualche iniziativa?
La seconda suggestione riguarda il concetto di sussidiarietà, anche esso praticato – sebbene non chiamato nello stesso modo da Adriano Olivetti. Ricordo che il principio di sussidiarietà fu per primo introdotto dalla chiesa cattolica, precisamente nella Rerum Novarum di Leone XIII (1891). Il principio è stato “costituzionalizzato” dalla riforma costituzionale del 2001, articolo 118, laddove si parla sia di sussidiarietà verticale, che riguarda i vari livelli istituzionali: Stato, Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni e di sussidiarietà orizzontale che attiene alla partecipazione dei cittadini alla vita sociale per il raggiungimento degli interessi di carattere generale (*) Proprio basandoci su questo principio, su cui si fonda l’attività del Terzo Settore, possiamo pensare di riformare la politica, oggi tanto estranea al comune cittadino. Oggi la “Teoria di Comunità” elaborata e in certa parte sperimentata da Adriano Olivetti e dai suoi collaboratori, anche scontando dolorosi insuccessi, come il deludente risultato dell’avventura elettorale nelle Politiche del 1958, nella quale fu coinvolto il Psdaz. Proprio da quella sconfitta, superandone il trauma, poteva nascere un robusto movimento popolare sardo (ce n’è da dire e da fare!). Purtroppo la morte di Adriano Olivetti chiuse ogni possibilità per una prospettiva virtuosamente percorribile. Che il nostro Convegno ha l’ardire di rilanciare!
Ne vogliamo riparlare e costruire qualche iniziativa?
Lancio infine una proposta, che mi sembra abbiamo praticato in questa “due giorni convegnistica”, cioè una chiamata all’impegno di tutti noi (gli organizzatori), con il coinvolgimento di altri che vogliano aggiungersi, per l’istituzione anche nella nostra città di una “cattedra dei non credenti“ sul modello che tanto avuto successo e utilità, pensato e realizzato anni fa dal cardinale Carlo Maria Martini, nel suo mandato di arcivescovo di Milano. Evidentemente, mutando ciò che c’è da mutare, tenendo conto delle persone e delle risorse di cui disponiamo. L’iniziativa si iscriverebbe nei percorsi sinodali della Chiesa universale e di quella italiana e sarda.

Voglio concludere con una celebre frase, a me tanto cara, del credente cardinale Martini, in totale sintonia con il non credente filosofo Norberto Bobbio: «La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza»

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(*) Cost., art.118 ult. comma (…) Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
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Articolo pubblicato in contemporanea su Aladinpensiero e su il manifesto sardo: media partner del Convegno.
Su il manifesto sardo:
https://www.manifestosardo.org/riflessioni-del-dopo-convegno-su-adriano-olivetti-e-la-sardegna/
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Per rilanciare i contenuti del Convegno

[pagina in costruzione] Dopo i saluti istituzionali,
img_4922ha introdotto i lavori Francesca Crasta, proponendo una prospettiva filosofica alla base del pensiero olivettiano, img_4920
mentre Beniamino de’Liguori Carino, Segretario generale della Fondazione Olivetti ha parlato dell’eredità culturale di Adriano Olivetti img_4941.

Oggi sabato 28 ottobre 2023

img_3099Con le loro autocandidature Soru e Zedda sfasciano la coalizione di centrosinistra
28 Ottobre 2023 A.P. su Democraziaoggi.
In una intervista di ieri al Corriere della sera Soru ripropone la sua candidatura alla guida della Sardegna. E, com’è nel suo stile, la avanza come pretesa, il cui mancato accoglimento ha una sola conseguenza: lui si candida lo stesso.
Naturalmente egli enuncia una giustificazione alla sua prepotenza: la scelta del candidato alla presidenza non può […]
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Anteprima mondiale

da246094-19d8-472f-b217-669a3e6c0054UOMINI IN MARCIA
un film di Peter Marcias

[red]

“Uomini in marcia”, il nuovo film di Peter Marcias, debutta in anteprima mondiale alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma nella selezione ufficiale Special Screening. Il prossimo 28 ottobre sarà presentato ufficialmente nell’auditorium del Parco della Musica.
“Peter Marcias,– scrive Silvana Silvestri sul Manifesto – trova tra gli archivi della Cineteca sarda la documentazione di un evento che tra il 1992 e il 1993 coinvolse 27 Comuni del Sulcis iglesiente. Una grande mobilitazione del territorio. Ma cos’era successo prima? E, soprattutto, cos’è successo dopo? Marcias parte dal passato per raccontare le ingiustizie del mondo del lavoro odierno; e si fa illuminare da tre testimoni: il suo professore universitario, Gianni Loy e due grandi registi come Laurent Cantet e Ken Loach”.
Un lungo viaggio, ricco di materiale d’archivio, che ripropone agli spettatori il clima e alcuni dei personaggi che sono stati parte di quella lunga marcia, come Giuseppe di Vittorio, Laura Conti, Giacomo Brodolini, Gino Giugni, Luciano Lama, Arrigo Miglio … Un lungo viaggio che raccoglie le testimonianze di quanti, lavoratori, sindacalisti, amministratori, hanno partecipato direttamente a quell’episodio dei principio degli anni ’90 che ha suscitato l’ interesse del regista e lo ha indotto a scavare più a fondo.
“E’ un viaggio attraverso decenni di lotte per la dignità del lavoro – scrive Emanuele Bucci su Ciak Magazine – quello che accompagna Peter Marcias nel suo nuovo documentario”. Il regista non si accontenta di descrivere l’evento, ma “spaziando per abbracciare il prima e il dopo”, si chiede: «Cosa è successo prima di quell’evento? E cosa sta accadendo ora?».

PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA

img_4881PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA – Lunedì 23 ottobre 2023 si terrà l’inaugurazione del nuovo Anno Accademico 2023-2024 della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna e degli Istituti Superiori di Scienze Religiose di Cagliari e di Sassari/Tempio Ampurias Euromediterraneo a essa collegati. Dopo la Concelebrazione Eucaristica, che sarà presieduta alle ore 17 nella chiesa “Cristo Re”, a Cagliari, da S.E. Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari, con i Vescovi della Sardegna, ci sarà la consueta cerimonia nell’Aula Magna della Facoltà con la prolusione del Preside, don Mario Farci, e la proclamazione dell’apertura del nuovo Anno Accademico alla presenza dei docenti, personale e studenti della Facoltà, e di diverse autorità accademiche,
civili e militari.
- Di seguito la locandina dell’Inaugurazione dell’Anno
Accademico

Convegno di studi ADRIANO OLIVETTI E LA SARDEGNA Attualità di una prospettiva umanistica – Documentazione.

img_4780La Comunità in una società individualizzata
di Remo Siza

Introduzione
In Italia nel linguaggio corrente il richiamo alla comunità e alla sua rilevanza nella vita delle persone è stato molto ampio, sebbene, come ha rilevato Bagnasco (1999) l’uso del termine comunità per certi versi è problematico in quanto nella stessa parola si sovrappongono significati molto differenti.
George Hillery (1955; Collins, 2010) rilevava che esistono 94 definizioni di comunità e l’unico aspetto comune a tutte queste definizioni è l’idea di un tessuto di relazioni sociali che connette le persone fra di loro. Altre dimensioni del concetto quali la prossimità, la profondità emotiva delle relazioni non sono sempre condivise.
Nel dibattito politico e nei programmi dei principali partiti, il riferimento è diventato:
- la comunità locale, spesso come livello politico locale contrapposto a quello centrale.
- la comunità come ambito della partecipazione diretta delle persone al governo che assicura l’efficacia e l’efficienza dell’azione pubblica
- come sistema delle autonomie locali capace di rispondere alla crisi dei partiti e della rappresentanza politica;
- per riavvicinare città alle aree interne dimenticate dal mercato e dall’attuale modello di sviluppo.

Infine, la comunità è stata riscoperta nei sistemi di welfare che intendevano valorizzare il Servizio sociale di comunità, i servizi per l’infanzia, il ruolo delle famiglie e le relazioni di comunità nella cura delle persone.
Nel pensiero di Adriano Olivetti tutte queste accezioni del termine comunità erano presenti.
- non per contrapporre comunità arcaica e città moderna, non come ritorno al passato;
- la comunità è vista come mediazione fra individuo e Stato;
- come ambito di innovazione, ambito di relazioni che rafforzano e danno sostanza umana allo sviluppo industriale e contribuiscono alla costruzione di una società ‘a misura d’uomo’;
- come idea-forza per una radicale riforma del sistema politico.

Il richiamo alla comunità era chiaramente legato ad una preoccupazione per la fragilità dei legami sociali, per i cambiamenti che travolgevano sistemi di valore e istituzioni.

I cambiamenti della società industriale
La comunità che Olivetti richiamava nel suo progetto di riforma era cambiata profondamente a partire dagli ultimi anni Cinquanta.
Una straordinaria espansione economica e una imponente mobilità territoriale che aveva come destinazione le città del triangolo industriale contribuiva ad un cambiamento profondo della società italiana.
Non cambiava soltanto l’economia, cambiavano, forse in modo più radicale, le relazioni fra le persone.
Lo sviluppo industriale incideva profondamente sull’equilibrio individuo e comunità e su un processo fondamentale della modernità: il processo di individualizzazione (Beck, 1992; Beck U and Beck-Gernsheim, 2001).
Il processo di individualizzazione è il fondamento delle società occidentali e di ogni dinamica di innovazione e cambiamento.
Sono processi che promuovono il distacco dai ruoli e vincoli tradizionali costrizioni (della famiglia autoritaria tradizionale, della comunità), che valorizzano l’autonomia individuale verso una crescita della libertà e della consapevolezza di sé dell’individuo, per costruire una vita indipendente sulla base dei valori e dei principi della nascente modernità industriale. Io posso aderire ad un gruppo ma deve essere una scelta personale.
Sono processi che orientano le agenzie di socializzazione verso la costruzione di individualità che inevitabilmente si distinguono dalle comunità di appartenenza.

Una individualizzazione parziale
In quegli anni questi processi definiti di individualizzazione si diffondono molto rapidamente e coinvolgono una larga parte della società italiana. Una parte significativa della popolazione, soprattutto i più giovani, vuole realizzare il proprio progetto di vita e scegliere autonomamente il proprio destino anche lontano dalla comunità di origine, assumere la propria indipendenza rispetto alle attese dei genitori, della rete parentale allargata, dalla comunità, dalle grandi associazioni collettive.
Le comunità tradizionali non si sono comunque dissolte. In fondo, questi processi di emancipazione e di individualizzazione (cioè di distacco dai ruoli e vincoli tradizionali verso una crescita della libertà individuale) erano ancora governabili e funzionali al nuovo sviluppo economico.
La società industriale era una società percorsa da grandi cambiamenti ma comunque solida nei suoi riferimenti culturali, era una società sostanzialmente integrata, in cui le patologie della modernità erano ancora governabili.
Le condizioni per uno sviluppo della comunità erano ancora presenti, ma il futuro di un discorso comunitario sembrò dipendere strettamente dall’iniziativa e dall’attivismo di Adriano Olivetti più che dai cambiamenti delle comunità concrete.
Il Movimento Comunità declinò con la morte di Olivetti (1960), sebbene in quegli anni la comunità a cui si riferiva Olivetti era ancora vitale e poteva ancora contare su una larga parte delle sue risorse tradizionali di partecipazione e di coesione sociale, di relazioni sociali amichevoli.
Nella società industriale degli anni Cinquanta e Sessanta, i processi di individualizzazione si diffondono rapidamente nel tessuto sociale ma sono ancora parziali, non si sono ancora radicalizzati:
- gli individui sono più autonomi, ma le forme collettive di appartenenza (la comunità, il sindacato, grandi associazioni, la Chiesa) sono ancora solide;
- si allentano i legami collettivi ma non del tutto
- la famiglia è diventata nucleare, ma è ancora stabile si riduce sensibilmente il numero di figli; ma i ruoli di genere persistono sebbene siano accettati con molte più resistenze dalla donna;
- la famiglia è ancora inserita nella rete parentale e nella rete dei diritti e dei doveri, seppure in termini meno vincolanti e più esplicitamente conflittuali;
- le abitudini e le tradizioni della comunità di appartenenza ancora persistono sebbene si siano indebolite nella loro capacità di orientare i comportamenti sociali.

Nelle società industriali, c’era ancora una continuità un passaggio lineare tra due fasi del processo di individualizzazione
1. la fase “liberatoria” dai vincoli e costrizioni che limitano l’autonomia e la capacità di autodeterminazione delle persone e non consentono di realizzare i loro progetti di vita. Ciò che diventa importante è la raggiunta possibilità di scegliere la propria vita, senza rassegnazione e passività.
2. la successiva fase di ricomposizione di nuove forme di stare insieme, di convivenza, nuove relazioni di amicizia e di collaborazione, nuove relazioni con le istituzioni che di norma seguono questa fase liberatoria.

I cambiamenti economici e sociali travolgevano la civiltà contadina, le sue relazioni, le sue staticità, ma allo stesso tempo rivitalizzavano le istituzioni più moderne (famiglia nucleare e il ruolo della donna, i partiti, i sindacati…)
La società industriale è una società moderna che ha in mente il suo punto di arrivo:
- la famiglia nucleare (i genitori con un numero limitato di figli) modernizzata nelle sue relazioni, meno autoritaria;
- la Chiesa ha un ruolo cruciale nella vita delle persone seppure risulti indebolita da processi di secolarizzazione
- le istituzioni politiche sono solide,
- il lavoro è stabile, dignitoso, remunerato sufficientemente per partecipare a pieno titolo alla vita sociale.

I movimenti comunitari degli anni Novanta
A partire, dagli anni Novanta in molte parti del mondo, i movimenti comunitari assumono particolarmente rilevanza come progetto di riforma complessiva della società post-industriale, per affrontare la crisi delle sue principali istituzioni, l’individualismo che sembra delineare forme di vita non più socialmente ed ecologicamente percorribili (Etzioni, 1993; 1998).
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito movimenti comunitari coinvolgono in un progetto di politica di riforma della società, politici come Bill Clinton e Tony Blair oltre che decine di altri Capi di Stato nel mondo.
Il Communitarian Network, fondato da Amitai Etzioni nel 1993, è il movimento più importante (Pesenti, 2002). Il movimento nasce da una forte preoccupazione sul futuro delle società contemporanee ed è fondato sulla rivitalizzazione delle comunità, sulla costruzione di valori comuni, di una cultura della coesione sociale.
Il perno di questo progetto di riforma sono le istituzioni agenti della socializzazione (famiglia, scuola, gruppo dei pari, lavoro, mass media) che orientano il comportamento individuale e collettivo
Possiamo non condividere l’appello alla moral voice della comunità, per certi versi averne timore nei suoi effetti di controllo, ma i problemi che il movimento evidenzia sono ineludibili:
- l’esigenza che la famiglia svolga la sua funzione educativa,
- che la scuola non si limiti a curare lo sviluppo cognitivo dei giovani senza alcuna attenzione ad aspetti morali;
- che la comunità si responsabilizzi rispetto ai problemi che sorgono nel suo ambito, sia realmente un punto d’incontro, di comunicazione, di sostegno reciproco tra le persone,
- sia responsive ‘capace di comprendere e dare risposta alle esigenze reali di tutti i membri della comunità, con un appropriato equilibrio tra ordine e autonomia.
- Si condivida un nuovo equilibrio tra diritti e doveri, una democrazia fondata sulla costruzione di valori e regole condivise, che promuova il senso di responsabilità degli individui e delle collettività,

Fukuyama nel suo più recente saggio (2022) sintetizza gli sviluppi del liberalismo classico. L’idea centrale del liberalismo è la valorizzazione e la protezione della autonomia individuale, come libertà di parola, di associazione, di fede e di vita politica. In questi ultimi due decenni il liberalismo ha avuto due sviluppi radicali: il neoliberismo nell’economia come libertà del mercato senza interferenze dello stato, e un secondo sviluppo che valorizza l’autonomia delle persone relativamente alla scelta dello stile di vita e dei valori, come costante rivendicazione dell’autonomia individuale nella vita quotidiana (p. 17).
Queste due versioni del liberalismo hanno sostituito, solo parzialmente, e in parte marginalizzato, il conservatorismo dei movimenti tradizionali di destra, legato ai valori e ai principi morali del passato, alla continuità e il compromesso socialdemocratico tra capitale e lavoro che per circa tre decenni ha assicurato ad una parte considerevole della popolazione estesi sistemi di welfare e alti salari, stabilità e crescita alle società europee.
Il neo comunitarismo costituiva una critica severa alla libertà del mercato, raccomandava una qualche prudenza nella libertà individuale e nelle scelte di vita, auspicava un ruolo più limitato dello stato e la necessità di un richiamo ad alcuni valori della tradizione. Questo movimento influenzò significativamente e l’iniziativa politica della sinistra in tutta Europa e La Terza Via nel Regno Unito come progetto politico che si proponeva di superare la tradizionale dicotomia tra destra e sinistra.
Ma questi tentativi di ricomporre le grandi tradizioni delle società Occidentali non sono riusciti a trovare un equilibrio soddisfacente e stabile tra le esigenze e le logiche di ogni sfera di vita (mercato, stato, società civile, famiglia).

L’influenza del pensiero comunitario in Italia
In Italia il pensiero comunitario non è emerso come sfida culturale agli sviluppi radicali del liberalismo classico, il movimento di pensiero e di azione politica che ha avuto un ruolo fondativo del pensiero politico occidentale.
In Italia, il richiamo alla comunità è molto poco presente nel dibattito pubblico e il pensiero di Adriano Olivetti, sui rapporti fra istituzioni politiche rappresentative, lavoro, comunità è ben poco presente nella letteratura italiana sui movimenti comunitari in Europa.
Le forze politiche e sociali riprendono alcune proposte dei movimenti comunitari, quali la promozione di una transizione dal welfare state fondato su interventi pubblici ad un welfare community che valorizza le risorse di volontariato, le relazioni informali e le famiglie nella promozione del benessere e della salute delle persone; una transizione dalla scuola come soggetto esclusivo alla comunità educante come rete di attori territoriali che si impegnano a garantire il benessere e la crescita di ragazze e ragazzi.
Così come aveva previsto il governo inglese di David Cameron, il governo italiano riprende, nel suo Libro Bianco sul futuro del modello sociale (2009), l’idea di una Big society un modello di governo della società in cui lo Stato si fa da parte, e alle comunità locali e alla partecipazione dei cittadini comuni più intraprendenti è affidata la gestione dei servizi pubblici locali: il welfare state è inefficiente, crea dipendenza, assistenzialismo, non aiuta la crescita delle persone, non alimenta il senso di responsabilità. Libro Bianco si fondava su un nuovo modello delle opportunità e delle responsabilità:
- riformare l’apparato pubblico, trasferendo maggior potere alle comunità locali;
- incoraggiare le persone a svolgere un ruolo attivo, di gestione comunitaria di servizi collettivi;
- promuovere l’azione volontaria delle associazioni senza fini di lucro e delle fondazioni.

La crisi dei processi di individualizzazione
L’emergere del neo comunitarismo così come la rilettura degli scritti del movimento comunitario di Adriano Olivetti possono essere l’occasione per promuovere un dibattito pubblico sul ruolo che svolgono le principali istituzioni (la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari, l’ambiente di lavoro) sulla loro capacità di promuovere il senso di responsabilità degli individui e delle collettività; sui processi di socializzazione, cioè, sui processi di interazione, di sviluppo e di formazione della personalità umana in una determinata società.
In una larga parte della società, la fragilità dei legami sociali, la crisi delle appartenenze collettive sono state per lo più interpretate come effetto del neoliberismo, del crescente individualismo, dello sviluppo delle relazioni di mercato alle quali è necessario contrapporre un’alternativa sostanzialmente socialdemocratica e un rafforzamento delle risorse pubbliche
In poco più di un decennio, la società italiana è cambiata in tutti i suoi ambiti di vita, sono cambiate le condizioni economiche delle famiglie italiane, le relazioni fra le persone e con le istituzioni, con la politica, le relazioni di cura, i valori che abbiamo condiviso per decenni e che abbiamo percepito come naturali e ormai acquisiti.
Ciò che sembra delinearsi è una lunga transizione tra la società industriale del secolo scorso, sostanzialmente stabile, prevedibile e lineare nel suo sviluppo e nelle sue frequenti conflittualità collettive e una modernità molto avanzata di cui ancora non riusciamo a cogliere il punto di arrivo, le istituzioni che possono rappresentarlo, i suoi riferimenti culturali, le forme di convivenza civile che possiamo condividere, i comportamenti che possiamo tollerare.
Negli ultimi due decenni e in una larga parte delle società occidentali contemporanee, non sappiamo più come governare l’autonomia e l’attivismo delle persone nella vita reale e virtuale (Siza, 2022). In società globalizzate, caratterizzate da rapide innovazioni tecnologiche, l’attivismo radicale delle persone crea molto frequentemente instabilità nella vita quotidiana e nella vita di ogni istituzione (la famiglia, la scuola, il sistema politico).
Ciò che noi osserviamo nella nostra vita sociale è la crescita di moltitudini di individui con deboli legami collettivi, attivi nel senso che con loro impegno radicale intendono cambiare e semplificare le regole della democrazia e della convivenza civile, riflessivi nel senso che valutano individualmente ogni sollecitazione, ogni richiesta delle istituzioni anche in ambiti che richiedono specifiche competenze (dal vaccino alle reazioni al riscaldamento globale).
La normalità è sempre più estesa, comprende scelte e stili di vita che pochi anni fa la maggioranza delle persone marginalizzava; in fondo siamo disponibili a ritenere normale qualsiasi comportamento.
Il problema diventa come orientare l’autonomia degli individui senza co-stringerli con regole di vita che incombono in ogni sfera di attività, senza disperdere la capacità di innovazione di individui attivi. Quali sono i valori interiorizzati nel nostro passato oppure presenti e attivi nel nostro vivere quotidiano che ci impediscono o limitano significativamente le relazioni di sopraffazione.
Nell’attuale dibattito pubblico emergono posizioni molto semplificate. In molti casi emerge l’illusione di riuscire ad individuare pochi atti risolutivi (per esempio, punizioni esemplari, norme severe) che in una comunità degradata avviino un processo virtuoso. In questo modo non consideriamo che interazioni e atti successivi che non progettiamo di governare possono invertire anche rapidamente gli esiti di ogni azione esemplare.
In altri casi emerge il richiamo alle comunità tradizionali del passato, a relazioni tradizionali nella scuola, in famiglia, alle gerarchie e alle distinzioni di una volta. Il problema è che per realizzare questo progetto non dovremmo soltanto cercare di sollecitare relazioni tradizionali di fiducia e rispetto, ma dovremmo ricostruire anche le istituzioni (il lavoro di una volta, la famiglia tradizionale, la comunità come ambito di relazioni territoriali, l’assenza di tecnologie, le concezioni tradizionali del tempo e dello spazio) che rendevano possibile e funzionali queste relazioni umane. Certe disposizioni interiore alla collaborazione tipiche di una comunità tradizionale in un contesto oggettivo molto differente non orientano i comportamenti concreti con la stessa frequenza.
Nella vita economica leggi e sanzioni (amministrative, penali) limitano la capacità d’iniziativa degli individui e l’orientano verso alcuni obiettivi condivisi. Nelle relazioni intersoggettive contano soprattutto i processi di socializzazione (nella famiglia, nella scuola, nelle relazioni di amicizia, nell’ambiente di lavoro) per costruire individualità collaborative.
In molti contesti, i processi di socializzazione sono diventati disfunzionali, creano molto frequentemente instabilità nella nostra vita quotidiana, tendono a produrre conflitti sociali, nuove divisioni sociali nuove, chiare e distinte, nuove e competitive identità sociali in termini di valori e modelli comportamentali, nella vita pubblica e privata.
In altri contesti i processi di socializzazione contribuiscono alla creazione di individualità molto differenti, creano individui che riconoscono il valore e l’autonomia degli altri; costruiscono nuovi rapporti di collaborazione e di innovazione; iniziative collettive attraverso l’impegno individuale; valorizzano la comunità in cui operano non come fonte di norme e controllo stabilizzati, ma come contesto relazionale in cui creare risposte collettive ai bisogni delle persone.
Il nostro impegno può essere indirizzato ad individuare i contesti, le condizioni, i sistemi di valore che favoriscono questi processi di crescita delle persone; le disponibilità umane e gli atti concreti che creano individualità attive capaci non soltanto di inserirsi attivamente nel mercato del lavoro ma anche di creare relazioni collaborative, iniziative collettive, curare le relazioni con le persone, costruire attivamente una convivenza civile più soddisfacente, legami collettivi meno costrittivi con la propria comunità.
Per queste ragioni può essere utile riprendere i principi e i valori dei movimenti comunitari e su questa base avviare una riflessione pubblica sulla nostra convivenza civile, sui nostri sistemi di valori, sulle istituzioni, sulle relazioni tra città e piccoli centri urbani, per quali motivi il tessuto di relazioni che sta emergendo crea in molti contesti insicurezza e inquietudine
Insomma abbiamo bisogno di riprendere il discorso pubblico sulla fragilità dei legami sociali, sulla crescente frammentazione sociale e sulla esigenza di costruire relazioni sociali caratterizzati da profondità emotiva, impegno morale, coesione sociale e continuità nel tempo (Nisbet, 1977: 68).
Il pensiero di Adriano Olivetti, sulla comunità, sul ruolo della famiglia, della scuola, del gruppo dei pari, sui rapporti fra istituzioni politiche rappresentative, sul lavoro ci sarà sicuramente molto utili in queste riflessioni.

Riferimenti bibliografici
Hillery, G. (1955) Definitions of Community: Areas of Agreement. Rural Sociology, 20, pp. 111-123.
Bagnasco, A. (1999) Tracce di comunità, Bologna: il Mulino.
Beck U. (1992) La società del rischio, Roma: Carocci.
Beck U. and Beck-Gernsheim E. (2001) Individualisation, London: Sage.
Collins, P.H. (2010) The New Politics of Community, American Sociological Review, 1(75), pp. 7-30.
Etzioni, A. (1993) The Spirit of Community: Rights, Responsibilities and the Communitarian Agenda, New York: Crown Publishers.
Etzioni, A. (a cura di) (1998) Nuovi Comunitari, Castelvecchio (Bologna): Arianna Editrice.
Fukuyama, F. (2023) Liberalism and Its Discontents, London: Profile Book.
Nisbet, R.A. (1977) La tradizione sociologica, Firenze: la Nuova Italia.
Pesenti, L. (2002) Comunitarismo-Comunitarismi: una tipologia essenziale, in I. Colozzi (a cura di) Varianti di comunitarismo, in Sociologia e Politiche Sociali, 2(5), pp. 9-38
Siza R. (2022) The Welfare of the Middle Class. Changing Relations in European Welfare States, Bristol: Policy Press.

Oggi martedì 17 ottobre 2023

img_3099 Il valore politico della fraternità
di Franco Miano [dal blog di Enzo Bianchi]
La “Fratelli tutti” mostra chiaramente che senza la scelta della fraternità la ricerca del bene comune si svuoterebbe del tutto di senso.
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Enzo Bianchi “Perché Francesco rinnova il sinodo”-https://www.alzogliocchiversoilcielo.com/2023/10/enzo-bianchi-perche-francesco-rinnova.html
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Convegno “Adriano Olivetti e la Sardegna. Attualità di una prospettiva umanistica”. Comitato scientifico e Relatori

img_4780Convegno “Adriano Olivetti e la Sardegna. Attualità di una prospettiva umanistica”.
Cagliari, 27 e 28 ottobre 2023
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Comitato scientifico e Relatori
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Povera Patria

«Derubata, bombardata, avvelenata»: gli ambientalisti celebrano il “funerale” della Sardegna
Il movimento Friday for Future si mobiliterà venerdì prossimo 6 ottobre: corteo a Cagliari contro il «negazionismo climatico» di Stato e Regione
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ll pensiero di Adriano Olivetti per il superamento della crisi della Sardegna

img_4634[Comunicato] Nei giorni venerdì 27 e sabato 28 ottobre prossimo si terrà a Cagliari un Convegno sulla figura di Adriano Olivetti, intitolato “Adriano Olivetti e la Sardegna – Attualità di una prospettiva umanistica”. Il Convegno ne riproporrà a tutto tondo il pensiero, soffermandosi specificamente su “teorie e pratiche di comunità”, che caratterizzarono e informarono la sua vita di intellettuale, imprenditore e politico, purtroppo interrottasi con la sua morte improvvisa e prematura, impedendone una diffusione nel paese. Olivetti trovò felice corrispondenza del suo pensiero anche in Sardegna, dove strinse fecondi rapporti di collaborazione culturale e politica con il Partito Sardo d’Azione e con diversi esponenti della cultura operanti in Sardegna, come Antonio Cossu. In particolare l’esperienza di Olivetti in Sardegna sarà approfondita nella ricerca degli elementi utili per proporre oggi una possibile alternativa all’attuale modello sociale, politico, culturale, nonché istituzionale, o, perlomeno, contribuire a migliorare la situazione di crisi che attraversa la nostra Regione. Oltre l’Autonomia verso un Federalismo solidale?
- Il Convegno è organizzato dalla Fondazione Sardinia, dall’Università di Cagliari, dalla Pontificia Facoltà Teologica, con il patrocinio della Fondazione Adriano Olivetti. Aladinpensiero News e il manifesto sardo assicurano la funzione di media partner della manifestazione, con l’impegno di pubblicizzarne l’organizzazione e i contenuti.

Di seguito il programma, suscettibile di variazioni, che eventualmente saranno tempestivamente comunicate.